ATTIVITA’ DI DRAGAGGIO NEI PORTI E PROBLEMATICHE AMBIENTALI
Gestione dei materiali di dragaggio
Giuseppe Bortone e Carla Rita Ferrari – ARPAE EMR
Viene presentata la gestione dei dragaggi portuali nella Regione Emilia-Romagna che presenta una percentuale del 37 % di tratti in erosione dovute prevalentemente a riduzione: apporti da parte dei fiumi, subsidenza, fenomeni estremi: mareggiate.
Per ottimizzare le operazioni di dragaggio e movimentazione sedimenti è stato focalizzato lo studio sull’evoluzione costiera con particolare interesse a batimetria, subsidenza, rilievo topografico.Tali studi sono effettuati da Arpae.
E’ necessaria un’attenta ed oculata gestione della risorsa sabbia (difficilmente rinnovabile) che deve essere trattenuta e mantenuta il più possibile, con riduzione delle perdite, quando possibile riutilizzata (riuso) e recuperata se di scarsa qualità ambientale (miglioramento della qualità).
La disponibilità di sedimenti costieri, i movimenti e la qualità ambientale è trasversale a diversi dei settori: difesa della costa e la dinamica morfologica, la qualità delle acque, il turismo balneare e nautica da diporto, la portualità e la pesca.
Vengono inoltre brevemente elencate le problematiche presenti sia nei porti emiliano-romagnoli, sia per l’applicazione del D. 173/16.
Le autorizzazioni relative al D. 173/16 sono effettuate da Arpae.
L’approccio multi matrice applicato per il porto commerciale di Bari
Nicola Ungaro – ARPA Puglia
Le attività di dragaggio nei porti italiani sono regolate da un impianto normativo che si è evoluto nel tempo, sino ad arrivare agli attualmente vigenti Decreti Ministeriali n. 172 e n. 173 del 2016, il primo dei quali applicabile per i porti ricompresi nelle aree SIN, il secondo per i porti al di fuori dei SIN. I citati D.M., sebbene siano riferibili a due distinti livelli di criticità ambientale, prevedono entrambi la realizzazione di attività di monitoraggio sulle componenti ambientali.
Il porto di Bari, seppure non all’interno di un’area SIN, è uno dei principali d’Italia destinato sia al traffico commerciale delle merci che a quello passeggeri, ed è soggetto, a causa delle proprie caratteristiche strutturali nonché dell’idrodinamismo locale, all’accumulo di sedimenti in particolari zone e alle susseguenti e necessarie periodiche attività di dragaggio. L’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale, competente per il porto di Bari, ritenendo gli aspetti ambientali di rilevante importanza, ha sempre messo in primo piano le attività di monitoraggio, spesso anticipando i tempi rispetto alle norme ed utilizzando un approccio precauzionale; questo è stato il caso delle operazioni di dragaggio previste nell’area del porto denominata Pizzoli-Marisabella, autorizzate con la prescrizione di realizzare un monitoraggio ambientale per le fasi «ante operam», «in corso d’opera», «post operam» e «di esercizio». Nel caso specifico il piano di monitoraggio ambientale è stato predisposto ben prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del D.M. 173/2016, utilizzando una strategia di monitoraggio mirata all’indagine multi matrice («acque», «sedimenti» e «biota»), allo scopo di prevenire qualunque impatto negativo sull’ambiente marino durante le attività di dragaggio, ovvero di minimizzare tali potenziali impatti con appropriate misure di mitigazione. Ciò nondimeno, la comparazione tra quanto previsto dal piano utilizzato per il porto di Bari e le indicazioni del D.M. 173/2016 evidenzia che si è stati precursori dell’approccio metodologico successivamente sancito dall’allegato tecnico allo stesso D.M., interpretandone al meglio i criteri di definizione anche allo scopo di individuare eventuali criticità da superare per la sua applicazione.
Aspetti tecnico-scientifici di approfondimento in seno al SNPA nel corso del primo biennio di applicazione dell’allegato tecnico al DM 173/2016
Maurizio Ferla – ISPRA
Con l’emanazione del DM 15luglio 2016 n° 173 è stato approvato il regolamento sulle modalità e i criteri tecnici per l’autorizzazione all’immersione in mare dei materiali di escavo di fondali marini. Il provvedimento, previsto dall’art. 109, c. 2, del Dlgs 152/2006, è il risultato di un ampio ed articolato dibattito tra le Regioni e il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, quest’ultimo affiancato da ISPRA e da altri istituti di ricerca come il CNR e l’Istituto Superiore di Sanità. L’ambito di applicazione della norma riguarda:
a) le modalità per il rilascio da parte delle regioni costiere delle autorizzazioni per l’immersione deliberata in mare di materiali di escavo dai fondali marini o salmastri;
b) la definizione di criteri omogenei a livello nazionale per l’utilizzo di tali materiali ai fini del ripascimento dei litorali o all’interno di ambienti conterminati;
c) la gestione dei materiali di dragaggio provenienti aree portuali o marino costiere non comprese nei SIN;
d) la gestione dei materiali di dragaggio provenienti dai SIN al di fuori dei predetti SIN.
L’allegato tecnico che correda il decreto reca i criteri in base ai quali devono essere conformati i progetti per ottenere l’autorizzazione. Tali criteri riguardano l’inquadramento delle problematiche ambientali, sia dell’area oggetto di scavo che quelle limitrofe, i criteri di classificazione integrata chimico-ecotossicologica dei materiali e la definizione delle classi di qualità in funzione delle opzioni di gestione e, infine, le indicazioni tecniche per la gestione dei materiali sia per ciò che riguarda le aree di destinazione (in funzione delle opzioni di gestione), sia per ciò che riguarda il monitoraggio da eseguire nelle fasi di scavo, trasporto e deposizione.
Vari passaggi dell’allegato tecnico richiedono, più o meno esplicitamente, l’azione del SNPA. ISPRA assieme a molte ARPA costiere, assai sensibili a tali questioni, hanno dato vita, subito dopo l’uscita del decreto ed in maniera pressoché spontanea, ad proficuo ed interessante confronto interno mettendo a fuoco alcune delicate questioni. Se ne citano a titolo di esempio solo alcune: lo sviluppo/aggiornamento delle attività laboratoriali per gli aspetti ecotossicologici; l’applicazione delle procedure per derivare valori locali L1loc e L2loc per la classificazione chimica; l’adattamento della nuova metodologia nel caso di dragaggio e riuso dei sedimenti in ambito lagunare. Un percorso interno al SNPA che, in una certa misura, anticipa (e in prospettiva affiancherà) l’Osservatorio in fase di costituzione presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
La presente comunicazione ha la finalità di esporre questo percorso, con alcuni risultati ancorché parziali, evidenziando aspetti di criticità che richiedono un’attenta analisi e considerazione.