‘Stop food waste. One health, one planet’ è il tema degli eventi della ottava giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, che si tiene il 5 febbraio 2021, su iniziativa della campagna Spreco Zero di Last Minute Market in sinergia con il ministero dell’Ambiente e con il patrocinio del ministero degli Affari Esteri, del World Food Programme Italia, di Anci e della rete di Comuni Sprecozero.net.
A partire da quest’anno, durante la giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare particolare attenzione verrà dedicata agli obiettivi di Sostenibilità indicati nell’Agenda delle Nazioni Unite (di seguito ONU) 2030. I 17 Obiettivi di sostenibilità delle Nazioni Unite sono davanti a noi e questo decennio sarà determinante per coglierli: la prevenzione degli sprechi e lo sviluppo sostenibile devono coinvolgere congiuntamente i governi e i cittadini. Per questo, nei sui obiettivi di sviluppo sostenibile, l’ONU ha fissato anche quello di dimezzare lo spreco alimentare globale entro il 2030.
Come cittadini abbiamo una grossa responsabilità, infatti, soprattutto nei paesi a più elevato reddito, come il nostro, la produzione di rifiuti alimentari avviene nella fase di post consumo, ovvero all’interno delle famiglie. I dati, a livello nazionale, ci dicono che lo spreco di cibo, tra le mura domestiche, vale 4,9 euro per nucleo familiare, per un totale di circa 6,5 miliardi di euro complessivi e un costo nazionale di circa 10 miliardi di euro includendo anche gli sprechi della filiera produzione/distribuzione, si va oltre 3 miliardi 293 milioni.
Ridurre gli sprechi alimentari all’interno delle nostre famiglie è possibile, ci vuole solo un pò di impegno e qualche attenzione per cambiare alcune delle nostre abitudini di consumo. In effetti con la pandemia e i lockdown le nostre abitudini si sono modificate, consumiamo molti più pasti a casa quindi dobbiamo pianificare di più i nostri acquisti, organizzare meglio le scorte alimentari e imparare a cucina con gli scarti e gli avanzi. Qualche eco-consiglio è contenuto nelle pillole di sosteniblità: fare la spesa in modo sostenibile.
L’economia circolare, di cui sentiamo molto parlare, può anch’essa giocare un ruolo importante nel ridurre lo spreco alimentare, come indica la pubblicazione “The circular economy: a transformative Covid-19 recovery strategy “ redatta dalla Fondazione Ellen MacArthur, che prospetta un sistema in cui
- il cibo in eccesso, ancora commestibile, viene redistribuito attraverso i banchi alimentari o trasformato per creare nuovi prodotti alimentari, come nel caso di Renewal Mill, un’impresa produttrice di farina che utilizza, come materia prima per il suo processo produttivo, i sottoprodotti della produzione di tofu e latte di soia
- i sottoprodotti non commestibili vengono raccolti e trasformati in altri prodotti, piuttosto che scartati come accade nell’attuale modello lineare. Questi possono essere utilizzati in agricoltura o nella produzione di bioenergia o in altri settori, come nella bioeconomia. Come accade con Ananas Anam, che produce un materiale simile alla pelle chiamato Piñatex®, generato da un sottoprodotto dell’agricoltura, ovvero le foglie di ananas che altrimenti verrebbero scartate e gettate via.
Creare un nuovo sistema alimentare che tenga conto del modello di economica circolare è in grado di generare vantaggi economici ma anche ambientali.
Attualmente, ogni anno, un terzo di tutto il cibo prodotto nel mondo viene gettato e solo pochi rifiuti alimentari vengono valorizzati, ciò significa una perdita importante di energia insieme a tutte le risorse utilizzate per coltivare, raccogliere, trasportare e imballare i prodotti alimentari.
Questo, se combinato con il metano prodotto dal conferimento in discarica di questi rifiuti, crea notevoli emissioni di gas serra. Si calcola che lo spreco alimentare rappresenti circa l’8% delle emissioni annuali di gas serra di origine antropogenica. Al contrario, se venissero adottate soluzioni circolari in grado di prevenire lo spreco alimentare, aumentando la ridistribuzione del surplus commestibile e valorizzando i sottoprodotti non commestibili e i rifiuti verdi, si è stimato che potremmo raggiungere un risparmio di 1,7 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno.
Nei paesi ad alto reddito, dove la maggior parte dei loro sprechi alimentari avviene nella fase post-consumo, per implementare l’economia circolare in questo settore, sarà necessario realizzare infrastrutture che facilitino la re-distribuzione delle eccedenze alimentari commestibili. Parte del cibo gettato è ancora commestibile, ma a causa di fattori, come etichettatura non sempre chiara o problemi estetici, questi generi alimentari vengono scartati.
Esistono già alcuni esempi virtuosi di infrastrutture e sistemi di redistribuzione che potrebbero essere adottati e ulteriormente sviluppati:
- la piattaforma FareShare FoodCloud, nel Regno Unito, cerca di mettere in contatto i grandi rivenditori, che hanno cibo in eccedenza, con gli enti di beneficenza che operano a livello locale; nel nostro paese abbiamo la solida esperienza della Caritas o della Comunità di San Egidio ma anche chef stellati stanno intraprendendo questa strada
- il supermercato danese WeFood vende prodotti scaduti con forti sconti oppure Babako market, un portale e-commerce, purtroppo attivo in poche parti d’Italia, dove acquistare i prodotti esteticamente “brutti” e quindi scartati dalla grande distribuzione
- l’app Karma oppure nel nostro paese l’ app Too Good To Go che consente ai ristoranti, bar, panetterie e simili di vendere, a fine giornata, le loro eccedenze a prezzi vantaggiosi, mettendo così in contatto produttori e consumatori.
Per creare un sistema circolare in quest’ambito sarà anche necessario creare impianti produttivi in grado di raccogliere e valorizzare i sottoprodotti alimentari non commestibili che attualmente vengono scartati. Si tratta di impianti industriali come:
- digestori anaerobici che producono biogas e biofertilizzanti,
- bioraffinerie che creano mangimi proteici, biofertilizzanti e sostanze biochimiche,
- impianti di compostaggio che generano compost o biogas di valore
- altre tipologie di impianti di produzione di tipo innovativo (un esempio potrebbe essere AgriProtein, che utilizza insetti per convertire i flussi di rifiuti organici in prodotti di valore).
Il buon funzionamento di questi impianti dipende anche dal sistema di raccolta differenziata che sta a monte. La raccolta porta a porta, ad esempio, può offrire interessanti opportunità per la valorizzazione dei rifiuti organici urbani. Sebbene inizialmente più costosa, è stato dimostrato che, nel tempo, è in grado di intercettare meglio i diversi flussi di rifiuti e generare sottoprodotti con qualità superiore, abbattendo i costi di trattamento e i tassi di rigetto dei rifiuti organici non in grado di essere valorizzati perchè di scarsa qualità. Una maggiore purezza, infatti, può rendere questi sottoprodotti utilizzabili in applicazioni di valore superiore, aumentandone i vantaggi, come accade per i fertilizzanti organici, che possono restituire preziose sostanze nutritive al suolo per aiutare a far crescere nuovi prodotti agricoli o in alternativa, questi preziosi sottoprodotti possono essere trasformati in altri materiali a base biologica. Nel mondo ci sono già alcuni esempi di questo tipo:
- Safi Organics aiuta gli agricoltori a convertire i residui agricoli come la lolla di riso in una miscela di fertilizzanti che può migliorare la resa in agricoltura fino al 30%
- Orange Fiber, un’azienda italiana produttrice di tessuti, che utilizza flussi puri di sottoprodotti da agrumi (cioè le bucce di arance) per la produzione del materiale tessile.
L’infrastruttura digitale, in particolare le tecnologie di mappatura dei flussi alimentari, giocherà anch’essa un ruolo chiave nella transizione verso sistemi circolari di economia nel settore alimentare e nella gestione dei rifiuti organici.
Attualmente, sono disponibili pochissime informazioni sulla provenienza del cibo, utile ai consumatori ma sono scarse anche le informazioni su dove finisce il cibo, utile ai produttori. Sono stati fatti alcuni tentativi di mappatura del flusso alimentare, nell’ambito del Sistema Alimentare Città Regioni (CRFS) della FAO, che ha cercato di mappare il flusso alimentare in sette città nel mondo. Negli Stati Uniti, invece, è stata da poco (2019) creata la prima mappa della catena di approvvigionamento alimentare, che ha reso possibile mettere in evidenza 9,5 milioni di collegamenti che uniscono i principali attori della catena alimentare nelle contee del paese.
Tuttavia, data la natura globale della catena di approvvigionamento alimentare, sono necessari ulteriori investimenti per sviluppare mappe globali del flusso alimentare che possono aiutare a rendere più chiaro un sistema altamente complesso.
L’accesso a questi dati consentirà un uso molto più efficace delle risorse e potrà migliorare la resilienza del sistema, mentre la maggiore trasparenza sulla provenienza del cibo (tenendo conto di tutte le fasi della catena produttiva), consentirà ai consumatori di prendere decisioni ancora più consapevoli in merito i loro acquisti. Al contempo, i produttori di alimenti coltivati in modo sostenibile potranno trarre vantaggio dall’essere più facilmente riconosciuti, consentendo di collegare direttamente i produttori ai consumatori.
Mappando questi dati sarà possibile anche seguire i flussi di rifiuti alimentari, in modo da ridurli, in quanto sarà possibile reindirizzare il cibo prima che si trasformi in un rifiuto. Le tecnologie digitali svolgeranno un ruolo importante nel consentire una maggiore tracciabilità e sicurezza alimentare, fattore che ha acquisito grande importanza in seguito alla pandemia. Le soluzioni dell’Internet delle cose, combinate con le tecnologie che acquisiscono e segnalano automaticamente i dati sullo stato del cibo durante il trasporto, ad esempio, possono essere utilizzate per determinare se gli alimenti invenduti dovranno essere ridistribuiti o valorizzati in altri modi.
Per il futuro possiamo essere, cautamente, ottimisti, infatti, il contesto politico si mostra sempre più favorevole a questo tipo di investimenti che riguardano la circolazione e valorizzazione del cibo. I responsabili politici a livello globale stanno diventando più consapevoli degli impatti economici e ambientali dannosi dovuti allo spreco alimentare ed iniziano a vedere opportunità nella sua valorizzazione.
Per chi vuole approfondire: