Le vicende giudiziarie dei siti di Brescia, Torviscosa e Colleferro determinano danni sia per il ministero dell’ambiente, sia per la procedura di amministrazione straordinaria di Snia. La richiesta risarcitoria di tre miliardi e mezzo allontana i possibili soggetti interessati.
Dall’articolo pubblicato in Ecoscienza 4/2017
Le vicende del Siti di interesse nazionale di Brescia, Torviscosa (UD) e Colleferro (RM) sono accomunate tutte dal fatto che in tali siti le società chimiche Caffaro – facenti parte del Gruppo Snia – hanno operato in modo esclusivo, nei SIN di Torviscosa (Laguna di Grado e Marano) e di Brescia e, in modo prevalente, nel Sin Bacino del fiume Sacco, affiancando, in un contesto industriale più ampio, altre industrie chimiche, e non solo.
In particolare, la Caffaro di Brescia e la Caffaro di Torviscosa producevano composti clorurati, utilizzando il cosiddetto processo cloro-soda sicché, oltre al cloro, producevano anche soda e idrogeno. Inoltre, la Caffaro di Brescia produceva anche i policlorobifenili (Pcb). Viceversa, la Caffaro di Colleferro, compresa nel Sin Bacino del fiume Sacco, produceva altre tipologie di prodotti chimici (benzoino e chetoni-fenilglicina).
Si tratta di produzioni industriali, avviate nei primi decenni del secolo scorso e terminate a Brescia negli anni Novanta, a Colleferro nel corso degli anni Duemila, e a Torviscosa riconvertite da lavorazioni di chimica “pesante” a lavorazioni di chimica “leggera”.
In tutti i siti le suddette produzioni chimiche hanno lasciato una situazione di pesante inquinamento dei terreni e della falda, che ha determinato il loro inserimento nei Siti di interesse nazionale:
– il SIN Laguna di Grado e Marano, in forza di Dm 18 settembre 2001 n. 468, al quale ha fatto seguito il successivo Dm 222/M del 12 dicembre 2012, che ha escluso le aree lagunari
– il SIN Brescia-Caffaro, in forza del Dm 24 febbraio 2003 n. 83
– il SIN Bacino del fiume Sacco, in forza del Dm 18 settembre 2001 n. 468, poi riperimetrato con Dm 22 novembre 2016 n. 321, che ha ricompreso, tra le altre aree industriali, agricole e commerciali, i due stabilimenti Caffaro di Colleferro.
Altro dato di rilievo è costituito dal fatto che le società Caffaro Chimica srl e Caffaro srl, già poste entrambe in liquidazione, sono state dichiarate insolventi dal Tribunale di Udine, ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo n. 270/99 (cosiddetta legge “Prodi-bis”), con sentenze, rispettivamente, n. 40/09 del 15-19 maggio 2009 e n. 72/09 del 9-22 luglio 2009 e, quindi, ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria. Tale procedura, con decreto del 23 giugno 2010 del ministro dello Sviluppo economico, è stata estesa anche alla capogruppo Snia spa in liquidazione, dichiarata insolvente con sentenza del Tribunale di Milano n. 252/10 del 25 marzo 2010-15 aprile 2010.
Per tutte le società del Gruppo Snia è stato nominato un unico Commissario straordinario.
Com’è noto, a differenza delle ordinarie procedure concorsuali, in cui la precipua finalità è quella di tutelare i creditori, il decreto legislativo n. 270/99 (cd. legge “Prodi – bis”) prevede che il Commissario straordinario presenti un piano volto a riottenere l’equilibrio economico dei complessi aziendali, seguendo una doppia alternativa e, cioè, la ristrutturazione dell’azienda in crisi, ovvero la cessione al mercato degli stabilimenti, salvaguardando il più possibile i livelli occupazionali delle aziende in crisi. Nella specie, il Commissario straordinario ha optato per la riattivazione e la successiva cessione dei complessi aziendali di Brescia e di Torviscosa, considerato che, al momento del suo insediamento, gli stabilimenti del sito chimico industriale di Torviscosa avevano in organico circa 250 persone, pur essendovi effettivamente impiegate circa 100 persone, mentre a Brescia vi era solo attività di manutenzione degli impianti produttivi… leggi l’articolo integrale (pdf)
Autore: Francesco Castellano – Magistrato consulente della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti
L’articolo rispecchia il pensiero dell’autore e non necessariamente quello della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti.
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