Ad Arpa Puglia è affidato il monitoraggio ambientale dell’amianto, nell’ambito della messa in sicurezza permanente del sito di interesse nazionale ex Fibronit. L’attività industriale, durata dal 1935 al 1985, ha lasciato in eredità diversi materiali contaminati. Dal 2005 sono in corso le operazioni di messa in sicurezza.
Lo stabilimento Ex Fibronit
Lo stabilimento della Ex Fibronit è collocato in una zona centrale di Bari.
Il sito ha un’area di circa 146.000 mq, di cui 39.000 costituiti da edifici. L’attività industriale di questo sito fu avviata nel 1935 con la produzione di manufatti in cemento-amianto, quali lastre piane e ondulate, canne fumarie, condotte, pezzi speciali per altri usi. Le mescole dell’amianto utilizzato erano costituite in larga parte da crisotilo (serpentino) e, in minor misura, da crocidolite e amosite (anfiboli).
Lo stabilimento della Ex Fibronit è collocato in una zona centrale di Bari.
Il sito ha un’area di circa 146.000 mq, di cui 39.000 costituiti da edifici. L’attività industriale di questo sito fu avviata nel 1935 con la produzione di manufatti in cemento-amianto, quali lastre piane e ondulate, canne fumarie, condotte, pezzi speciali per altri usi. Le mescole dell’amianto utilizzato erano costituite in larga parte da crisotilo (serpentino) e, in minor misura, da crocidolite e amosite (anfiboli).
Il procedimento produttivo iniziava con la cosiddetta molazzatura in cui l’amianto veniva ridotto in polvere mediante macinazione. Con l’aggiunta di acqua e cemento alla polvere di amianto si otteneva la pasta che lavorata portava alla produzione dei prodotti finali. I lavoratori erano esposti a elevate concentrazioni di fibre, soprattutto nelle fasi di svuotamento e sbattitura dei sacchi, molazzatura, tornitura e taglio. Già le prime rilevazioni, effettuate negli anni 70, avevano rilevato concentrazioni fino a 20 ff/cc in prossimità delle
aree più critiche, a fronte di un limite di esposizione lavorativa dell’Acgih (Association Advancing Occupational and Environmental Health) di 5 ff/cc.
Studi epidemiologici hanno rilevato l’insorgenza di numerose patologie asbesto-correlate connesse allo stabilimento, sia di origine professionale che ambientale. Studi di distribuzione geografica hanno mostrato un accentramento intorno all’area di mesoteliomi della pleura e del peritoneo direttamente connessi con l’esposizione alle fibre di amianto aerodisperse.
L’attività industriale della Fibronit terminò nel 1985. Con il Dm 468/2001 il sito fu inserito nell’elenco dei siti inquinati di interesse nazionale (Sin).
La caratterizzazione del sito, avviata nel 2004 ai sensi del Dm 471/99, aveva evidenziato una diffusa presenza di riporti contaminati da fibre di amianto. Anche murature e intonaci risultavano contaminati. Il terreno sottostante i riporti presentava concentrazioni di fibre superiori alle CSC previste dal decreto. Risultavano invece non contaminate le acque di falda.
Nel 2005 venivano avviati i lavori di messa in sicurezza d’emergenza (MISE) con il confinamento dei capannoni, la rimozione delle polveri da intercapedini, pavimenti e intonaci delle pareti, l’incapsulamento propedeutico alla successiva rimozione delle tettoie contaminate da amianto, la pulizia da materiali accatastati nei piazzali esterni e nelle botole sotterranee.
aree più critiche, a fronte di un limite di esposizione lavorativa dell’Acgih (Association Advancing Occupational and Environmental Health) di 5 ff/cc.
Studi epidemiologici hanno rilevato l’insorgenza di numerose patologie asbesto-correlate connesse allo stabilimento, sia di origine professionale che ambientale. Studi di distribuzione geografica hanno mostrato un accentramento intorno all’area di mesoteliomi della pleura e del peritoneo direttamente connessi con l’esposizione alle fibre di amianto aerodisperse.
L’attività industriale della Fibronit terminò nel 1985. Con il Dm 468/2001 il sito fu inserito nell’elenco dei siti inquinati di interesse nazionale (Sin).
La caratterizzazione del sito, avviata nel 2004 ai sensi del Dm 471/99, aveva evidenziato una diffusa presenza di riporti contaminati da fibre di amianto. Anche murature e intonaci risultavano contaminati. Il terreno sottostante i riporti presentava concentrazioni di fibre superiori alle CSC previste dal decreto. Risultavano invece non contaminate le acque di falda.
Nel 2005 venivano avviati i lavori di messa in sicurezza d’emergenza (MISE) con il confinamento dei capannoni, la rimozione delle polveri da intercapedini, pavimenti e intonaci delle pareti, l’incapsulamento propedeutico alla successiva rimozione delle tettoie contaminate da amianto, la pulizia da materiali accatastati nei piazzali esterni e nelle botole sotterranee.
Nel 2016 sono stati avviati i lavori di messa in sicurezza permanente (MISP) del sito… Leggi l’articolo completo di Lorenzo Angiuli, Paolo Dambruoso, Francesca Fanelli, Fiorella Mazzone, Emanuele Montedoro, Livia Trizio, Vincenzo Musolino, Roberto Giua (Arpa Puglia), in Ecoscienza 1/2018