Intervista a Ugo Bardi. “Basta un solo giorno a disperdere e distruggere quello che è stato costruito a prezzo di dure fatiche col favore degli dèi, in una lunga serie di anni. Dire un giorno è dare una scadenza troppo lunga ai mali che ci incalzano: basta un’ora, anzi, un istante per distruggere un Impero. Sarebbe una consolazione per la nostra debolezza e per i nostri beni se tutto andasse in rovina con la stessa lentezza con cui si produce e, invece, l’incremento è graduale, la rovina precipitosa”…
Così scriveva Seneca, filosofo stoico, politico e drammaturgo della Roma classica, nelle sue lettere all’amico Lucilio. L’incremento è graduale, la rovina precipitosa. Un precetto stoico per eccellenza, che si ispira al buon senso comune, come molti degli insegnamenti etici di questa affascinante dottrina filosofica. Cosa ha a che fare con la sostenibilità e lo sfruttamento delle risorse ambientali?
Ugo Bardi, docente all’Università di Firenze, divulgatore scientifico, autore e blogger, trae ispirazione proprio da quelle parole di Seneca per dare una spiegazione scientifica di come i cosiddetti sistemi complessi “riescano ad oppors ial cambiamento finchè possono, ma quando non sono più in grado di opporsi, mutano rapidamente e collassano”.
Il concetto di Seneca, ci spiega Bardi, è un’idea comune, è come in quei casi in cui tutti osservano un determinato fenomeno ma nessuno si sofferma a ragionarci in maniera diversa.
Come la celeberrima mela di Newton. La scienza osserva la natura, come aveva fatto la filosofia, ne fornisce una spiegazione e la propone come verità universale. Per tradurre l’osservazione di Seneca in termini matematici e per dotarla di valore scientifico, prosegue il professore, è stato necessario un lavoro lungo, l’uso dei computer per le simulazioni, i modelli matematici adatti. La teoria del collasso di Seneca può essere applicata per spiegare modelli molto complessi: storici, ecologici, climatici, demografici, fisici.
Il caso dello sfruttamento delle energie non rinnovabili e del petrolio, dice Bardi, è un tipico sistema complesso, che si può analizzare attraverso l’effetto Seneca, “infatti prima si adatta alla situazione e poi cambia rapidamente. Ci siamo accorti che la teoria dei sistemi complessi ci aiutava a comprendere meglio lo sfruttamento e fare previsioni sul possibile esaurimento del petrolio”. Il modello è stato utilizzato per ipotizzare il cosiddetto “picco del petrolio” previsto per il 2006 che però non si è ancora verificato.
Il petrolio è una risorsa in via di esaurimento, continua il professore, avremmo potuto scegliere di lasciarla esaurire lentamente, senza forzarne l’estrazione, invece abbiamo preferito estrarre e continuare ad utilizzare petrolio. Al momento siamo ancora in grado di estrarre, ma la produzione petrolifera ha raggiunto dei massimi storici assoluti.
“Stiamo tirando la corda in maniera pesante, e prima o poi si spezzerà, è questo il collasso di Seneca, che è possibile sia per l’estrazione petrolifera, sia in generale per altri sistemi ambientali”.
Il collasso di Seneca non è soltanto una teoria, si converte in pratica che indica la necessità di prevenire i possibili danni connessi all’esaurimento delle risorse e al cambiamento climatico. Per questo motivo, la tutela dell’ambiente passa soprattutto attraverso buone pratiche di sostenibilità, da parte delle amministrazioni pubbliche, dei cittadini, degli attori economici coinvolti. “Ci siamo accorti che molte Università fuori dall’Italia avevano dei Green Office, degli uffici che si occupavano di sostenibilità.
Abbiamo quindi guardato a quelle realtà che già lavoravano in questo senso, in particolare l’Università di Lancaster, in Inghilterra, e abbiamo cercato di fare lo stesso. Ci sembrava un passaggio necessario”.
Così nasce il progetto Ateneo Sostenibile dell’Università degli studi di Firenze. Secondo Bardi, il progetto di un ateneo sostenibileha bisogno di tempo e pazienza. Non si tratta infatti di greenwashing, cioè di costruire un’immagine comunicativa di sostenibilità ambientale, anche se a volte è necessario cominciare proprio in quel modo. Il progetto è cominciato con installazione di alcuni centri di raccolta differenziata per rifiuti che normalmente non si differenziano: le cartucce per stampanti, toner, bombolette spray, piccole attrezzature elettroniche.
L’università ha messo a disposizione degli spazi, che sono ovviamente pubblici, per istallare i centri di raccolta e per gestirli in maniera corretta e funzionale. Questo è un atteggiamento che l’università può avere, ma si può e si deve fare più per la sostebilità. È necessario mettere a servizio la conoscenza e la competenza, prodotta all’interno degli atenei, sulla gestione dei rifiuti e nell’ambito dell’economia circolare, anche investendo sulla formazione degli studenti, che spesso risulta inadeguata alle sfide ambientali che ci attendono.