Concluse le prime due settimane di campagna in mare del progetto internazionale “Plastic Busters MPAs” nelle acque dell’Arcipelago Toscano e nel Santuario Pelagos. A bordo della nave Astrea dell’Ispra, un equipaggio di ricercatori marini ha analizzato la presenza di plastiche in mare effettuando 71 filtraggi di microlitter – grazie all’utilizzo di reti manta – 131 osservazioni di macrolitter galleggiante e 11 biopsie sui cetacei per poter studiare l’impatto del bioaccumulo di plastica. Sono inoltre stati testati i modelli previsionali sulla distribuzione delle microplastiche e prelevate delle specie target di mitili e pesci per per valutare la presenza e l’effetto di microplastiche nell’ambiente marino. La prossima spedizione sul campo è prevista nel mese di settembre.
Il progetto PlasticBusters MPAs, parte del programma di cooperazione transnazionale Interreg-Med, ha come obiettivo quello di definire le macro e microplastiche che inquinano il Mediterraneo, illustrarne le conseguenze che generano sull’ambiente marino e sulla salute della sua fauna e porre in essere le azioni necessarie per pianificare, a livello internazionale, interventi di mitigazione e riduzione del fenomeno.
Le microplastiche fanno parte dell’inquinamento marino da rifiuti e in special modo del microlitter, ossia le particelle di rifiuti solidi con dimensioni inferiori ai 5 mm, prodotte direttamente in dimensioni microscopiche o originate in seguito a processi di frammentazione di oggetti di dimensione maggiori che vengono dispersi in mare.
Il mar Mediterraneo è uno dei mari in cui è maggiormente concentrata la presenza di rifiuti, che costituiscono una minaccia non solo per le specie che nel mare vivono ma anche per l’intero ecosistema, come è ampiamente documentato dalla letteratura scientifica. Infatti troppo frequentemente negli imballaggi di plastica rimangono intrappolati tartarughe, cetacei, pesci o gabbiani ma, e questo è un aspetto che spesso viene sottovalutato, i rifiuti progressivamente frammentati dal moto ondoso del mare si riducono in particelle via via sempre più piccole che vengono facilmente scambiate per cibo o accidentalmente ingerite dagli animali.
Tra i danni dovuti all’inquinamento dei rifiuti in mare vanno dunque considerati anche i fenomeni che hanno effetti più a lungo termine legati al bioaccumulo delle sostanze tossiche, rilasciate dalla plastica, tra cui alcune altamente inquinanti quali gli ftalati. Per fenomeno di bioaccumulo si intende il processo attraverso cui sostanze tossiche inquinanti organici persistenti si accumulano nei tessuti degli organismi in concentrazioni superiori a quelle riscontrate nell’ambiente circostante. Man mano che i pesci più piccoli vengono mangiati dai loro predatori, il livello aumenta per ogni anello della catena alimentare, causando danni non solo alle singole specie ma anche all’intero habitat.
Sebbene la presenza di microplastiche nei mari di tutto il mondo sia già ampiamente documentata, le conseguenze sugli ecosistemi marini e sulla catena alimentare, sono ancora per la maggior parte da studiare.
È all’interno di questo scenario che nel 2018 è nato il progetto PlasticBusters MPAs, un progetto di ricerca internazionale Interreg‐Med a cui partecipano 15 partner istituzionali e operativi fra i quali ISPRA è il capofila, e l’Università di Siena è il Responsabile Scientifico. Il progetto, della durata di 4 anni, mira a contribuire alla protezione della biodiversità e degli ecosistemi naturali nelle aree marine pelagiche e costiere protette del Mediterraneo. Questo progetto internazionale deriva dall’omonima Plastic Busters, un’iniziativa dell’Università di Siena e dei suoi ricercatori di ecologia marina ed eco-tossicologia ambientale, coordinati dalla professoressa Maria Cristina Fossi, che da dieci anni si dedicano alla ricerca scientifica, alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica e al networking istituzionale per la tutela del Mediterraneo dai rifiuti plastici. Si tratta della prima volta che su scala mediterranea, paesi UE e stati candidati all’adesione si uniscano per arginare la questione dei rifiuti marini con un approccio congiunto.
L’obiettivo dei PlasticBusters è di fornire ai policymakers dati e analisi delle macro e microplastiche presenti nel Mare Nostrum con l’intento principale di colmare i gap di conoscenza esistenti sulla questione e permettere così di affrontare la problematica dei rifiuti con un approccio coordinato e collaborativo tra tutti i paesi mediterranei.
La principale causa della presenza delle microplastiche nel Mediterraneo è infatti da ricercarsi nelle attività che vengono svolte sulla terraferma e in particolare nella cattiva gestione dei rifiuti dei rifiuti solidi urbani, in tutte le sue fasi, secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente, pertanto è necessaria un’azione congiunta dei vari paesi, perché l’inquinamento da plastica non ha confini. I successivi step consisteranno infatti nella definizione e messa a punto di misure di sorveglianza, prevenzione e mitigazione dell’inquinamento marino da rifiuti plastici, e di sviluppare un quadro comune di azioni, di politiche e di legislazione.
Il progetto, che si trova ancora nelle fasi iniziali, è partito da alcune aree protette pilota per effettuare un censimento delle microplastiche e studiare le conseguenze che queste generano nell’ambiente marino e sulla salute della fauna ittica.
Per maggiori informazioni si rimanda alla recente pubblicazione Bioindicators for marine litter in the Mediterranean sea
(a cura di Giulia Casasole)