È stata una settimana bollente per il clima quella iniziata venerdì scorso e che ha visto più di quattro milioni di persone, secondo le stime degli organizzatori, scendere in piazza in 163 paesi del mondo e mobilitarsi per chiedere un maggiore impegno nel contrasto al cambiamento climatico.
Sono passati 57 anni da quando Rachel Carson il 27 settembre 1962 pubblicava il libro che simbolicamente segna la nascita del movimento ecologista moderno: “Silent Spring”, Primavera Silenziosa. Il testo documentava gli effetti dannosi per l’ambiente derivati dall’abuso indiscriminato di pesticidi e fitofarmaci, e soprattutto accusava le industrie chimiche di fare disinformazione, quello che oggi chiameremmo diffusione di fake news.
Il libro ebbe un successo mondiale e comportò la messa al bando, dopo dieci anni, del DDT, non senza aver attirato sull’autrice attacchi sessisti, accuse di catastrofismo e di voler riportare il mondo ai tempi del Medioevo.
Molti decenni più tardi un’altra ragazza, ben più giovane della biologa marina statunitense, mobilita le coscienze mondiali ispirando le proteste di milioni di persone, studenti preoccupati per il loro prossimo futuro in testa, e lancia un pesante j’accuse ai leader economici e politici mondiali, subendo anche il questo caso similistrali da parte dei negazionisti del cambiamento climatico.
Greta Thunberg, a distanza di un anno, dall’inizio del suo solitario Sciopero della Scuola per il Clima, è intervenuta all’UN Youth Climate Summit a New York. L’incontro mondiale si è svolto in concomitanza con la settimana di mobilitazione per il clima, iniziata il 20 settembre e che si è conclusa proprio il 27, giorno in cui in Italia, e in altri paesi, è stata prevista la mobilitazione da parte del movimento FridaysforFuture.
L’appassionato e accorato appello di Thunberg alle Nazione Unite non lascia adito a fraintendimenti: con riferimenti puntuali e precisi ai dati scientifici forniti dai rapporti dell’IPCC, ha affermato con forza che i risultati raggiunti finora dagli accordi non sono sufficienti. A nome di una generazione intera ha alzato la voce control’irresponsabile inazione e la mancanza di contromisure efficaci di lotta al surriscaldamento globale, ripetendo più volte «Come osate?» e concludendo con un iconico «Se sceglierete di deluderci, non vi perdoneremo mai.»
Il vertice dei giovani sul clima del 21 settembre, a cui hanno presenziato circa 500 ragazze e ragazzi da tutto il mondo, selezionati come portavoce dei propri paesi per la lotta alla crisi climatica, ha preceduto l’Un Climate Action Summit, tenutosi il 23.
Con altri toni ma simili intenti, nel discorso di apertura della cerimonia, il Segretario Generale della Nazioni Unite António Gurrentes ha affermato: «La Natura è arrabbiata, e noi ci inganniamo se crediamo di poterci fare beffe della Natura», e ha lodato le manifestazioni dei “giovani” dicendo: «voi siete dalla parte giusta della storia».
Gurrentes nei mesi precedenti al Summit aveva infatti invitato i leader mondiali a presentarsi a questo consesso con progetti, e non discorsi. Il motivo stesso per cui è stato indetto questa conferenza risiede nel fatto che nonostante siano stati siglati gli accordi di Parigi nel 2015, da allora le emissioni di gas serra hanno continuato a crescere, diminuendo sempre più il margine di manovra per scongiurare gli effetti peggiori del riscaldamento globale. Dati alla mano, il riscaldamento globale ha infatti già raggiunto un aumento medio di 1,1°C rispetto ai valori preindustriali, e sembra avvicinarsi pericolosamente il limite di 1,5°C auspicato dalla COP21.
Secondo il report “United in Science” redatto proprio per questa occasione e che raccoglie i dati sullo stato del clima e presenta le tendenze delle emissioni dei principali gas serra, c’è una cesura via via maggiore tra gli obiettivi concordati per affrontare il riscaldamento globale e la realtà. Gli autori di questo nuovo rapporto sul clima sono le sette maggiori organizzazioni scientifiche mondiali che si occupano di clima: l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), la Global Atmosphere Watch, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), il Global Carbon Project, Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), Future Earth, Earth League e il Global Framework for Climate Services. Questo documento secondo quanto spiegano gli autori costituisce la più recente e più autorevole valutazione unificata del sistema terrestre e della condizione in cui si trova per l’influenza del cambiamento climatico antropogenico, costituendo la summa dei motivi per cui si rende necessaria una ClimateAction.
Già dal primo giorno si è parlato, però dei grandi assenti, tra capi di stato, imprenditori, attivisti e ONG chiamati a raccolta nel vertice mondiale, mancavano Brasile, Arabia Saudita, Australia e Corea del Sud e gli Stati Uniti, il cui presidente si è seduto in platea per pochi minuti durante la conferenza, prendendo la parola solo in occasione di un evento concomitante, un seminario riguardante le minacce alla libertà di religione nel mondo.
Tra le dichiarazioni di maggior importanza tra le tante fatte durante la giornate, ha attirato l’attenzione a quella del capo di stato cinese che ha annunciato l’intenzione di tagliare di oltre 12 miliardi di tonnellate annue le emissioni e di voler seguire un percorso di sviluppo low carbon. La Federazione russa inoltre ha annunciato che ratificherà gli accordi di Parigi, mentre la Francia ha annunciato che non farà più accordi commerciali con gli stati che non li rispettano. In generale, l’unione Europea ha annunciato che stanzierà il 25% del budget ad attività legate alla lotta ai cambiamenti climatici
Il 23 settembre sono stati infine 77 gli stati che si sono impegnati a ridurre del 45% le emissioni di anidride carbonica entro il 2030 e a raggiungere la quota zero entro il 2050, tra cui la Germania. Così come hanno dichiarato più di 100 città e altrettante aziende banche che si sono dette pronte ad allinearsi agli obiettivi degli Accordi di Parigi e a finanziare una transizione da un’economia “grigia” a un’economia “verde”. L’impegno del Summit esplicitamente dichiarato è infatti quello di riaccendere i riflettori e fare un bilancio di quanto sia stato fatto fino ad ora in attesa della prossima conferenza delle parti, la 25esima, in programma per questo dicembre in Cile ed è solo l’ultimo di una serie di eventi e conferenze che si sono tenuti a più riprese quest’anno.
Da segnalare anche un intervento, virtuale: “Se sono qui è perché il tempo sta per scadere” Esordisce così il Panda che, in un video di animazione realizzato dal WWF Italia parla all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Nel video il Panda dal podio sferza i delegati dei Paesi dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite: “Appena 50 anni fa la mia specie era praticamente estinta. Grazie al lavoro del WWF ed ai suoi sostenitori oggi siamo salvi. Ora, però, moltissime altre specie sulla Terra sono in pericolo. Ed è vostra la responsabilità”.
A conclusione della conferenza il Segretario Generale Guterres ha riconosciuto il valore della conferenza in termini di impegno e cooperazione ma ha anche sottolineato la lunga strada da fare e la necessità di una maggiore collaborazione tra istituzioni pubbliche e private per una concreta svolta verso un’economia che sia green nel concreto.
Testo di Giulia Casasole