Rosy Battaglia, sulle pagine della rivista Micron, affronta un tema di grande interesse anche per chi opera nell’ambito del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, che, necessariamente, ha rapporti quotidiani con i mezzi di informazione e con i cittadini.
Rosy Battaglia prende le mosse da una domanda: come innovare il giornalismo di interesse pubblico, riportandolo ai temi fondamentali per le comunità come l’ambiente, la salute, il rispetto della legalità?
Propone, quindi, una risposta, che argomenta nell’articolo: una risposta può arrivare dalla collaborazione tra giornalisti e cittadini, diventati nel tempo sempre più “user generated content”, alla base di due fenomeni che hanno interessato l’ecosistema informativo, anche italiano: il citizen journalism o giornalismo partecipativo e il civic journalism o giornalismo civico.
Che, a dispetto dell’“assonanza”, non sono la stessa cosa. Intanto, proprio nell’epoca degli smartphone e dei social network non si può non ricordare come un movimento trasversale e internazionale abbia e stia lavorando, da tempo, alla ricerca di soluzioni per migliorare la qualità dell’informazione e la partecipazione civica alla vita democratica.
Il giornalismo civico è «il tentativo di abbandonare l’idea che i giornalisti e il loro pubblico siano spettatori nei processi politici e sociali». Più semplicemente, si tratta di un processo di costruzione delle notizie che vede i giornalisti collaborare insieme a cittadini e comunità nella raccolta di dati, informazioni, mappe. Una modalità in crowdsourcing, con la responsabilità finale, per i professionisti dell’informazione, di rielaborazione, verifica e pubblicazione dei contenuti così prodotti, da semplici articoli a vere e proprie inchieste. Il giornalista civico non cerca scoop, non punta alla conflittualità né alla spettacolarizzazione. Ma agisce per aiutare le comunità e i cittadini a prendere consapevolezza della complessità dei problemi.
In Italia, questa modalità si è spesso confusa con il citizen journalism o giornalismo partecipativo fatto direttamente dai cittadini che, da semplici lettori o ascoltatori, si sono via via trasformati in autori dei contenuti messi online a disposizione di qualsiasi persona che, a sua volta, può contribuire o commentare. Tutto questo senza la mediazione di professionisti dell’informazione ma grazie all’utilizzo di blog, social network e piattaforme partecipative che hanno reso semplice e possibile la condivisione di contenuti multimediali.
Nel giro di qualche decennio, anche nel nostro paese è avvenuta una trasformazione radicale. L’informazione, la sua produzione e distribuzione, non è più appannaggio dei singoli media e dei giornalisti. La società in Rete sta imparando a comunicare, a informarsi, a condividere cultura, a commerciare, ad amministrarsi, a divertirsi, a progettare al di là di ogni forma di mediazione conosciuta in precedenza. L’informazione al tempo del citizen journalism.
La richiesta, la raccolta, la condivisione e la rielaborazione di informazioni e dati di pubblico interesse, come quelli ambientali e sociali, può dare vita a progetti di giornalismo civico e partecipativo. E nell’articolo Rosy Battaglia porta numerosi esempi di esperienze realizzatesi nel nostro Paese.
Quella descritta da Rosy Battaglia è una realtà con la quale occorre fare i conti ogni giorno, in modo consapevole.
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