Come affermato da Giampietro Vecchiato in apertura dei lavori, la buona uscita da una situazione di crisi dipende da tre fattori:
- la capacità di riconoscerla ed una buona preparazione per affrontarla al meglio,
- sapere cosa fare, quindi, individuare in anticipo procedure e ruoli di tutti gli attori coinvolti,
- gestire la comunicazione sia interna che esterna.
Visti gli elementi che caratterizzano una situazione di crisi (la pressione del tempo, l’urgenza, la gestione dello stress, le minacce, la necessità di informazioni) si rende fondamentale un adeguato “allenamento”.
Cosa si intende per crisi e come si può classificare
Come suggerisce Giovanni Landolfi, bisogna capire cosa si intende per crisi e concordare una definizione comune, per sapere se attivarsi per affrontarla. Ci sono molte definizioni, una molto conosciuta è quella fornita nel 1963 da Herman, che evidenzia tra gli elementi caratterizzanti:
- minaccia agli scopi dell’organizzazione (rischio per la sopravvivenza della stessa organizzazione),
- imprevedibilità (fattore inatteso),
- tempestività (fattore tempo).
Anche classificare una crisi non è facile; si possono, in sostanza, individuare due tipi di crisi:
- “cobra”: crisi improvvisa, non prevedibile come l’evento di Fukushima nel 2011,
- “pitone”: crisi che cresce all’interno dell’organizzazione ma non viene gestita, come quella che ha coinvolto la casa automobilistica Mitsubishi nel 2016.
Nel 1999, Grandall, Mc Cartney e Ziemnowicz hanno proposto una suddivisione più articolata, che comprende:
- crisi operativa (es: incidenti),
- crisi fraudolenta (es: furto di informazioni, attività illecita dei dipendenti),
- crisi reputazionale (es: avvelenamento nel settore dell’industria alimentare, boicottaggio),
- crisi legale (es: inchieste giudiziarie che coinvolgono il personale, in particolare i vertici aziendali),
- crisi ambientale/naturale (disastro naturale).
Non esiste una netta suddivisione tra le diverse tipologie, per esempio una crisi operativa può trasformarsi in una crisi reputazione o legale o viceversa.
Diversamente dalle altre tipologie di crisi, che seguono un preciso schema (crisi, risposta alla crisi, ricostruzione e ritorno alla normalità) la crisi legale si presenta, per sua natura, più complessa ed incerta nella durata, articolandosi in:
- fase di apprendimento (fase pregressa, sono necessari diversi mesi per le indagini, che poi porteranno all’avviso di garanzia),
- risposta legale, a cui si accompagna una risposta mediatica ed una interna all’organizzazione,
- previsione di accantonamenti finanziari per fare fronte all’iter giudiziario,
- iter processuale (non definibile in termini di durata),
- ritorno alla normalità.
Come ci si prepara ad una crisi, la predisposizione di un piano di crisi
Luca Primavera porta la sua esperienza maturata nel settore privato, ora in Zambon, industria farmaceutica dove ricopre l’incarico di direttore della comunicazione.
Durante la crisi, si manifesta un panico organizzativo ma anche emotivo, che va gestito e che necessita di un’adeguata preparazione e specifiche attitudini.
Il Decreto Legislativo 231 del 2001 prevede che venga adottato un modello organizzativo in grado di gestire i rischi, quindi diventa importante predisporre un piano di crisi che individua precise figure (come il Comitato di crisi), con specifici ruoli e procedure di attivazione ed intervento per fronteggiare la situazione.
Il piano deve tenere conto dell’organizzazione interna e dell’esterno, ciò significa comunicare contestualmente con il proprio personale e con la stampa, senza chiusure.
Rapporti con la stampa, costruire un rapporto stabile e fiduciario
L’importanza del rapporto con la stampa nella gestione di situazioni di criticità è sottolineata anche da Giovanni Viafora del Corriere del Veneto, che evidenzia come il giornalista lavori con tempi strettissimi, necessitando pertanto di chiarezza e di referenti precisi ed autorevoli per comprendere gli eventi e riportarli al pubblico. In mancanza di tali elementi, la notizia comunque uscirà sui mass media anche se meno chiara, definita e completa.
La costruzione di uno stabile rapporto di fiducia tra media e organizzazioni in “periodo di pace”, e non nel momento di crisi, può pertanto facilitare il superamento di difficoltà, rendendo più efficace la comunicazione in situazioni critiche.
Comunicazione interna ed esterna, l’importanza della cultura della comunicazione
Ferruccio Di Paolo del Dipartimento dei Vigili del Fuoco – soccorso pubblico e difesa civile del Ministero dell’Interno, struttura centralizzata con funzioni specifiche tese ad assicurare la sicurezza dello Stato, riporta la sua esperienza nella gestione di crisi “molto particolari”: quelle che mettono a repentaglio le istituzioni e l’assetto democratico del Paese.
Per affrontare la crisi bisogna non solo interfacciarsi con l’esterno ma avere anche una buona comunicazione interna, per questo è importante costruire una cultura della comunicazione, parlare un linguaggio comune ma anche utilizzare nuovi canali di interazione come, ad esempio, i gruppi whatsapp.
Per quanto riguarda poi la comunicazione di crisi all’esterno, è necessario che il messaggio non trasformi la paura in panico, per questo è fondamentale, soprattutto quando ci si rivolge alla popolazione, individuare una figura univoca come può essere il Prefetto, a livello locale, o il Presidente del Consiglio dei Ministri, a livello nazionale.
Bisogna inoltre entrare nel dettaglio, non dare niente per scontato, consapevoli che esistono almeno 4 diverse tipologie di cittadini (cluster), con cui bisogna entrare in contatto
- quelli che rispettano le indicazioni date ma rimangono passivi,
- quelli che non si fidano e cercano di risolvere il problema da soli,
- quelli che ritengono di essere capaci, prendono in mano la situazione e partecipano,
- quelli che sono fatalisti.
I conflitti ambientali come momenti di crisi
Una particolare crisi è quella legata ai conflitti ambientali descritta da Sergio Vazzoler che ribadisce l’importanza della diffusione della cultura dell’informazione e sottolinea l’importanza dell’ascolto del cittadino anche ai fini del recupero del rapporto fiduciario tra amministrazione e popolazione.
Per prevenire il conflitto, si rendono necessari alcuni passaggi:
- trasferire messaggi veri, comprensibili, esaustivi;
sfrondare il linguaggio da acronimi, tecnicismi e codici per addetti ai lavori; - valorizzare le buone pratiche e i benefici ambientali, senza esagerazioni o opacità, evitando ogni rischio di greenwashing o scorciatoie di pura immagine;
- dimostrare la coerenza tra i messaggi di sensibilizzazione ambientale e i comportamenti assunti nella pratica quotidiana;
- dialogare e interagire con i propri interlocutori in modo da capirli, soddisfarli e allo stesso tempo responsabilizzarli sugli impegni condivisi;
- essere positivi e coinvolgenti, per sollecitare adesione e comportamenti virtuosi;
- attribuire un peso specifico alla cura delle relazioni con le comunità locali;
- cogliere le opportunità della comunicazione digitale e dei social media per accorciare le distanze e instaurare un canale di ascolto e dialogo sempre attivo e presidiato.
Al termine della giornata è stata fornita la “cassetta degli attrezzi”, ovvero gli elementi di base per gestire la comunicazione durante una crisi.
Sull’argomento vedi anche:
- La comunicazione di crisi nelle situazioni di emergenza ambientale Intervista a Giampietro Vecchiato, docente universitario, professionista esperto nel campo della comunicazione di crisi;
- La comunicazione di crisi delle agenzie ambientali Seconda parte dell’intervista a Giampietro Vecchiato;
- Emergenze ambientali e comunicazione Intervista a Francesca Maffini, responsabile dell’Ufficio Stampa del Dipartimento nazionale della Protezione Civile.