Esaminando le difficoltà in termini di materie prime, siti di smaltimento, fonti energetiche e climate change, il passaggio all’economia circolare conviene, soprattutto al nostro paese. La nostra tradizione di creatività può trovare grandi opportunità nell’esigenza di fare di più con meno.
Il modello lineare dell’usa e getta richiede un flusso continuo di materiali e di soluzioni per eliminare gli scarti. È ovvio che questa disponibilità non può essere garantita all’infinito, in un pianeta dalle risorse finite; la tecnologia può tuttavia fornire una soluzione, sostituendo le risorse che man mano si esauriscono con altre più abbondanti. In un’economia di mercato, i prezzi relativi dei vari fattori produttivi, materiali compresi, guidano le scelte degli operatori: quando una risorsa diviene scarsa, il suo prezzo aumenta, facendo emergere la (relativa) convenienza di risorse alternative.
Per valutare se una transizione verso un modello di economia circolare è conveniente, occorre quindi preventivamente chiederci se la tecnologia sia in grado di venirci in aiuto, come è peraltro avvenuto storicamente finora. Non dobbiamo dimenticare che tutte le previsioni catastrofiche fondate su scenari “malthusiani” sono state finora clamorosamente smentite dai fatti, proprio perché la tecnologia ha saputo moltiplicare di molte volte il potenziale produttivo del nostro sistema economico.
I possibili “colli di bottiglia” – in astratto – sono rappresentati dalle materie prime, dalla disponibilità di siti per lo smaltimento, dalle fonti di energia, dal cambiamento climatico. Diciamo subito che per nessuna di queste dimensioni l’evidenza empirica sembra dimostrare in modo schiacciante l’imminente esaurimento.
Non le materie prime, almeno le principali, per le quali le disponibilità accertate si misurano nell’ordine di secoli – e se per qualche singolo materiale non è così, non ci sono particolari problemi nell’immaginare in futuro di poterne fare a meno.
Per quel che riguarda i siti di smaltimento, è abbastanza evidente che, almeno in Europa, emerge una crescente difficoltà di individuare siti per le discariche – e l’incremento costante dei prezzi di conferimento in qualche modo lo testimonia; ma per altre soluzioni, come l’incenerimento, il limite sembra dovuto più all’accettabilità sociale che a una scarsità fisica.
Per quel che riguarda l’energia, la gran parte degli studi concorda sul fatto che il riciclo e il recupero energetico siano quasi sempre preferibili alla discarica, e anche, sebbene in modo meno schiacciante, che il recupero di materia sia preferibile a quello energetico; d’altra parte, questa indicazione è rilevante se ci riferiamo a un mondo dominato dalle fonti di energia fossile, mentre in un ipotetico mondo futuro dominato dalle fonti rinnovabili il risparmio energetico potrebbe non costituire una priorità. E già sembra profilarsi all’orizzonte un futuro in cui alle fonti rinnovabili già consolidate nell’uso – fotovoltaico, idroelettrico, eolico, biocarburanti – se ne potranno affiancare altre ancora più “definitive”, dal solare termodinamico alla conversione della CO2 atmosferica in nuovi combustibili puliti…
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di Antonio Massarutto, Università di Udine
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