Sulla rivista Micron Tiziano Gardi (Università degli Studi di Perugia) e Marco Petracchini (apicoltore iscritto all’Albo Nazionale Allevatori Api Italiane), parlano diffusamente di due specie aliene, una pianta, l’Ailanthus Altissima, e un acaro, il Varroa Destructor.
Ailanthus Altissima: l’albero del paradiso
Ailanthus altissima, è un genere di piante della famiglia Simaroubaceae, che comprende sette specie di alberi originari delle zone tropicali dell’Asia e dell’Australia, che possono raggiungere altezze poco superiori ai 25 m. Il nome comune è ailanto o albero del paradiso.
Introdotta in Italia anche a scopo ornamentale, si è rivelata nel tempo essere una pianta altamente infestante, molto aggressiva, dalla rapidissima proliferazione, le cui radici si estendono in larghezza fino anche a trenta metri dal tronco, dando luogo a colonie di nuove piante figlie sia per polloni radicali che per via gamica (da seme). È noto il cattivo odore emanato dalle sue foglie.
Il fusto, di scarsissimo valore commerciale, in quanto trattasi di legno tenero e non durevole, è generalmente eretto e molto ramificato con corteccia grigio-brunastra più chiara sui rami giovani.
Fu introdotta in Italia per un tentativo di allevamento del lepidottero Philosamia cynthia originario dell’estremo Oriente per la produzione della seta; ormai si trova rinselvatichita nei boschi, sulle ripe, sui greti, su terreni aridi, sassosi e instabili, lungo le strade e a ridosso dei muri di edifici e nelle spaccature di marciapiedi in cemento armato.
La sua diffusione va dalla pianura fino ai monti, diventando un’infestante molto aggressiva. Sostituisce piano piano la vegetazione autoctona preesistente, formando colonie. Si trova sempre più spesso anche in città, dove è usata, inopinatamente e sconsideratamente, come rapido rimedio contro i raggi solari: la pianta è infatti nota anche per l’estrema rapidità di crescita in altezza. Le sue caratteristiche infestanti, tuttavia, dovrebbero suggerire un attento controllo della sua propagazione, ormai troppo a lungo ignorata.
Varroa Destructor: l’acaro alieno e invasivo del “sistema alveare”
Tra le diverse patologie che colpiscono l’alveare, la Varroa destructor, risulta essere oggi la parassitosi più pericolosa perché, se non controllata, può portare al collasso delle colonie nell’arco di una o due stagioni apistiche. Al genere Varroa appartengono quattro specie associate all’Apis cerana (Fabr.).
In Europa è presente ovunque, ad eccezione di alcune isole scozzesi e norvegesi. In Italia la prima segnalazione dell’acaro si è avuta nel 1981 in Friuli Venezia Giulia e negli anni seguenti divenne ubiquitaria in tutta l’Italia, Europa e Stati Uniti d’America.
Vista la dinamica del ciclo di sviluppo della varroa, in assenza di trattamenti acaricidi, la popolazione del parassita tende inevitabilmente ad aumentare dalla ripresa primaverile fino all’autunno. Si assume che la popolazione in presenza di covata può raddoppiare di numero ogni mese, per cui un’infestazione ragionevolmente bassa in primavera, può determinare in autunno anche la presenza di migliaia di individui. L’utilizzo di adeguati trattamenti acaricidi permette lo stabilizzarsi dell’infestazione su valori accettabili, tali da determinare una “convivenza” o un certo equilibrio con le api. Gli effetti della parassitosi possono essere distinti in: danni diretti che riguardano la singola ape e danni indiretti, ossia le infezioni secondarie e le malattie che vengono ad essere associate alla varroa e che possono portare al collasso della colonia.
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