L’emergenza sanitaria da Covid-19 sta avendo e avrà riflessi sulla produzione dei rifiuti sanitari, ma anche sulla produzione di tutte le tipologie di rifiuti urbani e speciali. Nell’attesa di poter analizzare gli effetti dell’emergenza Covid-19 in questo ambito, è utile presentare i dati di produzione e di gestione dei rifiuti sanitari in Campania nel quinquennio 2014-2018, quale quadro di riferimento per evidenziare punti di forza e di criticità “storici” su cui l’emergenza in corso sta inevitabilmente impattando.
I rifiuti sanitari rappresentano una percentuale minima dei rifiuti speciali prodotti (0,18% del totale dei rifiuti speciali e il 3% dei rifiuti speciali pericolosi prodotti in Campania nel 2018) ma hanno importanti ricadute economiche e ambientali, oltre che comportare, in taluni casi, un rischio infettivo.
Per “rifiuti sanitari” si intendono quei rifiuti che derivano da strutture pubbliche e private che svolgono attività medica e veterinaria di prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e di ricerca (Dpr n. 254/2003, art. 2).
La produzione dei rifiuti sanitari in Campania risulta essere in costante incremento (Grafico 1), partendo dalle 11.800 tonnellate del 2014 fino ad arrivare alle 13.500 del 2018, ed è lecito a riguardo aspettarsi un ulteriore incremento di produzione nel 2019 e una impennata nel 2020.
In analogia alla produzione di altre tipologie di rifiuti sia urbani che speciali, si rileva una concentrazione della produzione dei rifiuti sanitari nelle aree maggiormente urbanizzate della regione, dove si concentrano anche le principali strutture sanitarie. Il 54 % della produzione regionale è concentrato nella provincia di Napoli, a seguire le province di Salerno 19%, Caserta 14%, Avellino 7% e Benevento 6%.
Il 94% dei rifiuti sanitari prodotti sono classificati come rifiuti pericolosi: il codice CEER pericoloso maggiormente prodotto è il 180103 (Rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni), che da solo rappresenta il 77% dell’intera produzione e l’83 % dei rifiuti pericolosi. Tali percentuali sono paragonabili ai dati di produzione delle altre regioni italiane a testimonianza di una certa uniformità di comportamento su tutto il territorio nazionale.
All’incremento di produzione registrato corrispondono anche un incremento delle importazioni (+74%) e un decremento dei dati di esportazione (Grafico 3). Tale andamento è dovuto principalmente all’ampliamento di un impianto in provincia di Napoli e all’installazione di un impianto di sterilizzazione a microonde in provincia di Avellino negli anni 2016 e 2017.
Nel 2018, a fronte di 13.500 tonnellate di rifiuti prodotte, alle quali vanno sommate 2.944 tonnellate ricevute da fuori regione, per un ammontare complessivo di 16.500 tonnellate all’anno, 8.800 tonnellate (53%) vengono gestite in Campania con operazioni di sterilizzazione, incenerimento e trattamento chimico fisico, 6.400 tonnellate (39%) sono inviate fuori regione principalmente in Calabria e in Puglia, e 1.250 tonnellate (8%) sono gestite in operazioni di stoccaggio negli impianti regionali in attesa del definitivo recupero o smaltimento.
Le operazioni di smaltimento propriamente dette, come incenerimento e trattamento chimico fisico, rappresentano una parte minimale della gestione dei rifiuti sanitari in Campania (circa 1.500 tonnellate all’anno) mentre la principale forma di gestione è la sterilizzazione dei rifiuti a rischio infettivo (7.300 tonnellate all’ anno) che porta alla produzione di un rifiuto classificato come combustibile da rifiuto (CEER 191210) che poi necessariamente deve trovare collocazione in impianti di incenerimento fuori regione. Quindi la quota di rifiuti sanitari “esportati” in altre regioni va oltre quel 39% di “esportazioni dirette”, evidenziato prima.
Nonostante un livello relativamente maggiore di autonomia conquistato negli ultimi anni, il ciclo di gestione dei rifiuti sanitari non riesce a chiudersi in ambito regionale, a causa dell’assenza di impianti di smaltimento definitivi come inceneritori e discariche.
Anche alla luce della concomitante emergenza sanitaria, risulta determinante individuare nell’ambito delle politiche regionali strumenti che consentano un’analisi approfondita dei costi-benefici che potrebbero derivare da gestioni più virtuose.
Ad esempio al fine di ottimizzare i costi e la gestione dei rifiuti sanitari a rischio infettivo, una buona pratica, contemplata anche dal Dpr n. 254/2003, è quella della sterilizzazione on site presso le strutture sanitarie. Il che significherebbe ridurre le quantità da movimentare e ottenere un notevole vantaggio logistico per le aziende ospedaliere, che potrebbero giovare anche dei risparmi determinati dalla riduzione dei costi di trasporto. Mentre classicamente i rifiuti sanitari pericolosi vengono raccolti come tali ogni giorno o al massimo ogni 5 giorni e avviati a impianti autorizzati alla gestione degli stessi, con la sterilizzazione on-site sarebbe possibile stoccare il materiale inertizzato fino a 3 mesi, scongiurando eventuali criticità dettate da emergenze sanitarie come quella attuale, riducendo trasporti, costi e impatti ambientali e migliorando pesature e conteggi.
Alberto Grosso, Giuseppe De Palma, Anna Federico
Arpa Campania – Sezione regionale del Catasto rifiuti
a.grosso@arpacampania.it