Garantire “una salute migliore, un ambiente più salubre e scelte sostenibili” è l’ambizioso obiettivo condiviso nella Sesta conferenza interministeriale di Ostrava su Ambiente e salute dai ministri della regione europea dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) del giugno 2017. La strategia che presiede al raggiungimento di questo obiettivo è articolata su due azioni sinergiche. Da un lato, condividere le competenze e trasferire le conoscenze scientifiche mediante una collaborazione e comunicazione strutturata tra esperti di ambiente e salute a livello nazionale e internazionale. Dall’altro, promuovere policy coerenti e sinergiche basate sulle evidenze nei settori ambiente e salute finalizzate al conseguimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda Onu 2030.
Il recente Protocollo d’intesa tra Istituto superiore di sanità (Iss) e Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) si prefigge, tra l’altro, di fornire contributi concreti per potenziare la prevenzione sanitaria improntata alla sinergia con la protezione ambientale, l’inter-settorialità e l’inclusione delle dimensioni sociali ed economiche a supporto dello sviluppo sostenibile e ottimizzare, a livello nazionale, le attività a supporto delle politiche e degli interventi di prevenzione e promozione della salute adottati a livello regionale
e territoriale, per il rafforzamento dell’efficacia e dell’efficienza della prevenzione, sorveglianza e risposta alle emergenze nel paese, aggiornando le azioni allo stato delle conoscenze scientifiche e agli indirizzi Oms e internazionali.
Secondo le più recenti acquisizioni tecnico-scientifiche, trasposte progressivamente in linee guida internazionali e misure normative, il pilastro della sicurezza sanitaria associata all’utilizzo umano delle acque si fonda sull’analisi di rischio integrata, multisettoriale e multidisciplinare secondo criteri di prevenzione applicati al ciclo naturale dell’acqua e all’interazioni di questo con il ciclo idrico integrato. L’analisi si estende a qualsiasi fattore di rischio di origine climatico, naturale, ambientale e antropico che interviene a monte dell’esposizione umana correlabile all’uso delle acque nell’ambiente naturale e negli ambienti di vita e di lavoro, come pure all’utilizzo dei servizi igienici.
Su tali premesse, l’approccio basato sull’analisi di rischio sta caratterizzando a livello europeo la revisione della normativa sulle acque destinate al consumo umano e il riuso delle acque reflue depurate.
La direttiva europea sulle Acque di balneazione (2006/7/CE) raccomanda che la tutela della salute dei bagnanti sia garantita attraverso un approccio integrato basato sulla conservazione, la protezione e il miglioramento della qualità dell’ambiente. Per tale ragione la 2006/7/CE è stata predisposta in linea con altre direttive comunitarie volte alla tutela della qualità delle acque, come: la direttiva del Consiglio sul Trattamento delle acque reflue urbane (91/271/CEE), la direttiva sulla Protezione delle acque dall’inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole (91/676/CEE) e la direttiva quadro per l’azione comunitaria in materia di Acque (2000/60/CE).
In particolare, la 2006/7/CE integra la direttiva 2000/60/CE, dalla quale trae l’approccio integrato, basato su attività di monitoraggio e di valutazione.
Più precisamente, al monitoraggio viene affiancato un ulteriore strumento di gestione: il profilo dell’acqua di balneazione. Il profilo dell’acqua di balneazione rappresenta uno strumento di supporto per un’efficace gestione delle acque di balneazione, perché contiene informazioni sulle principali attività antropiche (fonti di contaminazione) presenti nel territorio e sulla loro incidenza sulla qualità delle acque. Il profilo dell’acqua di balneazione include, infatti, una valutazione ambientale a scala di bacino idrografico, volta alla prevenzione del rischio sulla base dell’individuazione delle pressioni presenti e dello studio dei relativi impatti in termini di natura, estensione e durata.
Fondamentale, ai fini della stesura del profilo, è l’individuazione dell’area di influenza, definita come l’area di riferimento per lo studio delle caratteristiche ambientali di un’acqua di balneazione e delle connessioni con le fonti di contaminazione che potrebbero condizionarne in maniera diretta o indiretta la qualità.
Il profilo delle acque di balneazione è chiaramente ispirato alla direttiva quadro sulle Acque (2000/60/CE), ma anche ai principi dei Water safety plans definiti dall’Oms per la tutela della salute dei cittadini, in relazione ai possibili effetti sanitari derivanti dalla presenza di fattori di rischio nelle acque potabili.
Le linee guida Snpa
La gestione della qualità delle acque di balneazione, di competenza regionale,
è esercitata, nella maggior parte delle regioni, con il supporto tecnico scientifico delle Agenzie regionali e provinciali per l’ambiente (Arpa/Appa). Con legge n. 132 del 28 giugno 2016 è stato istituito il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (Snpa), di cui fanno parte le Arpa/Appa e l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), con la finalità “di assicurare omogeneità ed efficacia all’esercizio dell’azione conoscitiva e di controllo pubblico della qualità dell’ambiente a supporto delle politiche di sostenibilità ambientale e di prevenzione sanitaria a tutela della salute pubblica”.
In tale contesto, e in considerazione del fatto che nel primo ciclo di attuazione della direttiva balneazione (2010-2020) sono emerse diverse criticità riguardanti la gestione della qualità delle acque di balneazione, è stato recentemente istituito un gruppo di lavoro Snpa per la stesura di “Linee di indirizzo per lo studio dell’area d’influenza ai fini della gestione delle acque di balneazione”, proposto e coordinato da Ispra.
Il manuale, volto a supportare la gestione delle acque di balneazione in ambiente marino, è suddiviso in due parti.
La prima parte è finalizzata a delineare i “principi metodologici per l’individuazione e la definizione degli indicatori di pressione in applicazione della direttiva balneazione”.
Essa fornisce un inquadramento della tematica e del contesto normativo internazionale e nazionale, mettendo in evidenza le principali criticità riscontrate dalle varie Arpa nell’ambito dell’applicazione della normativa di riferimento. In seguito, vengono prese in esame le diverse tipologie di pressioni, per arrivare a una metodologia condivisa che preveda degli indicatori di pressione e delle soglie di significatività. Sono forniti, inoltre, alcuni criteri per meglio collocare il punto di monitoraggio rispetto a quanto stabilito dalla direttiva e per stabilire la corretta delimitazione delle acque di balneazione rispetto alla presenza delle pressioni (es. punti di scarico e foci). Infine, nella prima parte delle linee di indirizzo sono passate in rassegna alcune possibili misure di gestione (es. protocolli operativi per il controllo delle proliferazioni algali di specie potenzialmente tossiche, gestione della presenza di meduse, dei dati di monitoraggio e l’informazione al cittadino), sempre evidenziando le esperienze condotte dalle Arpa.
La seconda parte delle linee di indirizzo, invece, delinea i “principi per l’applicazione della modellistica matematica a supporto della gestione delle acque di balneazione”. Essa fornisce i criteri per l’implementazione della modellistica a supporto delle procedure di gestione e prevenzione della qualità di un’acqua di balneazione, anche al fine di adempiere al concetto di previsione dei rischi, contemplato nella direttiva 2006/7/CE. La previsione dei rischi, infatti, si colloca nell’ambito della redazione del profilo delle acque di balneazione come uno strumento gestionale, permettendo di ottimizzare l’attività di monitoraggio dei due indicatori di contaminazione fecale (enterococchi ed Escherichia coli).
A partire dalla messa a sistema della letteratura esistente, la seconda parte del manuale riporta una descrizione degli strumenti modellistici per lo studio dell’idrodinamica e del trasporto di inquinanti dalle diverse potenziali fonti di rilascio (puntuali e diffuse).
L’obiettivo principale è quello di fornire indicazioni operative per l’implementazione dell’approccio modellistico più idoneo per lo studio e la prevedibilità di eventi
di inquinamento di breve durata, per i quali vi è l’obbligo di segnalare nel profilo la loro possibile insorgenza, le cause che li innescano, la modalità con cui possano essere previsti e le misure di gestione, nonché per la gestione di situazioni anomale.
In particolare, sono fornite indicazioni per il supporto tramite modelli matematici alla stesura del profilo in relazione a: definizione degli scenari di modellazione; caratterizzazione delle diverse tipologie di fonti di contaminazione puntuali e diffuse; tecniche di analisi e di elaborazione dei risultati mediante opportuni indici sintetici.
Infine sono fornite indicazioni circa il possibile utilizzo della modellistica come supporto per l’ottimizzazione del programma di monitoraggio e delle misure di gestione.
Al gruppo di lavoro stanno al momento collaborando con Ispra 13 delle Arpa costiere, con lo scopo di fornire un modello di gestione condivisibile. Il gruppo di lavoro costituisce, inoltre, un’occasione di confronto sulle principali criticità riscontrate in questa prima fase di attuazione (individuazione delle pressioni e degli impatti, natura ed estensione di alcune forme di inquinamento, ampiezza ed estensione dell’acqua di balneazione rispetto alle potenziali pressioni).
Considerata la diversità territoriale della costa italiana, il manuale, a partire dalle esperienze di ciascuna Arpa, vuole fornire un quadro organico e linee di indirizzo condivise il più possibile generalizzabili ai diversi ambiti territoriali regionali.
Roberta De Angelis, Antonello Bruschi, Iolanda Lisi
(Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)
Si ringraziano M. Di Risio (Università dell’Aquila) e le Arpa: Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Emilia- Romagna, Marche, Molise, Sardegna, Sicilia, Toscana (in collaborazione con il Consorzio Lamma) e Veneto per aver supportato l’avvio delle attività e per i contributi finora forniti.
Articolo pubblicato in Ecoscienza, N° 1 febbraio 2020
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