È uscito il numero di maggio 2021 della newsletter della Rete Nazionale dei CUG “La voce di CUG”.
Il numero affronta 2 temi “sensibili” del periodo storico che stiamo vivendo: la disparità salariale tra i generi e il fenomeno del mansplaining, una pratica maschile di superiorità paternalistica che ancora troppo spesso contraddistingue il dibattito pubblico.
Il focus sul tema della disparità salariale nel mondo del lavoro pubblico e privato mostra quanto la situazione in Italia sia eterogenea. Nel mondo delle aziende private si osservano moltissime aziende che hanno assunto un nuovo sistema basato su valori quali la parità di genere, l’inclusione, le pratiche sostenibili, il benessere e la diversità in quanto giudicati indicatori trainanti per migliorare, oltre alla reputazione, le performance economiche dell’azienda stessa sul mercato, mentre numerose altre aziende continuano a trattare il tema della parità di genere solo dal punto di vista etico, tralasciando i vantaggi competitivi che la differenza di genere produce.
Nel Recovery Plan è stata prevista la certificazione della parità di genere, o gender equality, quale indicatore di qualità progettuale, perché positivo dal punto di vista economico e del mercato. Secondo il Winning Women Institute, organismo nato nel recente quadriennio e deputato a valutare l’indicatore “gender equality”, sono 4 le aree di analisi che devono essere osservate per le chiavi del successo aziendale:
- le opportunità di crescita in azienda,
- l’equità remunerativa,
- le policy per la gestione della diversità di genere,
- le policy per la tutela della genitorialità,
uniti alla tutela della diversità e dell’inclusione delle risorse umane
In Italia la situazione nel privato procede lentamente. A fronte di alcune aziende certificate che stanno iniziando a usare il “bollino di genere” anche per parlare ai consumatori finali, traendone ottimi risultati, ci sono aziende che si auto-dichiarano attente e sensibili al tema della parità di genere solo in occasione del lancio di qualche iniziativa sporadica e di “marketing”, ma non danno carattere strutturale a queste scelte.
Grazie alle attività messe in atto dai Comitati Unici di Garanzia sui temi contrapposti del gender equality e del gender pay gap, assistiamo ad un nuovo approccio delle politiche di valorizzazione delle risorse umane anche nel comparto pubblico, dove nelle maglie di una sostanziale parità retributiva si nascondono in realtà dispari opportunità, emarginazioni nascoste e inevitabili gap, che pesano fortemente sulla compagine femminile.
La Regione Lazio è il primo ente locale in Italia ad aver approvato all’unanimità la proposta di legge n. 182/2019 in materia di promozione della parità retributiva tra i sessi, il sostegno dell’occupazione e dell’imprenditoria femminile di qualità e la valorizzazione delle competenze delle donne.
La proposta prevede un investimento di 7,6 milioni di euro per il triennio 2021-2023 su strumenti di contrasto al gap salariale ed interviene su una situazione di grave difficoltà della Regione Lazio nella quale il bilancio dell’occupazione relativo all’anno 2020, secondo gli ultimi dati Istat ed Eures, si chiude con il -2% di occupati corrispondenti a 47 mila unità perse. Di queste 33 mila sono donne per le quali infatti la contrazione del tasso di occupazione risulta maggiore con il – 1,5% a fronte del – 0,5% degli uomini. Se il gap retributivo nel lavoro subordinato, almeno formalmente, è contenuto grazie alla contrattazione collettiva, per le libere professioniste che, nel Lazio, guadagnano in media il 45% in meno dei colleghi uomini, la situazione è allarmante.
La Legge prevede anche un sostegno per il reinserimento sociale e lavorativo delle donne vittime di violenza o con disabilità e l’istituzione di un ‘Registro regionale delle imprese virtuose in materia di parità retributiva’, alle quali attribuire benefici economici e premialità.
Prevede inoltre a una quota del fondo di 600mila euro nel triennio 2021-2023 da riservare al microcredito alle donne in situazioni di disagio sociale e l’accesso al credito delle piccole e medie imprese del territorio regionale a prevalente partecipazione femminile e delle lavoratrici autonome nell’ambito del Fondo nazionale di garanzia per le Pmi, con una dotazione per quest’ultima di di 2,5 milioni di euro per il triennio 2021-2023.
Mansplaining è una parola inglese, un neologismo composto da man, uomo, e explain, spiegare: indica l’atteggiamento di un uomo che spiega a una donna qualcosa di ovvio, o di cui lei è esperta, con il tono di chi parla a una persona stupida o che non capisce.
Ha cominciato a circolare nel 2008, ispirato da un articolo di Rebecca Solnit, scrittrice e femminista statunitense, e dal libro tradotto anche in italiano “Gli uomini mi spiegano le cose” Editore Ponte alle Grazie, 2014. Avviene frequentemente in molti contesti quando si parla di violenza di genere, per esempio, che gli uomini dicono alle donne cosa è meglio per le vittime, quando un uomo spiega ad una donna perché il femminismo è ormai superato “Gli uomini spiegano le cose a me, e ad altre donne, anche quando non sanno di cosa stanno parlando. Alcuni uomini. Le donne sanno a cosa mi riferisco.” – ci ricorda Rebecca Solnit.
Il concetto collegato alla parola mainsplaining, di sottovalutazione della capacità cognitiva delle donne si è diffuso rapidamente nel web, introducendo una riflessione sulla frequenza con cui si verificano situazioni di disparità verbale, simbolica, attitudinale, sociale, artistica, sessuale, psicologica, economica, linguistica, professionale, religiosa, logistica, fisica, grafica e così via.
Nella rubrica dedicata al linguaggio La Voce dei CUG presenta “Vocabolaria”, un progetto promosso da tre autrici – sceneggiatrici, registe, esperte di genere – riunite nell’Associazione culturale Piano F- che vuole contribuire a superare il sessismo linguistico suggerendo alcune semplici regole.
Diverse le proposte culturali del mese di maggio de La Voce dei CUG: il film “Nomadland”, premio Oscar 2021 della regista cinese Chloé Zhao che ha gli ingredienti giusti per ispirare fiducia nel prossimo e ridare speranza alle persone che restano sole e senza sicurezze economiche, e il progetto di Rai Documentari “ La prima donna che”, trenta ritratti di donne pioniere raccontate dalla voce di trenta giovani testimonial in onda su RAI 1, dal 24 maggio.
La rete nazionale dei CUG promuove inoltre il primo evento formativo on line con Laura Calafà di approfondimento della Convenzione OIL n.190/2019, ratificata in Italia con Legge n. 4/202. La Convenzione si applica alle violenze e alle molestie in occasione di lavoro, in connessione con il lavoro o che scaturiscono dal lavoro e, quindi, non nella sfera privata.