La pesca sostenibile e le specie aliene sono state il focus del quarto appuntamento di “A misura di mare: in viaggio per la sostenibilità”.
L’evento, organizzato da Arpa FVG in collaborazione con l’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico Orientale, si è svolto giovedì 26 agosto 2021 sul Molo Audace di Trieste.
Uno dei principali “Goal” dell’Agenda 20301 , è quello di eliminare la fame nel mondo e di raggiungere la sicurezza alimentare, aumentando la produzione di alimenti in un’ottica di sostenibilità degli ecosistemi e delle filiere produttive, anche per quanto riguarda l’attività della pesca. Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine, regolare efficacemente la raccolta e la pesca, mettere in atto i piani di gestione su base scientifica, al fine di ricostituire gli stock ittici, è quanto prevede il goal n°14.
Pesca sostenibile
La mitilicoltura triestina è stata da sempre un fiore all’occhiello del settore ittico regionale. La pesca e la maricoltura nel Golfo di Trieste vantano una tradizione culturale di primo piano che ha fatto scuola in tutto il Mediterraneo: dall’evoluzione nella pesca del pesce azzurro con le sue industrie di conservazione a Barcola, Grado e sulla costa istriana, ai primi allevamenti di molluschi bivalvi, i primissimi risalenti a metà ‘800 nella baia di Muggia.
In un secolo e mezzo la storia della pesca si è evoluta per competenze, tecniche, nuove modalità di esecuzione, fino ad arrivare ad allevamenti marini intensivi che suscitano perplessità sulla loro sostenibilità ambientale.
Ma può esistere un modello di “pesca sostenibile”?
La pesca può definirsi “sostenibile” solo se riesce a soppesare correttamente necessità tra loro contrapposte: quella di produrre reddito per i pescatori e quella di garantire l’equilibrio biologico delle specie animali e vegetali presenti in quell’ecosistema. Equilibri difficili da raggiungere, che richiedono regole precise, una accorta pianificazione e un sistema di controllo efficace.
“Lato mare” il compito di far rispettare gli standard di sostenibilità previsti dalla normativa vigente, europea e nazionale, è affidato al Corpo delle Capitanerie di Porto. Oltre a controlli di natura prettamente amministrativa (licenze di pesca, documenti di bordo, verifica requisiti personale di bordo, etc.), vengono effettuati una serie di controlli lungo tutta la filiera della pesca. Fondamentale risulta l’attività di vigilanza effettuata da remoto, resa possibile dall’esistenza di obblighi a carico dei pescherecci che superano i 10m di lunghezza o che effettuano la pesca di determinati stock ittici, di adottare sistemi di registrazione dei dati relativi all’attività di pesca (giornale di pesca e dichiarazione di sbarco – c.d. logbook), nonché sistemi di localizzazione.
Verifiche ancora più complesse in una realtà produttiva come il Friuli Venezia Giulia, dove la pesca viene svolta principalmente con pescherecci di piccole-medie dimensioni (inferiori ai 10m). In questa situazione risultano di fondamentale importanza i controlli effettuati a mare da parte del personale specializzato della Guardia Costiera, che mirano a verificare il rispetto di tutte le norme vigenti in materia di pesca, la conformità degli attrezzi utilizzati, la tracciabilità ed etichettatura, il rispetto taglie minime, la tutela delle specie protette, etc.
La competenza degli ispettori pesca del Corpo è una competenza molto vasta che interessa tutta la filiera ittica, a tutela del consumatore e dell’ecosistema marino e che interessa tutte le fasi, dalle operazioni di pesca fino al momento in cui il prodotto ittico arriva sulla tavola del consumatori.
Per raggiungere gli obiettivi di pesca sostenibile un anello importante è la ricerca svolta dagli enti preposti come, per la nostra Regione, l’Agenzia regionale per lo Sviluppo Rurale (ERSA) e l’ Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS).
A tale proposito si segnala un’interessante attività sperimentale dell’ERSA per la messa a punto di linee operative finalizzate al ripristino ambientale e alla conservazione della Chamelea gallina (vongola) nel litorale sabbioso tra la foce dell’Isonzo e del Tagliamento.
Sul fronte della programmazione della pesca a lungo termine, invece, troviamo il progetto “Fairsea” dell’OGS, che ha l’obiettivo di creare una piattaforma web in grado di integrare informazioni e dati degli ultimi 20 anni e prevedere gli “scenari futuri” di gestione della pesca in Adriatico.
Specie aliene
Cosa succede quando una nuova specie si introduce in un ecosistema?
Le specie aliene (dette anche “alloctone” o “esotiche”) sono specie animali o vegetali introdotte accidentalmente o deliberatamente in luoghi al di fuori del proprio habitat naturale.
Anche nel Golfo di Trieste si registra un aumento della presenza di queste specie. Oltre agli Ctenofori sono presenti numerosi organismi che necessitano di un’attenta osservazione. Crostacei, molluschi, bivalvi, macro e micro invertebrati per lo più poco noti. Sono tutti “osservati speciali” da parte dei tecnici di Arpa FVG, che effettuano un capillare monitoraggio delle specie aliene, secondo quanto previsto dalla Direttiva “Strategia Marina“.
Ma le specie aliene sono minaccia o ricchezza per la biodiversità marina?
Quando si parla di specie aliene dovremmo chiederci in primis se in quell’ecosistema ci sono risorse sufficienti per tutti gli organismi presenti nell’ecosistema o si instaurano dei meccanismi di competizione tali da minacciare la presenza delle specie autoctone.
Al momento lo Ctenoforo Mnemiopsis leidyi, noto anche come “noce di mare”, di fatto, è la specie aliena che desta maggiore preoccupazione. La sua presenza nel Golfo di Trieste è stata segnalata per la prima volta nel 2005. La noce di mare può rappresentare un notevole problema per l’ecosistema marino: è capace, infatti, di alterare lo sviluppo della catena alimentare, sottraendo cibo a molti pesci e predandone uova e larve. A causa dei suoi effetti negativi è stata inserita nella lista delle 100 specie invasive più dannose al mondo.
Questo Ctenoforo crea seri problemi anche al settore della pesca. A causa della sua presenza massiva, queste masse gelatinose, vanno da intasare gli attrezzi da posta e le reti. Nell’estate 2019 si è registrata una vera e propria invasione, con presenze massicce nella Laguna di Marano e Grado che hanno portato alla sospensione della pesca, proprio per questo motivo.
Queste specie esotiche come arrivano nei nostri ecosistemi?
Molto spesso l’introduzione di specie alloctone in un ecosistema avviene attraverso le acque di zavorra delle navi. Il prelievo e lo scarico di acque di zavorra sono comuni operazioni per la stabilizzazione delle navi durante la navigazione o per le fasi di carico e scarico merci.
Nelle acque di zavorra sono normalmente presenti sia sedimenti, sia organismi (batteri, alghe, piccoli invertebrati, uova e larve), che possono così essere introdotti in un nuovo ambiente.
Il problema delle acque di zavorra quale fonte di inquinamento è stato preso in considerazione dalla Comunità internazionale che nel 2004 ha adottato una convenzione (la Ballast Water and Management Convention), che stabilisce le norme di controllo e gestione di questa tipologia di acque.
Il fenomeno, che è una criticità specifica del Mar Adriatico, è sotto la lente d’ingrandimento anche da parte dell’UE e dei Paesi partecipanti al programma di cooperazione transfrontaliera dell’Adriatico, che hanno approvato il progetto BALMAS (Ballast Water Management System for Adriatic Sea Protection) per l’ adozione di norme comuni di gestione delle acque di zavorra. Nel momento in cui la Convenzione verrà ratificata dall’Italia, gli ispettori del Corpo della Capitaneria di Porto saranno chiamati a garantire il rispetto delle norme della Convenzione.
Anche le Aree Marine Protette hanno un ruolo fondamentale ai fini del monitoraggio e della conservazione della fauna ittica. A loro è affidato, infatti, il compito di tutelare e conservare l’integrità dell’area protetta, le sue caratteristiche geomorfologiche e la biodiversità.
L’Area Marina Protetta di Miramare è l’unica presente in tutto l’Alto Adriatico, ad oggi tutela 30 ettari di biodiversità marino-costiera sottoposti a protezione integrale e 90 ettari di zona cuscinetto.
1: Il programma d’azione sottoscritto dai governi dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite con 17 obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, da raggiungere in ambito ambientale, economico, sociale e istituzionale entro il 2030