Proseguono gli appuntamenti formativi rivolti al personale di ARPA Toscana. Paolo Fulignati (Dipartimento di Scienze della Terra – Università degli Studi di Pisa) e Paolo Conti (Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni – Università degli Studi di Pisa) hanno tenuto la lezione dal titolo “La dimensione energetica del cambiamento climatico. Il geotermico in Toscana: potenzialità e criticità”
La quantità di energia prodotta dalla geotermia è aumentata dal 1995 al 2022, ma il trend ha subito un’accelerazione verso l’aumento della potenza elettrica installata e prodotta a partire dal 2015. Al tempo stesso, sempre negli ultimi anni, si mostra in ascesa anche il trend legato agli usi diretti della geotermia, non per la produzione di energia elettrica ma per la produzione di calore.
Il calore terrestre, ospitato all’interno del nostro Pianeta, è originato da tre principali fonti, il calore
- presente nel nucleo, nel mantello che ha bisogno di miliardi di anni per raffreddarsi
- prodotto dal decadimento degli isotopi radioattivi (uranio e altri)
- prodotto dalla radiazione solare, che interessa i primi metri della superficie terrestre.
Tra le zone più calde in Europa troviamo: l’Italia nella fascia tirrenica, l’Islanda, la Turchia, l’Egeo.
Esistono tre tipologie di centrali geotermiche:
- centrali ad estrazione diretta – a vapore secco
- impianti a flash
- impianti a ciclo binario.
Nel primo gruppo rientrano quelle centrali che dispongono del vapore secco, situazione eccezionale e pertanto alquanto favorevole in quanto si raggiungono temperature fino a 250°, anche se mediamente le temperature sono più basse.
Il secondo gruppo (impianti a flash), invece, sfrutta la risorsa allo stato fluido, liquido, per produrre energia elettrica. Il problema è la temperatura del liquido.
Infine le centrali a ciclo binario utilizzano anch’esse un fluido, un liquido, ma le temperature non sono così elevate da consentire con facilità la produzione di energia elettrica.
In estrema sintesi, possiamo dire che le centrali a vapore e flash hanno bisogno di temperature più alte mentre gli impianti a ciclo binario lavorano con temperature più basse, quest’ultime sono più piccole e producono meno energia elettrica rispetto alle centrali a vapore e flash.
Nelle centrali a vapore secco (esempio Larderello in Toscana) il vapore viene estratto dai pozzi nel sottosuolo ed inviato direttamente in turbina che, girando, produce energia elettrica in virtù del valore energetico di questo vapore. Questa turbina alimenta un generatore elettrico che produce elettricità, una volta finita la sua espansione, finisce nel condensatore dove viene trasformato in liquido, raffreddato e poi re-iniettato nel sottosuolo attraverso i pozzi di iniezione.
Gli elementi impattanti di questo tipo di centrali sono le grandi torri da cui fuoriesce il vapore. Parte dell’acqua nelle centrali viene nebulizzata, nel passaggio da liquido a vapore, l’acqua si raffredda e fuoriesce la nuvola di vapore di colore bianco. Il condensatore per essere efficiente deve essere mantenuto ad una pressione che è inferiore a quella atmosferica, perché questo accada bisogna evitare l’accumulo di gas, questo significa che, se per qualche motivo nel fluido geotermico sono presenti i gas non condensabili (anidride carbonica ed altri) questi devono essere rimossi altrimenti, chiusi, comprometterebbero il livello di pressione del condensatore. Il compressore prende questi gas, li estrae e li riporta a pressione atmosferica, successivamente questi gas vengono trattati e rilasciati in atmosfera.
La questione dei fluidi non condensabili è molto importante. ARPA Toscana è impegnata nel monitoraggio delle emissioni che escono dagli impianti geotermici. Il fluido geotermico è composto prevalentemente da acqua ma, al suo interno, a seconda della natura del campo geotermico, sono presenti dei gas “non condensabili”, per lo più anidride carbonica ma anche H2S (responsabile dell’odore tipico che si percepisce nelle zone della geotermia) ed altri gas.
Gli impianti a flash funzionano utilizzando l’acqua, quindi hanno bisogno di un fluido a pressione ed a temperatura molto elevata. Parte del processo di produzione di energia elettrica è simile a quello visto per le centrali a vapore, ovvero: turbina, generatore e condensatore elettrico ma il punto caratteristico di questi impianti è la presenza di una tecnologia che consente di fare passare l’acqua dalla fase liquida alla fase vapore per mandarlo alla turbina e produrre energia con lo stesso processo visto per le centrali a vapore secco.
La differenza rispetto alle centrali a vapore secco è che, negli impianti flash, il vapore non c’è ma viene creato dal fluido estratto dai pozzi grazie ad un separatore che diminuisce la pressione e separa il vapore dalla parte liquida. Il vapore servirà alla creazione dell’energia elettrica.
Molte fonti geotermiche sono disponibili a temperature inferiori a 150°, una temperatura che necessita di una particolare tecnologia per sfruttare la risorsa geotermica: la tecnologia a ciclo binario in grado di trattare due fluidi. Nel ciclo binario, il fluido geotermico non va in turbina, non partecipa attivamente al processo di produzione di energia ma viene pompato, fatto passare attraverso uno scambiatore di calore e successivamente, una volta raffreddato, viene re-iniettato nel sottosuolo. Nello scambiatore di calore, il fluido geotermico cede il suo calore al fluido binario che non è acqua ma formato da composti organici o idrocarburi. Il fluido geotermico ha lo scopo di riscaldare il fluido secondario che poi genererà energia elettrica. In questo caso non c’è collegamento tra il fluido geotermico e l’esterno, quindi, non c’è bisogno di estrarre i gas non condensati come invece accade in altre tipologie di centrali.
Le centrali a ciclo binario sono più piccole e la risorsa è meno pregiata, pertanto, si ottengono rendimenti più bassi rispetto a quelle ottenute dalle altre tecnologie. Il limite è dato dal fatto che bisogna utilizzare più quantità di massa per ottenere lo stesso megawatt elettrico. Inoltre questi impianti necessitano di importanti quantità di acqua per ottenere il raffreddamento dell’intero processo di produzione della centrale, non si tratta di acqua da sorgente, l’impianto lavora ciclo chiuso ma della cd acqua di reintegro.
La produzione di energia dalla risorsa geotermica ha taluni aspetti di vantaggio da tenere in considerazione, uno di questi è il “fattore di utilizzazione”, che risulta estremamente elevato rispetto alle centrali a combustione fossile (olio, carbone, gas), molto elevato anche rispetto ad altre fonti rinnovabili: l’energia solare, ad esempio, si utilizza per un 15%-20% di tutto il tempo che è a disposizione perché il sole non sempre è alla sua massima potenzialità; quella eolica è tra il 20%- 25% mentre l’energia geotermica, proprio per le sue caratteristiche di continuità, ha un utilizzo che si attesta all’80%, paragonabile a quella nucleare in termini di ore equivalenti di funzionamento.
Inoltre, un’altra caratteristica da valutare è la coltivazione del campo e la sua sostenibilità; aumentando la produzione ed installando nuovi pozzi, si crea uno squilibrio che si argina con la tecnologia della re-iniezione, che ha rimesso in equilibrio, negli anni, la situazione del sottosuolo sia in termini di massa che di energia, favorendo così la sostenibilità della geotermia.
Per quanto riguarda l’impatto sul suolo, vediamo che la produzione di energia dalla risorsa geotermica ha un indice specifico di megawatt impiegati e metri quadri utilizzati per generare un megawatt piuttosto vantaggioso, soprattutto se paragonato al solare, all’eolico o all’idro-elettrico. Certamente l’impatto esiste ma va sempre confrontato con le alternative utilizzate per la produzione di energia, sia essa da fonti fossili o rinnovabili. In definitiva la geotermia ha bisogno di svilupparsi in verticale e non in orizzontale, questo rappresenta un vantaggio in quanto consuma meno suolo ma uno svantaggio per quanto riguarda l’impatto sul paesaggio.
La geotermia ha un potenziale anche a temperature non necessariamente elevate non tanto per la produzione di energia elettrica ma ai fini del riscaldamento e raffreddamento di edifici oppure per usi agricoli: acquacoltura, climatizzazione delle serre oppure per quelli industriali: cartaceo, alimentare, ecc., dove non c’è bisogno di 200° ma di tanta energia a 80°- 100°. In queste situazioni l’energia geotermica può essere vista come un’ottima risorsa.
L’utilizzo della geotermia mostra, quindi, non solo vantaggi economici ma anche ambientali, primo fra tutti la mancanza delle emissioni legate alla combustione delle fonti fossili. Le emissioni prodotte sono ridotte soprattutto se paragonate alle centrali a carbone o ad altre tipologie di centrali per la produzione di energia.