Sono giunte fino alla Valle d’Aosta le polveri sprigionate nelle scorse settimane da alcuni devastanti incendi in Canada. Il fenomeno era stato previsto dal modello europeo, come dimostra questa simulazione, ed è stato distintamente rilevato dalla strumentazione dell’osservatorio solare e atmosferico di ARPA Valle d’Aosta.
Chi, tra ieri e oggi, ha osservato il cielo, non avrà potuto fare a meno di notare un’atmosfera “lattiginosa”, peraltro in grado di annebbiare il panorama delle montagne. Questo effetto è spesso dovuto alla presenza in atmosfera di piccole particelle, le cosiddette “polveri”, che diffondono attorno a sé la luce solare.
In Valle d’Aosta, alle polveri emesse localmente, per esempio dal traffico, dal riscaldamento o dal risollevamento ad opera del vento, si aggiungono frequentemente le particelle trasportate dalla Pianura Padana, perché la direzione prevalente del vento nei pomeriggi di bel tempo è dalla pianura alla montagna (brezza). Non sono nemmeno rari gli episodi in cui giungono alla nostra regione le polveri dal deserto, come quello della scorsa settimana (19-22 giugno 2023), durante il quale gli osservatori più accorti avranno notato che la pioggia lasciava macchie marroncine.
L’effetto degli incendi canadesi sull’Europa, quindi sulla Valle d’Aosta
Nell’evento in corso, e previsto ancora per i prossimi giorni, tuttavia, alle polveri “padane” e a quelle desertiche ancora in circolo, si è sommata un’altra tipologia di particelle. Da settimane, infatti, sono in corso enormi incendi in vaste aree del Canada orientale e occidentale: Columbia Britannica, Alberta, Quebec e Ontario.
Si stima che l’area colpita sia di 76.000 km² (Reuters) giusto a titolo di confronto, la superficie della Valle d’Aosta è di 3.263 km², e che gli incendi abbiano emesso in atmosfera un quantitativo record di carbonio pari a 160 milioni di tonnellate.
Come riportato dai media di tutto il mondo a inizio giugno, il fumo generato dagli incendi canadesi ha avvolto la costa orientale degli Stati Uniti, creando gravi problemi nella qualità dell’aria, per esempio, a New York.
Quando le particelle degli incendi, anche grazie alla spinta verso l’alto dentro nubi simili a quelle dei temporali (“pirocumulonembi“), raggiungono quote molto elevate, entrano nelle correnti del vento globali, che possono sospingerle per migliaia di km (in questo caso, verso est, cioè verso l’Europa).
Le rilevazioni
Gli strumenti di ARPA Valle d’Aosta hanno rilevato alcuni strati elevati già nella prima metà di giugno.
Ieri si è reso visibile ancora più distintamente uno strato di polveri a 6000 m di quota, poi sceso verso terra. Ulteriori strati sono visibili anche oggi, 28 giugno.
La strumentazione sensibile alla radiazione solare, e quella basata sull’emissione di un laser, indicano particelle in quota grandi approssimativamente qualche decimo di micron e di forma sferica, caratteristiche compatibili con la loro origine. A terra è stato notato nella giornata di ieri un leggero aumento delle polveri PM10 in corrispondenza dell’arrivo a terra dello strato, con dimensioni simili a quelle misurate in atmosfera.
Le concentrazioni di PM10 non destano preoccupazione e sono pienamente entro i limiti normativi.
La rete di strumenti laser del CNR (Alicenet), alla cui nascita ha contribuito anche ARPA Valle d’Aosta, ha individuato la presenza di uno strato di polveri anche in altre stazioni italiane, come presso il Monte Cimone (circa 2100 m slm in provincia di Modena).
Benché tali polveri possano causare problemi alla salute in aree molto vicine alla loro emissione, nel caso della Valle d’Aosta esse sono state fortemente diluite all’interno delle masse d’aria durante il lungo trasporto. Altri effetti delle polveri sull’ambiente riguardano l’attenuazione della radiazione solare e i conseguenti effetti sul riscaldamento o raffreddamento dell’atmosfera, nonché la loro deposizione su superfici innevate o i ghiacciai.
Ci si attende che episodi di questo tipo possano aumentare nel futuro a causa dell’aumento globale delle temperature (fonte Nature).