La relazione annuale della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo dedica uno specifico capitolo alla criminalità ambientale.
La Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo ha presentato e reso disponibile la relazione annuale sulle attività svolte dal Procuratore nazionale e dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo nonché sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso.
Uno specifico capitolo è dedicato al tema Criminalità ambientale. In esso si ricorda come già in occasione delle relazioni degli anni precedenti si erano delineate le tendenze (confermate in questa relazione) della criminalità ambientale in tema di traffici di rifiuti, evidenziando come l’essenza del fenomeno non dovesse cercarsi nelle ingerenze della criminalità mafiosa nello specifico settore, bensì nelle deviazioni dal solco della legalità, per puro e vile scopo utilitaristico:
▪ delle imprese svolgenti attività generatrici di rilevanti quantitativi di rifiuti, il cui corretto smaltimento avrebbe dovuto avere un posto di riguardo nella organizzazione aziendale;
▪ nonché delle imprese svolgenti attività nello specifico settore della gestione dei rifiuti.
A sostegno di queste valutazioni, la relazione cita indagini che ormai hanno dato i loro effetti pubblici, che hanno svelato attività criminali nel settore dei rifiuti di aziende fra le più importanti di questo Paese.
Indagini che hanno rivelato aperte violazioni della normativa ambientale da parte di veri e propri “giganti” i quali, “a dispetto del prestigio connesso alla loro posizione, non hanno esitato a porre in essere quelle condotte al solo scopo utilitaristico, ovverosia di risparmiare sulle spese per il corretto smaltimento dei loro rifiuti. Per di più creandosi così una disponibilità finanziaria possibile fonte di utilizzazioni “alternative”, secondo il trend ricorrente. (…) Come del resto è normale che sia proiettandosi il delitto ambientale in quella particolare orbita dei delitti dell’impresa deviata, quindi dell’economia deviata, quindi della politica deviata.”
La relazione cita casi di indagini effettuate in varie parti d’Italia, sottolineando come “Il quadro che ne emerge è, da un lato, desolante e, dall’altro, tale da stimolare ulteriormente all’impegno chi ha il compito di analizzare tale realtà per portare a perfezionamento la strategia di contrasto di questa pericolosissima criminalità che, vestendo i panni di quella stessa legalità cui arreca pregiudizio, risulta ben più pericolosa di altre, ivi compresa quella di tipo mafioso dalla quale, dopo il noto periodo che va dalla fine degli anni ’80 a quella degli anni ’90, risulta essersi separata, avendo ben compreso il pericolo rappresentato dal fatto di essere quella criminalità potentemente e costantemente sotto il riflettore delle investigazioni. Con la potenziale conseguenza di queste ultime di coinvolgere tutti coloro che con il detto crimine si interfacciavano.
Ed, invece, il crimine ambientale oggi si basa sulle proprie forze e può ben definirsi sostanzialmente autoreferenziale, grazie alla capacità che ha avuto di perfezionarsi anche al fine di rendersi completamente autosufficiente, con la sola eccezione della necessità e/o opportunità che ha chiunque opera in grande stile in ambiti criminali che creano ricchezza illecita di instaurare rapporti con i pubblici poteri attraverso lo strumento della corruzione.
Sicché, se nel periodo passato di cui s’è detto le strutture dedite alla alterazione criminale del ciclo dei rifiuti, per disporre di luoghi ove smaltire illegalmente, si erano rivolte alla camorra, oggi sono in condizioni di disporre di discariche legali ove operare illegalmente, avendo nel frattempo utilizzato gli strumenti offerti dai circuiti finanziari per fare fronte, acquisendo la disponibilità di tutto ciò che occorre, ad ogni esigenza connessa alla gestione del ciclo predetto.
Vuol cioè dirsi che in una situazione che vede concentrarsi nelle mani di un numero limitato di imprese la gestione in questione, è quasi la regola che queste dispongano di tutte le articolazioni aziendali occorrenti per il prelievo, il trasporto, il trattamento ed il successivo avvio verso la destinazione finale che, in verità, solo in parte limitata è quella che dovrebbe essere, ovverosia il recupero o il riciclo, essendo invece riservata alla discarica la parte più significativa dei rifiuti.
È, invero, invalsa, nel settore imprenditoriale in questione, la consapevolezza che i maggiori margini di guadagno corrispondono al minore impegno nella gestione, specie in termini di (mancato) svolgimento di quelle attività di trattamento necessarie per evitare lo smaltimento in discarica.”
La Relazione continua ancora, entrando in dettaglio in valutazioni sull’applicazione della legge che ha introdotto gli ecoreati, affermando, fra l’altro: “Quindi, niente di quanto paventato dai detrattori della legge, sì da potersi concludere che, spesso, la tendenza a discettare per puro spirito critico finisce per assecondare e, comunque, agevolare un crimine le cui caratteristiche ed i cui spregevoli scopi si sono sopra delineati, e che dispone di fior di esperti e specialisti, pronti a mettere i loro strumenti a disposizione dell’illecito.”