Al centro del Sinodo, convocato da Papa Francesco e svoltosi nel mese di ottobre 2019, vi è stata l’Amazzonia con la sua storia e la sua attuale vicenda, ovvero un tema centrale per l’intera umanità, perché paradigmatico delle sfide che sta vivendo tutto il pianeta. In questa regione si concentrano infatti le grandi questioni globali, da quella ambientale, a quella migratoria, alla convivenza tra culture e religioni differenti.
L’Amazzonia copre 9 Paesi (Brasile, Bolivia, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Suriname, Venezuela, includendo la Guyana Francese come territorio d’oltremare) è abitata da oltre 33 milioni di persone, di cui circa 2,5 milioni indigeni, è quindi multi-etnica, pluri-culturale e pluri-religiosa; con più di 7,5 milioni di chilometri quadrati, rappresenta una delle maggiori riserve di biodiversità del pianeta (dal 30 al 50 % della flora e fauna del mondo), di acqua dolce (20% dell’acqua dolce non congelata di tutto il pianeta); possiede il 34% di tutte le foreste primarie del pianeta e svolge un ruolo importante per l’anidride carbonica che assorbe e per l’ossigeno che fornisce.
Nonostante questo immenso patrimonio, questa area risulta la seconda più vulnerabile al mondo a causa dei cambiamenti climatici provocati dall’uomo, come la devastazione indiscriminata della foresta o la contaminazione delle risorse idriche a causa dell’uso incontrollato di prodotti agrotossici, spargimento di petrolio, attività mineraria anche illegale, dispersione dei derivati della produzione di droghe. La crescita smisurata delle attività agricole, estrattive e di disboscamento dell’Amazzonia se da una parte ha danneggiato la ricchezza ambientale della regione, dall’altra ha anche impoverito la realtà sociale e culturale.
Da questa terra, più che da ogni altra, può arrivare, secondo il pontefice, un messaggio di conversione integrale, anche ecologica. I popoli dell’Amazzonia, infatti, hanno sempre vissuto in stretta interdipendenza con l’ambiente, con la sua foresta ed i suoi fiumi: i contadini utilizzano le risorse delle terre inondabili affidandosi al movimento ciclico dei loro fiumi, con la consapevolezza che “la vita dirige il fiume” e “il fiume dirige la vita”; inoltre, i popoli che vivono nella foresta vivono con ciò che la terra e la foresta stessa offrono loro. Questi popoli custodiscono i fiumi e la terra, nello stesso modo in cui la terra si prende cura di loro.
Questa simbiosi tra uomo ed ambiente ci fa comprendere come il tema ambientale riguardi tutti e che tutti siamo connessi tra di noi e allo stesso tempo con la terra, un messaggio che il Papa aveva già lanciato con la sua Laudato si’.
Il documento, risultato dello scambio svoltosi nelle tre settimane di lavori del Sinodo, denuncia dunque lo scempio prodotto dalle attività dell’uomo sull’Amazzonia e sui suoi abitanti, richiamando la necessità di un progetto comune per questa terra: sviluppo integrale e sostenibile e quindi allevamento e agricoltura sostenibili, energia pulita, rispetto delle identità e dei diritti dei popoli tradizionali, acqua potabile per tutti.
Le riflessioni del Sinodo superano però l’ambito strettamente amazzonico, guardando anche verso il futuro di tutto il pianeta, richiamandosi ancora a quanto contenuto nell’Enciclica di Papa Francesco che invita ad uno stile di vita nuovo, che supera l’individualismo e l’ossessione del consumo, uno stile di vita che le culture occidentali possono sicuramente imparare da quelle tradizionali amazzoniche.
Nel documento finale il quarto capitolo è dedicato alla “conversione ecologica”.
“A fronte di “una crisi socio-ambientale senza precedenti”, il Sinodo invoca una Chiesa amazzonica in grado di promuovere un’ecologia integrale ed una conversione ecologica secondo cui “tutto è intimamente connesso”. L’auspicio è che riconoscendo “le ferite causate dall’essere umano” al territorio, siano ricercati “modelli di sviluppo giusto e solidale”. Ciò si traduce in un atteggiamento che colleghi la cura pastorale della natura alla giustizia per i più poveri e svantaggiati della terra. L’ecologia integrale non sia intesa come un cammino in più che la Chiesa può scegliere per il futuro, ma come l’unico cammino possibile per salvare la regione dall’estrattivismo predatorio, dallo spargimento di sangue innocente e dalla criminalizzazione dei difensori dell’Amazzonia. La Chiesa in quanto “parte di una solidarietà internazionale” favorisca il ruolo centrale del bioma amazzonico per l’equilibrio del pianeta e incoraggi la comunità internazionale a fornire nuove risorse economiche per la sua tutela, rafforzando gli strumenti della convenzione quadro sul cambiamento climatico.”
La sintesi del documento finale
Per approfondimenti: il sito del Sinodo per l’Amazzonia
Testo a cura di Maddalena Bavazzano