Arpatnews ha parlato più volte parlato di arte e ambiente (Intervista a Edoardo Malagigi che realizza un capodoglio con i tetrapak usati – Il Terzo Paradiso di Pistoletto) e di sostenibilità della moda (Timeout per la moda usa e getta – La moda non può essere un costo per l’ambiente – Museo Ferragamo: Sustainable Thinking – Moda, impatti ambientali e scelte dei consumatori – Carta per la moda sostenibile e a favore del clima – Sostenibilità ambientale ed economia circolare nel tessile).
Questa volta vediamo i due temi insieme, segnalando un esempio che, al momento, ci risulta unico in Italia, il MoRA, cioé il Museo dell’Arte Riciclata in Italia.
È stato fondato a dicembre 2018 da una giornalista Rai, Mariaceleste Amalia de Martino, americana, nata negli Stati Uniti, a New York City, figlia di un imprenditore americano e di una stilista italiana.
Il MoRA si trova a Roma, è a entrata gratuita e niente di quanto presentato è in vendita. Per visitarlo è necessario prenotarsi.
Il MoRA è uno spazio dove sono esposte varie opere di diversi artisti del “riuso-riciclo” creativo che usano materiali di scarto per farne oggetti di arredo, moda e abbigliamento. La corrente artistica esprime la voglia di “pulire” il nostro pianeta, evitando ogni spreco.
Dal gilet fatto con zip colorate alla lampada nata da una bottiglia di vetro, dalla collana composta dai blister dei medicinali a quella con rondelle e farfalle della ferramenta. E ancora: borsa fatta di cavo elettrico, scarpe decorate con i vecchi mattoncini per costruzione dell’infanzia o adornate con i centesimi avanzati nel borsellino, parure creata con lenti di occhiali o fatta di diapositive, collier con anelli dei colli di bottiglie di plastica, collana di matite, borsa di tappi o di pellicola cinematografica e tanti altri oggetti di design, arredo e moda.
“Apple è nata in un garage. Gesù in una stalla. Forse anche il MoRA può crescere ed espandersi”, afferma de Martino.
“Lancio un appello alle istituzioni: offritemi uno spazio più ampio dove ospitare più artisti, ce ne sono tanti che creano capolavori con materiale di scarto. La mia linea di accessori ‘Pop Art’ si chiama ‘Da Cosa Nasce Cosa’, quindi magari da piccolo museo diventerà un grande museo”, spiega de Martino. E aggiunge orgogliosa: “Ho ricevuto i complimenti anche dalla Direzione Musei del Ministero dei Beni Culturali e dal Comune di Roma”.
“Nulla è in vendita al museo: gli oggetti fanno parte del mio guardaroba, della mia vita quotidiana. Espongo solo per mostrare cosa si può fare con qualcosa che sembra inutile o da buttare. Voglio sensibilizzare le persone a riutilizzare quello che ormai si considera immondizia, destinata a morire per sempre. Invece, tutto può continuare a vivere, trasformato per rinascere. Io rianimo e ridò vita alla spazzatura morta. Persino con i tubi di cartone all’interno dei rotoli di carta igienica ho creato una pochette. Da una catena di plastica trovata in una discarica ho fatto una borsa. E ho anche lavorato ai ferri dei cavi di caricabatteria di vecchi telefoni cellulari e ne ho fatto degli orecchini. In mostra anche una collezione privata di oggetti di vari artisti che ho acquistato in giro per il mondo”.