Le procedure di infrazione europea a carico dell’Italia in materia di acque

In questa articolo, come già fatto per le infrazioni in tema “rifiuti”, facciamo il punto sulle procedure in materia “acque” attualmente in essere nel nostro Paese, entrando nel merito delle singole infrazioni e cercando di approfondirne le motivazioni e l’andamento.

Tra le 20 procedure di infrazioni in materia ambientale a carico dell’Italia, la matrice “acque” è interessata in ben 5 casi.

Nella tabella che segue per ogni infrazione si riporta il tipo di inadempienza, la norma europea violata o non recepita e la fase dell’iter procedurale. 

A margine della notizia una breve descrizione di cosa sono e come si svolgono le procedure di infrazione europee può aiutare nella lettura.

ProceduraTipo inadempienzaDirettiva violata/non recepitaFase
 2018/2249 sbagliata applicazione 1991/676 1
 2017/2181 sbagliata applicazione 1991/271 2
 2014/2059 sbagliata applicazione 1991/271 3
 2009/2034 sbagliata applicazione  1991/271 4
 2004/2034 sbagliata applicazione 1991/271 4

La direttiva 1991/271 sulle acque reflue urbane è oggetto di 4 infrazioni attualmente in essere a carico dell’Italia, la prima aperta nel 2004 e l’ultima nel 2017.

Nel 2004 la Commissione europea dà avvio alla procedura 2004/2034 che si concretizza nel 2012 con la prima sentenza di condanna da parte della Corte europea di giustizia (causa 565/10) per il mancato rispetto da parte dell’Italia degli artt. 3 (reti fognarie per le acque reflue urbane) e 4 (trattamento depurativo dei reflui) per agglomerati maggiori di 15.000 AE che scaricano in aree non sensibili e dell’art. 10 (adeguatezza degli impianti). Nel 2018 la Corte di giustizia ritiene che l’Italia non abbia posto in essere tutte le azioni volte a dare esecuzione alla prima sentenza e per tale motivo (causa 251/17), condanna l’Italia al pagamento di una somma forfettaria pari a 25 milioni di euro oltre a una penalità giornaliera di 165.000 euro al giorno pari a 30.112.500 per ciascun semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per ottemperare alla prima sentenza. La Commissione ha constatato il mancato rispetto delle disposizioni in una serie di agglomerati situati nelle Regioni Abruzzo, Campania, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Puglia e Sicilia.

Sullo stesso tema, si aggiunge nel 2009 un’altra infrazione (2009/2034) che si concretizza nel 2014 con una sentenza della Corte europea di giustizia (causa 85/13) per il mancato rispetto degli artt. 3 e 4 per agglomerati maggiori di 10.000 AE che scaricano in aree sensibili e dell’art. 10. La Commissione ha constatato il mancato rispetto delle disposizioni in una serie di agglomerati situati nelle Regioni Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Valle d’Aosta e Veneto.

Nel 2014 la Commissione dà avvio ad un’altra infrazione (2014/2059) che la porta ad aprire nel 2019 un ricorso alla Corte europea di giustizia (causa 668/19). La Commissione ha constatato il mancato rispetto da parte dell’Italia degli articoli 3, 4, 5 e 10 della direttiva in alcuni agglomerati situati nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto.

Nel 2017 la Commissione apre l’ultima infrazione (2017/2181) in tema di acque reflue per violazioni della direttiva 1991/271 in merito agli artt. 3, 4, 5, 10, 15. Nel 2019 la Commissione invia alle autorità italiane un parere motivato per 237 agglomerati con oltre 2.000 AE che non dispongono di adeguati sistemi di raccolta e trattamento delle acque di scarico urbane, distribuiti in 13 regioni italiane: Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana.

Nel 2017 viene nominato un Commissario Straordinario Unico per il coordinamento e la realizzazione degli interventi funzionali a garantire l’adeguamento, nel minor tempo possibile, alle sentenze di condanna. Il Commissario ha competenza su 151 interventi distribuiti su 91 agglomerati: 123 interventi si riferiscono alla causa 565/10 e 28 interventi sono relativi alla causa 85/13.

Nella tabella è possibile vedere la distribuzione degli agglomerati interessati dalle 4 procedure di infrazione, aggiornata a maggio 2020, con l’indicazione del numero e carico generato. (fonte MATTM). 

Per quanto riguarda la Toscana, che non è coinvolta nelle procedure di infrazione comunitaria che hanno già comportato sentenze di condanna (2004/2034 e 2009/2034), in tabella è riportata la situazione, al luglio 2020, degli agglomerati toscani interessati dalle infrazioni 2014/2059 e 2017/2181 (fonte Elaborazioni ReOPEN SPL su dati MATTM, Dipartimento per le Politiche Europee – PCM e Commissione UE)

Sempre in tema di acque, nel 2018 la Commissione invia all’Italia una prima lettera di costituzione in mora (procedura infrazione 2018/2249), per violazione della direttiva sui nitrati (1991/676), invitando le autorità a garantire la stabilità della rete di monitoraggio dei nitrati, procedere a un riesame, proseguire nella designazione delle zone vulnerabili ai nitrati in varie regioni ed adottare misure supplementari o azioni rafforzate per conseguire gli obiettivi della direttiva in diverse regioni; tutte le regioni italiane, ad esclusione del Trentino Alto Adige e Valle d’ Aosta, sono coinvolte dalla procedura. Successivamente si svolge un intenso dialogo con le autorità italiane, che porta ad alcuni progressi, tuttavia sono necessarie ulteriori misure per affrontare i problemi rimanenti. La Commissione invia pertanto all’Italia una lettera di messa in mora complementare nel mese di dicembre 2020, concedendole due mesi per affrontare le carenze individuate, trascorsi i quali la Commissione potrà decidere di inviare un parere motivato. L’Italia infatti oltre a non aver ancora pienamente attuato le misure indicate nell’avvio della procedura d’infrazione, ha aggiunto due elementi ulteriori che motivano la seconda messa in mora: ha accorciato il periodo annuale di chiusura continua durante il quale è vietato l’uso dei fertilizzanti e non ha provveduto a rivedere alcuni programmi d’azione regionali.


Iter delle procedure di infrazione
La Commissione europea, che ha la responsabilità di verificare il rispetto del diritto Ue negli stati membri, può intervenire in due casi: quando non viene recepita integralmente una determinata direttiva entro il termine stabilito, oppure quando le norme non vengono applicate correttamente. Nel dettaglio una procedura d’infrazione può essere avviata per tre motivi:

  • mancata comunicazione, se lo stato membro non comunica in tempo alla Commissione le misure scelte per implementare la direttiva
  • mancato recepimento, quando la Commissione valuta la legislazione dello stato membro non in linea con le indicazioni della legislazione europea
  • sbagliata applicazione, qualora la legge europea non venga applicata, o sia applicata incorrettamente, dallo stato membro

Le procedure di infrazione, oltre ad essere avviate da indagini interne della Commissione, possono avere inizio anche per una denuncia di non rispetto del diritto europeo da parte di cittadini, aziende e organizzazioni non governative. Quattro sono le possibili fasi in cui si può trovare una procedura di infrazione, le prime due sono il precontenzioso e le altre due il contenzioso

  1. (art 258) la Commissione europea manda una lettera di costituzione in mora al governo del paese sotto indagine, che deve rispondere con spiegazioni entro un tempo prefissato.
  2. se lo stato membro non risponde, o risponde in maniera non soddisfacente, la Commissione può decidere di mandare un parere motivato in cui chiede di adempiere alle mancanze normative entro un dato giorno
  3. se lo stato membro continua a non adempiere, la Commissione può decidere di aprire un contenzioso facendo ricorso alla Corte europea di giustizia; se quest’ultima ritiene che il paese in questione abbia effettivamente violato il diritto dell’unione, può emettere una sentenza richiedendo alle autorità nazionali di adottare le giuste misure per adeguarsi.
  4. (art 260) se, nonostante la sentenza della Corte di giustizia, il paese continua a non correggere la situazione, la Commissione può deferirlo nuovamente alla Corte proponendo che questa imponga sanzioni pecuniarie (somma forfettaria e/o pagamenti giornalieri).

Per approfondire:

Testo di Maddalena Bavazzano

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