Secondo il rapporto McKinsey “Fashion retail after Covid” per il settore moda è “allarme rosso”; già prima del Covid-19 non c’era ottimismo, pur rimanendo questo settore industriale uno tra quelli in grado di generare tra i più altri profitti, fino a 2,5 trilioni di dollari ogni anno, ma, ora, la situazione sembra drammaticamente precipitata.
Le ripercussioni sono evidenti, il comparto infatti ha forti interconnessioni a livello mondiale e se la Cina appare in via di ripresa, l’Europa e l’America sono ancora in sofferenza, per non parlare dei paesi come Bangladesh, India, Cambogia, Honduras e Etiopia, dove viene prodotta molta parte del tessile ma anche delll’abbigliamento venduto in tutto il mondo.
La crisi ha sferrato colpi non solo alla produzione ma anche al consumo, per quest’ultimo, le stime parlano di contrazione nelle vendite pari al 5%- 20% in Europa, 30-40% negli Stati Uniti e dal 15% al 25% in Cina.
Come uscire da questa tempesta? Il rapporto McKinsey propone 5 temi su cui le aziende del settore tessile-moda dovrebbero riflettere per prepararsi al post-Covid:
- Maturare l’istinto di sopravvivenza
Per superare la recessione dei mercati, sarà necessario essere resilienti e in grado di adottare nuovi modelli operativi, che contemplino interventi audaci e rapidi in grado di rendere stabile il “core business” aziendale.
- Essere disposti a fare sconti
Gli sconti rappresenteranno un elemento di forte attrattiva per tutto il resto del 2020, la cultura dello shopping a buon mercato subirà un contraccolpo dovuto, in particolare, alla crescente cultura dell’anti-consumismo e alla scarsa disponibilità economico-finanziaria di molti consumatori.
- Convertirsi al digitale
Il distanziamento sociale ha aiutato a fare crescere il mercato digitale, con la Pandemia, infatti, la digitalizzazione è divenuta una priorità. Le aziende del settore dovranno essere in grado di cogliere le opportunità di questo nuovo mercato, perché i consumatorI continueranno ad utilizzare i canali on line per i loro acquisti e le aziende dovranno essere sempre più veloci nelle consegne.
- Essere darwiniani, pensare alle leggi di Darwin
La crisi spazzerà via con facilità le aziende più “deboli”, quelle che già prima della crisi si mostravano non in grado di stare sul mercato e darà slancio ai più “forti e audaci”, che sapranno cogliere le novità ed acquisire nuovi spazi sul mercato.
- Innovare
Le imprese per superare le restrizioni, mitigare i danni e adattarsi al cambiamento dovranno rinnovarsi nell’intera catena di produzione, i cambiamenti dovranno essere radicali per essere duraturi.
Per superare questa situazione dovuta alla Pandemia, l’intero settore dovrà introdurre importanti innovazioni ma anche fare propri nuovi valori, come quello della sostenibilità. Questo è quanto emerge dall’indagine effettuata da Cikis, società di consulenza, che ha elaborato il “Rapporto sulla moda e la sostenibilità 2020”, dove si evidenzia come, in Italia, il comparto tessile moda, a seguito dell’emergenza sanitaria Covid-19, abbia avviato un ripensamento dell’intera filiera di produzione, puntando, anche, alla sostenibilità.
Lo studio di Cikis ha analizzato la situazione delle piccole e medie imprese italiane (PMI) attraverso interviste telefoniche a fondatori, management e proprietà per un totale di 83 aziende, che hanno risposto, in larga maggioranza, di avere iniziato ad introdurre pratiche di sostenibilità nelle loro produzioni, purtroppo, però, l’indagine mette in luce anche la mancanza di una visione dei molteplici aspetti che ruotano attorno al tema della sostenibilità.
Il 60% degli intervistati non conosce bene questo tema che non si limita ai materiali ma comprende anche il risparmio energetico, i processi produttivi, il packaging, la distribuzione e molto altro ancora.
Anche sul fronte della comunicazione aziendale, l’indagine evidenza alcune carenze, infatti, se il 60% delle imprese dichiara di volere comunicare il proprio impegno verso la sostenibilità, poi, però, non si muove in questa direzione per per mancanza di budget, creando una comunicazione che troppo spesso si presenta come generica, ovvero non diretta a specifici destinatari, e non in grado di valorizzare l’impegno nei confronti dell’ambiente e dei consumatori intrapreso.
Delle aziende intervistate, il 22% ha individuato la sostenibilità come “tendenza o speranza post Covid-19”, il 15,9% desidera ritmi più lenti in grado di valorizzare la qualità mentre il 9,8% spera in una maggiore solidarietà lungo tutta la filiera.
Il 73% ha iniziato ad occuparsi di sostenibilità nel processo di produzione ma il 28, 6% ha intrapreso azioni limitate, come la sostituzione della tipologia di imballaggio, mentre altre (46,3%) hanno puntato a misure in grado di incidere sugli elementi maggiormente critici, sia dal punto di vista ambientale che sociale.
Il 62% delle piccole aziende che ha sperimentato l’attuazione di misure di sostenibilità all’interno della propria azienda ritiene che l’esperienza sia positiva, tanto che il 56% non ha citato elementi di criticità tali da impedire il processo di rinnovamento della propria impresa verso la sostenibilità , se non alcuni dubbi circa l’impegno economico richiesto. Quest’ultimo elemento, invece, non viene quasi per nulla considerato da chi si è già avviato su questa strada, in quanto ne percepisce con chiarezza i vantaggi derivanti.
La maggior parte delle aziende, parlando di sostenibilità, pensa a quella ambientale, molto meno a quella sociale, ed in particolare fa riferimento alla naturalità dei materiali, che, come indica anche lo studio Benchmark for fibers predisposto da Made by, può non avere a che fare con il concetto di sostenibilità.
Uno degli elementi da tenere in maggiore considerazione, per essere un’azienda ambientalmente sostenibile, è quello legato al consumo di energia ed alle emissioni in atmosfera, che incidono sul cambiamento climatico.
Accanto a questi due aspetti: energia e inquinamento atmosferico, altrettanto importante risulta essere il risparmio idrico e l’eliminazione di molti prodotti chimici ancora troppo in uso nel comparto produttivo tessile-moda.
Tra le imprese intervistate, solo 6 hanno citato la tracciabilità della filiera come un elemento primario per la sostenibilità aziendale. Senza visibilità sulle “performances” ambientali dell’intera filiera risulterà difficile lavorare strategicamente.
Il mercato, in ogni caso, mostra una crescente sensibilità nei confronti della sostenibilità e i consumatori cominciano ad essere selettivi e più esigenti nelle loro scelte di consumo, abbandonando quei brand che non si mostrano sensibili a questo tema o che lo sfruttano solo per farsi pubblicità. I consumatori si mostrano interessanti sia al rispetto della sostenibilità ambientale che sociale, e non guardano solo ai materiali, ma anche alla trasparenza dell’intera filiera, mostrandosi in questo senso “più maturi” rispetto alle piccole e medie imprese italiane (PMI).
Secondo Cikis, le nostre aziende, medie e piccole, dovrebbero tenere conto della sensibilità verso la sostenibilità maturata nei consumatori, che probabilmente aumenterà dopo la crisi dovuta al Covid-19, e devono approcciare questa tematica tenendo conto maggiormente dei dati e della ricerca. Questo richiede anche che le competenze all’interno delle aziende aumentino e si specializzino in certi ambiti, come la tutela dell’ambiente.
Per approfondire: Report McKinsey Fashion retail after Covid e Report Cikis Moda e Sostenibilità-2020.