Da gennaio 2020 è entrato in vigore anche in Italia il divieto di commercializzare alcune tipologie di cosmetici contenenti microplastiche. Come possiamo contribure a evitare che queste sostanze inquinino i fiumi, il mare ed il suolo.
La campagna #Faidafiltro
Nel 2017, anche a seguito dell’appello #Faidafiltro, lanciato da Marevivo, Legambiente, Greenpeace, Lav, Lipu, MedSharks e WWF, il Parlamento italiano si era mostrato sensibile al problema, tanto che, con un emendamento alla legge di Bilancio 2018 (Legge 27 dicembre 2017, n. 205, G.U. n.302 del 29-12-2017 – Suppl. Ordinario n. 62), aveva introdotto il divieto di mettere in commercio prodotti cosmetici da risciacquo ad azione esfoliante o detergente contenenti microplastiche, posticipandone l’entrata in vigore al gennaio 2020.
Da tale data, pertanto, non è più possibile vendere prodotti per la cura della persona che contengano piccoli e piccolissimi frammenti di plastica, in genere, di grandezza inferiore a 5 millimetri. Questi non vengono trattenuti dai più comuni sistemi di depurazione e finiscono direttamente in mare, generando un inquinamento delle acque anche marine oppure finiscono nei fanghi di depurazione utilizzati in agricoltura.
L’allarme per l’inquinamento da microplastiche degli oceani
Già nel 2016, il Rapporto Frontiers dell’UNEP aveva lanciato l’allarme, inserendo l’inquinamento da microplastiche negli oceani tra minacce ambientali emergenti. Bisogna comunque dire che quelle che vengono intenzionalmente inserite nei prodotti cosmetici rappresentano solo una parte di tutte le microplastiche presenti nei mari. Il dato ancora non è certo, secondo alcuni studi, costitutuiscono una quota compresa tra lo 0,01% e il 4,1% del totale, secondo altri, invece, sono in una percentuale compresa tra lo 0,01% e l’1,5% sul totale delle fonti. L’Unep, nel 2015, nel suo rapporto “ “Plastic in Cosmetics” stimava che si riversava, ogni giorno, nei mari europei fino a 24 tonnellate di “polvere” di plastica derivata dall’uso di cosmetici, per un totale di 8600 tonnellate l’anno.
Plastic_in_cosmetics_Are_we_polluting_the_environment_through_our_personal_care_-2015PlasCosa possiamo fare noi
In ogni caso l’impatto ambientale prodotto da queste microplastiche può essere evitato, visto che, per questi piccolissimi frammenti di plastica nei cosmetici e nei prodotti per la cura personale, esistono già varie alternative rispettose dell’ambiente, come i micro-granuli di pomice, i semi di albicocca, i semi di jojoba, i micro-granuli di zucchero o di gusci di noci o gli estratti di lampone rosso.
Molto dipende anche da noi, come consumatori, infatti, quando compriamo un prodotto per la cura della persona o un prodotto cosmetico, possiamo fare attenzione alle diciture, che indicano la presenza di micro plastiche, riportate sull’etichetta.
Anche le Nazioni Unite, all’interno del progetto Clean seas, hanno dedicato attenzione a questo tema, nelle pagine “ What’s in your bathroom?” troviamo molte informazioni sul contenuto dei prodotti che comunemente usiamo per la pulizia personale: dentifricio, shampoo ma anche pannolini per bambini, assorbenti o liquido per le lenti a contatto; basta posizionarsi sull’icona del prodotto per avere indicazioni utili.
Ancora più dettagliate le informazioni riportate sul sito Beat to the microbead, dove è presente un elenco delle sostanze da evitare nei prodotti per la cura della persona e nei cosmetici. La guida suddivide molti degli ingredienti in 4 categorie, due delle quali, lista rossa e arancione, contengono le sostanze da evitare. Gli ingredienti della lista “rossa” sono senza dubbio annoverabili tra le microplastiche mentre la lista “arancione” include tutta una serie di ingredienti definiti “skeptical”
su cui non si hanno certezze scientifiche univoche ma è comunque preferibile adottare un atteggiamento di cautela.
Per essere sicuri di utilizzare prodotti senza micro plastiche si possono acquistare quelli contrassegnati dal logo “ look for the zero – zero plastic inside” .
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Testo di Stefania Calleri