La Pandemia e i diversi lock-down hanno rivelato quanto il nostro sistema sia esposto a rischi, dando avvio ad una delle più gravi crisi economiche in quasi un secolo. Ora, è stato messo a disposizione molto denaro per ripartire e i governi dovranno impegnarsi per dare avvio ad una nuova epoca di sviluppo, dove l’economia circolare giocherà un ruolo fondamentale.
In Europa, ad esempio, un’alleanza rappresentata da politici, imprenditori, eurodeputati e ambientalisti chiede che gli investimenti per la ripartenza siano diretti alla formazione di un “nuovo modello economico europeo: più resiliente, più protettivo, più sovrano e più inclusivo”. La presidentessa della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, ha presentato la visione della nuova Europa sottolineando la necessità di fare un salto in avanti e non indietro.
Il nostro continente dovrà divenire più resiliente, più verde e più digitale. Al centro di questa trasformazione, ci sarà il Green Deal europeo e la doppia transizione verso la digitalizzazione e la decarbonizzazione.
Agricoltura: un settore su cui puntare nel prossimo futuro
Se questa è la rotta, in quali ambiti è preferibile investire ? La Fondazione Ellen MacArthur ha individuato 5 settori chiave su cui puntare nel prossimo futuro:
- edilizia e costruzioni
- imballaggi in plastica
- mobilità
- tessile e moda
- agricoltura e produzione di cibo.
Questi 5 settori sono considerati “strategici” per la loro capacità di:
- generare soluzioni alle sfide fondamentali create dalla pandemia (ad esempio aumentando la resilienza e consentendo l’accesso a beni vitali)
- soddisfare le priorità governative per la ripresa economica (ad esempio stimolare l’innovazione, creare posti di lavoro, raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile posti dalle Nazioni Unite e gli obiettivi climatici)
- offrire un potenziale di crescita per l’economia circolare (guidato, ad esempio, da innovazione, politiche e preferenze dei clienti)
- contribuire a ridurre il rischio di shock futuri (ad esempio quelli relativi ai cambiamenti climatici e alla perdita di biodiversità).
In quest’articolo si vogliamo occupare di agricoltura, che insieme all’alimentazione sostenibile è tra le sfide che dobbiamo affrontare.
Non dobbiamo dimenticare che la sola produzione di carne è responsabile di quasi un quinto delle emissioni di gas serra, l’area occupata dai pascoli è pari al 26% della superficie terrestre del Pianeta non coperta da ghiacci, la produzione di foraggio rappresenta un terzo del terreno coltivabile complessivo, tutto questo si concretizza in un forte impatto sull’ambiente.
Il settore agro-alimentare è ad una svolta, la filiera agroalimentare, nel suo complesso, è responsabile del 10,3% delle emissioni di gas ad effetto serra, oltre che della perdita di suolo, acqua e biodiversità. Nonostante in Europa, questo comparto abbia già standard di qualità elevati ma ora gli agricoltori, pescatori e gli altri attori della filiera si devono muovere più celermente nella direzione della sostenibilità.
Agricoltura e cambiamenti climatici
Un altro importante fattore da tenere in considerazione, quando si parla di agricoltura del futuro, è il cambiamento climatico, che influenzerà il settore, in Europa e non solo, alterando le condizioni di crescita delle colture regionali e l’incidenza dei parassiti.
Secondo il report dell’Agenzia Europea per l’ambiente “ Global climate change impacts and the supply of agricultural commodities to Europe “, sebbene la produzione agricola globale non dovrebbe diminuire prima del 2050, le zone di coltivazione e produzione cambieranno, i rendimenti annuali diventeranno più variabili e aumenterà la variabilità dei prezzi delle materie prime agricole. Ciò influenzerà i modelli di coltivazione, il commercio internazionale e i mercati regionali.
Quasi un quarto del cibo per il consumo umano è scambiato sui mercati internazionali anche se questa proporzione varia ampiamente a seconda della merce: per riso, burro e maiale è inferiore al 10%, per soia, oli vegetali, pesce e zucchero supera il 30%, per mais, manzo e frumento rispettivamente il 12%, 15% e 24%. Si prevede che queste proporzioni rimarranno stabili per il prossimo decennio ma aumenteranno leggermente entro la metà del secolo a causa dei cambiamenti climatici.
L’Europa è un importante esportatore di alimenti trasformati e prodotti lattiero-caseari ed è per lo più autosufficiente per quanto riguarda i cereali (grano, orzo) e verdure; quindi non si prevedono problemi per gli impatti dei cambiamenti climatici che si verificano fuori del continente, mentre, il nostro continente dipende molto dalle importazioni di prodotti per l’alimentazione e la lavorazione animale (soia e mais), prodotti coltivati in regioni tropicali (cacao, caffè, banane) e prodotti per la trasformazione secondaria (olio di palma, barbabietola e zucchero di canna). È probabile che le forniture di fave di cacao, olio di palma e frutta esotica siano messe particolarmente i crisi poiché queste materie prime sono altamente esposte ai fattori legati al clima e i loro fornitori sono concentrati in alcuni paesi. Tutto questo rende l’Europa vulnerabile agli impatti dei cambiamenti climatici che si verificano altrove.
L’Agenzia propone alcune soluzioni per affrontare questa situazione come l’apertura del commercio con più paesi, con un’attenzione alla protezione ambientale nelle loro politiche agricole e la diversificazione delle importazioni potrebbe ridurre il rischio di interruzioni dell’approvvigionamento. Ma si tratta di un’azione che non è applicabile a tutte le merci e che si basa sull’azione privata piuttosto che sulla politica pubblica. Quest’ultima può aiutare nel compito di evitare i rischi di approvvigionamento, riducendo del tutto la domanda di prodotti ‘vulnerabili’, elemento da introdurre soprattutto per i prodotti sottoposti a elevate pressioni ambientali.
L’Europa deve dare maggiore sostegno all’adattamento e alla mitigazione ai cambiamenti climatici, anche in chiave internazionale, in particolare con il rafforzamento delle capacità di adattamento nei paesi produttori, come annunciato nel progetto della Commissione europea della prossima strategia di adattamento dell’UE.
L’Europa vuole superare le criticità ambientali e climatiche, garantendo una filiera più equa e meno impattante nei prossimi anni.
È impellente ridurre la dipendenza da pesticidi e dagli antimicrobici, nonché dai fertilizzanti e, al contempo, bisogna migliorare il benessere degli animali, potenziare l’agricoltura biologica ed invertire la perdita di biodiversità.
Nel documento della Commissione “ From farm to fork” sono indicati con chiarezza le maggiori criticità da affrontare:
- l’uso dei pesticidi chimici
- l’eccesso di nutrienti (in particolare azoto e fosforo)
- la salute degli animali e la resistenza antimicrobica
- la salute delle piante e la sicurezza e diversità delle sementi
- gli sprechi alimentari
- le frodi alimentari
- il sistema di informazione ai cittadini (etichettature alimentari)
La Commissione, nella sua strategia, fornisce anche qualche spunto per cambiare rotta e propone nuovi modelli di business verde, quali:
- sequestrare il carbonio da parte di agricoltori e selvicoltori
- implementare la bioeconomia circolare, con l’implementazione delle bioraffinerie avanzate che producono i biofertilizzanti, mangimi proteici, bionergia e sostanze biochimiche
- costruire i digestori anaerobici per la produzione di biogas da rifiuti e da residui agricoli come il letame
- installare i pannelli solari su casolari e capannoni per produrre energia rinnovabile
- aumentare l’agricoltura biologica e stimolare la domanda e offerta di prodotti bio
- incentivare la produzione ittica sostenibile con un impatto minore rispetto alla produzione animale su terra ferma
- sostenere il settore della produzione di alghe che costituisce un’importante fonte di proteine alternative
- progettare imballaggi sostenibili, riutilizzabili, facilmente riciclabili e sicuri dal punto di vista alimentare.
Per comprendere a pieno come si concretizzerà tutto questo, dovremo aspettare il 2023, quando la Commissione Europea presenterà la proposta legislativa per un sistema alimentare sostenibile, a quel punto verrà avviato l’iter di approvazione della direttiva, che, una volta diventata tale, dovrà ricevere il consenso, attraverso il recepimento, anche dei Parlamenti nazionali.
Ci vorrà del tempo e sarà necessario anche armonizzare la Politica Agricola Comune (Pac) e la Politica Comune della Pesca (Pcp), che rimarranno comunque gli strumenti chiave per sostenere questa transizione ecologica.