Il rapporto “Electric vehicles from life and circular economy perspectives” dell’Agenzia europea per l’ambiente intende esporre tutte le fasi inerenti la vita di un veicolo elettrico valutandone, attraverso indagini e ricerche, tutti gli aspetti e dunque anche quelli meno a favorevoli e meno in linea con la raggiunta sensibilità ambientale.
Nonostante i veicoli elettrici non possano garantire un impatto zero durante tutto il loro ciclo di vita, questi, conferma il rapporto, sono ad oggi la soluzione più adeguata ed efficace a soddisfare gli obiettivi di riduzione dei gas serra (Greenhouse gas – GHG) e di sostanze inquinanti in atmosfera.
Se da un lato il loro utilizzo permette un abbattimento considerevole delle sostanze nocive, dall’altro i processi produttivi in cui sono coinvolti risultano tutt’altro che “green oriented” ed è proprio sulle fasi che caratterizzano il ciclo di vita dei veicoli elettrici che il rapporto si sofferma.
Volendo partire dalle batterie/accumulatori, elemento chiave dei veicoli elettrici, su queste gravano le energie necessarie all’estrazione dei minerali utili per la loro fabbricazione. Si tratta di macchinari, catene di estrazione, bulldozer e camion che essendo azionati da motori termici fanno risalire il loro esercizio a combustibili fossili. Inoltre una volta che le batterie sono realizzate ed entrano in esercizio, queste, ad oggi, sono ricaricate anche con energia elettrica derivante dal fossile.
Il rapporto conferma che, se almeno nelle fasi di ricarica dei veicoli elettrici a batteria (Battery Electric Vehicle BEV) l’energia fornita derivasse da sole fonti rinnovabili, le emissioni inquinanti dei BEV sarebbero del 90% inferiori rispetto ad un veicolo termico tradizionale.
Le fasi di produzione di un veicolo elettrico richiedono una vasta gamma di materie prime a confronto di quelle necessarie per la produzione di un veicolo termico. Per la realizzazione delle batterie per i motori elettrici, occorrono ad esempio grandi quantità di metalli tra cui il rame (per una quantità circa 4 volte superiore ad un veicolo tradizionale), allumino ed acciaio oltre a materie critiche così classificate per importanza economica e per il rischio di approvvigionamento come ad esempio il tungsteno, il cobalto, il litio, la grafite oltre alle terre rare.
I giacimenti di estrazione delle materie critiche e delle terre rare sono principalmente localizzati in Africa ed in Asia dove sono deboli e del tutto assenti le garanzie per la salute dei lavoratori a cui si aggiunge una scarsa o nulla attenzione nei processi di estrazione, lavorazione e raffinazione.
Quanto appena detto comporta nei siti la contaminazione delle acque sotterranee, causando inquinamento delle sorgenti di acqua potabile delle comunità locali, aumentandone l’esposizione ai rischi della radioattività ed alle malattie delle vie respiratorie.
Le miniere di terre rare da cui si estrae ad esempio il Disprosio ed il Neodimio, usati per la produzione di magneti dei veicoli elettrici, hanno un impatto negativo sulla salute umana. Le miniere di neodimio producono polvere che può provocare embolismo polmonare e danni al fegato per una sovraesposizione prolungata dell’organo.
A questo proposito l’istituto Federale
Tedesco per le geoscienze e le risorse naturali sta attualmente
lavorando con il Ministro delle miniere congolese per migliorare le
condizioni di lavoro e di sicurezza dei lavoratori addetti
all’estrazione di titanio e tungsteno.
Altri
elementi messi in evidenza dal rapporto sono la grandezza, il peso e la
forma del veicolo. Come risulta facile immaginare i BEV di grandi
dimensioni e dunque più pesanti necessitano di batterie di dimensioni
più grandi per accumulare quantità maggiori di energia necessaria e
questo aumenta la porzione di gas serra ed inquinanti nell’aria che
insistono su di esse.
Per quanto riguarda la forma è di fondamentale importanza che venga tenuto più basso possibile il valore di resistenza che oppone all’avanzamento la sezione frontale del veicolo, mentre per il peso si torna a valutare l’impatto ambientale necessario all’estrazione ed alla produzione di materiali come l’alluminio, il magnesio, il titanio o materiali compositi come la fibra di carbonio rinforzata al fine di aumentare nei BEV prestazioni ed autonomia. Se da una parte con tali materiali si raggiunge oltre che un alleggerimento dei BEV anche un miglioramento dell’autonomia, dall’altro tali materiali possono essere difficili da indirizzare a procedimenti di riciclo.
Il rapporto infatti pone l’accento sull’impegno dei centri di ricerca dei Paesi membri in accordo con i costruttori per individuare percorsi di riciclo e riuso dei materiali coinvolti nella fabbricazione dei BEV al fine di allungarne il ciclo di vita, ove possibile, con l’intento di diminuire drasticamente l’estrazione di materie vergini od individuare nuovi percorsi di utilizzo prima di avviarli a corrette procedure di smaltimento in grado di diminuire l’impatto sull’ambiente.
Attualmente la sfida maggiore per i costruttori è ridurre l’utilizzo di terre rare senza per questo causare una diminuzione delle prestazioni dei BEV. Una possibile soluzione risulta essere quella di ridurre le misure dei grani usati nei magneti. Una riduzione di questi richiederebbe una minore quantità di materiale magnetico e quindi risalendo nella filiera si potrebbe giungere ad una drastica riduzione di terre rare estratte. È infatti ora in atto un progetto pilota per veicoli elettrici realizzati senza l’uso di terre rare. I risultati stanno dimostrando che è possibile per i motori elettrici raggiungere se non migliorare le prestazioni in termini di potenza, autonomia ed efficienza rispetto ai BEV che fanno uso di terre rare.
Lo sviluppo di batterie più sostenibili dipenderà dall’uso di nuovi materiali elettroattivi che devono garantire prestazioni se non uguali addirittura migliori dei materiali usati oggi, ma con un più basso impatto a carico dell’ambiente. La sostituzione delle terre rare potrebbe rappresentare anche una soluzione strategica per l’Europa considerata la sua debolezza nel reperire tali sostanze all’interno dei suoi confini oltre che perseguire un minor impatto ambientale per le ragioni sopra esposte. Ad esempio migliorando l’efficienza dei materiali si può giungere ad un 4% di riduzione del totale del Disposio richiesto nei BEV entro il 2020.
Il rapporto espone raccomandazioni precise sul fatto che i BEV possono assicurare un contributo reale agli obiettivi ambientali, questo soprattutto perché ci si aspetta che i BEV possano aiutare a raggiungere gli obiettivi di miglioramento per quanto riguarda la qualità dell’aria, l’abbattimento del rumore e ridurre contemporaneamente il fenomeno dei cambiamenti climatici.
Le raccomandazioni del rapporto indicano di:
- aumentare l’uso di fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica da fornire alle industrie per produrre le batterie, migliorando l’abbattimento delle emissioni inquinanti;
- indirizzare l’utenza ad usare veicoli a trazioni elettrica di piccole dimensioni dotati di batterie di minore dimensione considerato che il maggior uso avviene nei centri urbani o periurbani/metropolitani per il tragitto casa/scuola/lavoro;
- ottenere vantaggio dalle economie di scala ed utilizzare nuove tecniche di produzione per batterie/accumulatori e vetture perseguendo una diminuzione della richiesta di energia necessaria a produrre ogni singolo veicolo;
- indirizzare l’uso di batterie del tipo meno impattante per unità di energia fornita considerando anche il loro peso ed un possibile ulteriore utilizzo prima della loro totale dismissione.
Per approfondimenti:
- il Report dell’Agenzia europea per l’ambiente 13/2018 Electric vehicles from life and circular economy perspectives
- Il possibile impatto dei veicoli elettrici a livello europeo
- Veicoli elettrici: la composizione delle batterie
- Mobilità elettrica in Italia
- I veicoli elettrici in Europa
- L’importanza degli incentivi per l’acquisto dei veicoli elettrici
Testo a cura di Sergio Lavacchini