La Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti ha riassunto il proprio lavoro in una relazione che evidenzia criticità ancora presenti, pur in un quadro in miglioramento. Numerosi le indagini giudiziarie con ipotesi di reati ambientali. Positivo l’impatto delle leggi ecoreati e di istituzione del Sistema nazionale di protezione ambientale. L’editoriale di Alessandro Bratti in Ecoscienza 4/2017.
Il lavoro della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali correlati, riassunto in una dettagliata relazione, ha messo in evidenza numerose criticità in gran parte ancora presenti, per quanto si noti un evidente miglioramento soprattutto negli ultimi anni. Questo impegnativo lavoro ha evidenziato un quadro caratterizzato da numerose indagini giudiziarie con ipotesi di reati ambientali collegati alla classificazione del materiale asportato, alle gare d’appalto; in alcuni casi si aggiungeva anche il reato di omessa bonifica così come enucleato dalla legge 68/2015, sottolineando difficoltà di rapporto fra i vari soggetti pubblici, derivanti anche dalle diverse interpretazioni fra Regioni, Comuni e ministero dell’Ambiente.
In alcuni siti si sono registrate vere e proprie contrapposizioni fra Commissario straordinario e Mattm, rischiando di generare contenziosi e anche di sfociare in inefficienze palesi. Vanno sottolineati i numerosi contrasti che scaturiscono fra le richieste dei Comuni ospitanti il SIN, il Mattm e i privati che tendono a proporre soluzioni spesso parziali. Dalla copiosa documentazione raccolta emergono scambi di carteggi inutili, pareri e prescrizioni inefficaci dati dagli enti di controllo. A ciò si aggiunga che gli obiettivi di bonifica che ci si propone di raggiungere, con perimetrazioni dei SIN molto vaste e a volte poco razionali, hanno costituito e in parte costituiscono ancora un ulteriore elemento di difficoltà nel recupero delle aree. Sempre per segnalare le criticità, è necessario ricordare come l’applicazione della normativa relativa al danno ambientale sia spesso oggetto di interessanti teorie che però determinano richieste ai privati di somme di denaro assolutamente non escutibili.
Gli accordi programma siglati molto spesso non sono stati verificati nella loro attuazione e, in diversi casi, si sono stratificati senza avere alcuna efficacia. Dai dati 2017 e dalle ispezioni condotte come Commissione, abbiamo potuto verificare come negli ultimi anni qualcosa sia cambiato in positivo. La semplificazione normativa, l’applicazione di tecnologie più innovative e meno costose, un dialogo fra i soggetti privati e il Mattm: grazie a tutto ciò oggi si cominciano a vedere cantieri aperti e non solo pacchi di documenti che girano.
A maggio 2017, i siti di competenza del ministero dell’Ambiente (SIN) risultavano 40; 17 quelli declassificati a competenza regionale (SIR). Dal sito del ministero dell’Ambiente (www.bonifiche.minambiente.it), emerge che Bussi, Brescia Caffaro, Crotone, Orbetello, Sulcis, Priolo, Serravalle Scrivia e Tito rimangono le aree caratterizzate per quanto riguarda i terreni rispetto alla superficie del SIN sotto al 50%. Riguardo i procedimenti conclusi, dove le concentrazioni degli inquinanti sono minori della Concentrazione soglia di contaminazione (Csc) o della Concentrazione della soglia di rischio (Csr), in rari casi la percentuale arriva alla doppia cifra, salvo la Val Basento.
Per quanto riguarda i processi di bonifica della falda, le caratterizzazioni, a parte Brescia, Orbetello e Serravalle Scrivia, sono a livelli eccellenti. Rispetto alle aree all’interno del SIN con concentrazioni sotto le Csc o Csr, la situazione, esclusi Broni e la Val Basento, è molto critica. Passi avanti sono comunque stati realizzati per quanto riguarda la progettazione e l’attuazione delle misure di messa in sicurezza, sia per i terreni che per le bonifiche.
Occorre poi distinguere fra i siti che presentano ancora attività industriali importanti e quelli così detti “orfani”: l’impatto ambientale può essere il medesimo, ma la soluzione per il riutilizzo di quelle aree compromesse non può essere la stessa. La pratica sul campo ci ricorda che è estremamente più facile procedere con le varie fasi di bonifica se c’è un interlocutore attivo interessato a continuare la propria attività.
Spesso il tema delle bonifiche, soprattutto in siti storicamente destinati a produzioni chimiche e petrolchimiche, si lega a quello delle strategie industriali complessive in questi settori. Rimane da risolvere un problema che rischia di inficiare i buoni risultati ottenuti, anche rispetto alle contaminazioni storiche. Mi riferisco alle centinaia di siti oggi presenti che sono vere e proprie discariche abbandonate o aziende che sono fallite e hanno lasciato tonnellate di rifiuti pericolosi o semplicemente depositi di rifiuti incontrollati.
Se non si interviene nel breve periodo – sia normativamente che operativamente, mettendo a disposizione fondi dedicati – queste aree si trasformeranno in siti contaminati.
Occorre poi una riflessione sui controlli ambientali e sulle modalità con cui vengono realizzati. Per contrastare i reati ambientali oggi finalmente abbiamo la legge 68/2015 che ha già mostrato di funzionare. Con l’approvazione della legge 132 sul riordino del Sistema dei controlli, si è cercato di fornire alle Agenzie ambientali più autonomia e omogeneità di azione. L’accorpamento poi del Corpo forestale dello stato all’interno dell’Arma dei Carabinieri ha dato origine a una forza di polizia ambientale unica nel mondo occidentale.
Abbiamo quindi una situazione legislativa molto più favorevole per contrastare i crimini ambientali.
Occorre però migliorare gli aspetti gestionali e di coordinamento tra i vari soggetti che operano nel settore di contrasto agli illeciti. Spesso ci sono ancora interpretazioni difformi da parte delle Procure e scarsa collaborazione fra le forze di polizia e gli organismi tecnici. E’ necessario a mio avviso, almeno a livello centrale, costituire delle task force in cui siano rappresentate le varie competenze, per un’attività di controllo più efficace. Occorre una collaborazione interattiva per impedire che i criminali continuino a esercitare la loro attività arrecando danno all’economia sana, all’ambiente e alla salute dei cittadini.
L’atteggiamento proattivo della generalità delle Agenzie ambientali, di AssoArpa e di Ispra, anche attraverso tutte le iniziative in atto sul piano della formazione dei propri quadri in una logica strategica di omogeneità della performance e degli indirizzi a livello nazionale, è sicuramento di buon auspicio.
Alessandro Bratti, presidente Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali correlati
Deputato Pd