In AmbienteInforma n. 174 l’editoriale di Sergio Costa per la rivista Ecoscienza e alcuni articoli del servizio dedicato alla green economy.
Il governo italiano considera fondamentale la green economy, per la quale il nostro paese è uno dei primi al mondo. Come dimostrano diversi studi, tra cui il rapporto Green Italy 2018 della Fondazione Symbola e Unioncamere, un quarto delle imprese italiane (345 mila) ha puntato negli ultimi cinque anni sull’economia verde.
Si tratta di aziende che rispettano l’ambiente e le sue risorse, che investono sulle tecnologie di impresa innovative e che danno un contributo significativo alla diffusione della cultura della sostenibilità.
Inoltre, in Italia sono 3 milioni i green jobs, dagli ingegneri energetici agli agricoltori biologici, dagli esperti di acquisti verdi ai tecnici meccatronici o installatori di impianti termici a basso impatto. Un altro dato incoraggiante che conferma quanto la green economy sia sinonimo di competitività.
E proprio per questo bisogna seguire questa strada per accelerare una crescita sostenibile, moderna e innovativa del sistema paese.
Io penso che la green economy debba essere aiutata con incentivi fiscali affinchè l’eco-occupazione sia un’opportunità reale di rilancio dell’economia italiana. Un’economia che non può non essere circolare. Grazie al pacchetto europeo sull’economia circolare, si possono ottenere risparmi annuali per il settore produttivo pari a 600 miliardi di euro, circa 600 mila posti di lavoro e il taglio delle emissioni di gas serra tra il 2 e il 4%.
L’Italia è il paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti: con il 79% dei rifiuti avviati a riciclo, presenta un’incidenza più che doppia rispetto alla media europea (38%). Siamo il primo paese in Europa per fatturato pro-capite nel settore dello sviluppo dei prodotti basati su processi biologici, come le bioplastiche.
Insieme alla Germania siamo il paese leader europeo in termini di quantità di materie seconde riciclate nell’industria manifatturiera.
Inoltre, tutti gli obiettivi fissati dalle nuove direttive europee sui rifiuti urbani al 2025 o sono stati già raggiunti (come per il totale degli imballaggi e per tutti i singoli materiali, a eccezione della plastica), o sono prossimi a esserlo. E’ eloquente che uno dei primi atti di governo sia stato il decreto con il quale sono state trasferite al ministero dell’Ambiente anche le competenze sull’economia circolare.
Ma serve maggiore coraggio e determinazione affinchè la transizione dall’economia lineare dello spreco alla più virtuosa economia circolare avvenga in tempi rapidi e certi. Perchè, in una realtà come l’Italia priva di materie prime, l’economia circolare porta numerosi vantaggi, a partire dall’approvvigionamento interno e da una minore spesa.
La mia visione è fatta di micro-obiettivi all’interno di una visione politica definita: mattoncino dopo mattoncino si costruisce il futuro. Bisogna agire sulla produzione degli imballaggi: incentivare gli imprenditori virtuosi con un credito di imposta destinato proprio a coloro che ridurranno gli imballaggi non è soltanto una battaglia ambientale, ma anche un passo fondamentale per incentivare l’economia green, per cambiare il paradigma produttivo.
Parallelamente a questo, ho voluto combattere su più fronti, sin dal mio insediamento, la battaglia contro la plastica usa e getta. Anche perchè i dati sono inquietanti e non possiamo stare a guardare: ogni anno si producono a livello mondiale 300 milioni di tonnellate di materie plastiche, di cui almeno 8 finiscono nell’oceano.
E’ il momento di trovare soluzioni per invertire il senso di marcia per il bene di tutti noi. Poichè in Italia manca una disciplina specifica finalizzata a favorire la raccolta e la gestione dei rifiuti rinvenuti accidentalmente in mare, il mio ministero si sta impegnando nella definizione di una proposta normativa che, con l’obiettivo di contribuire al risanamento degli ecosistemi marini, preveda soluzioni efficaci al problema dei rifiuti abbandonati in mare.
Il provvedimento “Salvamare” si propone di agevolare il conferimento da parte dei pescatori dei rifiuti raccolti “accidentalmente” durante le operazioni di pesca e garantirne una corretta gestione a terra, incentivare campagne volontarie di pulizia del mare e promuovere iniziative di sensibilizzazione.
Mi piace sottolineare, inoltre, proprio perchè si deve partire anche dalle piccole cose, che siamo riusciti a liberare dalla plastica il ministero dell’Ambiente, il 4 ottobre scorso, e che la campagna #IoSonoAmbiente, con la quale ho voluto lanciare la sfida Plastic free challenge, invitando gli altri ministeri e le istituzioni, nazionali e locali, ad aderire, sta avendo un successo crescente.
Insomma, siamo fermamente convinti che investire sulla green economy e l’economia circolare, dando il buon esempio nel nostro quotidiano, ma anche sostenendo concretamente la filiera, sia la direzione che deve prendere tutta l’economia, non solo quella legata all’ambiente.
Tutti dobbiamo pensare e agire green per il bene del nostro paese e dei nostri figli.
Ecoscienza 6/2018, il servizio sulla green economy in Italia e in Emilia-Romagna da pag. 33.
Scarica il servizio “Il futuro si chiama green economy” (pdf)
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