Il modello di economia circolare richiede una visione complessiva e di lungo periodo che metta a sistema conoscenza, competenze e investimenti mediante approcci integrati. L’istituzione di un’agenzia nazionale per l’uso efficiente delle risorse favorirebbe il processo. Enea possiede le caratteristiche adeguate.
L’economia circolare è un approccio strategico all’economia fondato sul concetto di sostenibilità. Tale strategia è fondamentale per rafforzare la competitività del sistema economico nazionale, aumentando la produttività delle risorse e raggiungendo la “chiusura dei cicli” (dalla progettazione alla produzione, distribuzione uso e smaltimento) tramite la riduzione del consumo, il riuso e il riciclo delle risorse.
Un’economia circolare deve essere caratterizzata da reti cross-settoriali, da politiche di sviluppo basate sull’uso efficiente delle risorse lungo tutto il loro ciclo di vita (nei processi di produzione, uso, consumo e fine vita) e sull’incentivazione alla creazione di nuovi business model e di soluzioni innovative di collaborazione tra imprese, cittadini e istituzioni, che sono la spina dorsale per lo sviluppo di un modello sociale sostenibile.
A partire dall’iniziativa prioritaria per un’Europa efficiente sotto il profilo delle risorse, avviata nell’ambito della strategia Europa 2020, fino al pacchetto sull’economia circolare pubblicato a fine 2015, la Commissione europea promuove la transizione dall’attuale modello di economia lineare a uno circolare e prevede una serie di azioni per la chiusura dei cicli nei processi produttivi e nel ciclo di vita dei prodotti e dei servizi, con ricadute misurabili in termini di riduzione del consumo delle risorse e della produzione di rifiuti, aumento del riuso/riciclo delle materie prime e di benefici tangibili per ambiente ed economia.
In questo quadro, diversi paesi europei (come Germania, Regno Unito, Danimarca) si sono già organizzati dotandosi di una strategia nazionale e di un’agenzia tecnica che garantisca l’implementazione delle azioni previste.
L’Italia è un paese naturalmente vocato all’economia circolare per tipicità culturale e del proprio tessuto produttivo, basato su distretti industriali e composto da piccole e medie imprese. Risulta agevolato un livello di collaborazione tra i diversi soggetti delle filiere produttive e delle istituzioni, oltre a essere presente un forte radicamento territoriale e sociale, con dirette ricadute verso una maggior attenzione al contenimento degli impatti ambientali e alla preservazione del capitale naturale.
Come evidenziato nel “Rapporto sull’economia circolare in Italia 2019”, pubblicato dal Circular Economy Network, in collaborazione con Enea, e pubblicato a inizio marzo 2019 (v. anche Le performance italiane, un bilancio in chiaroscuro, Ecoscienza 5/2019) il nostro paese ha già oggi uno dei punti di forza nella circolarità, frutto di una lunga tradizione come approccio e modo di fare impresa che si sposa con i principi dell’economia circolare. L’analisi degli indicatori su produzione, consumo, rifiuti, mercato delle materie prime seconde, innovazione, investimenti e occupazione nell’economia circolare mostra come l’Italia abbia delle ottime prestazioni in confronto alle altre grandi economie europee, nonostante il livello di investimenti pubblici e privati sia tra i più bassi a livello europeo. Tuttavia, emerge anche un preoccupante rallentamento del nostro paese che si contrappone all’inversa tendenza ad accelerare degli altri paesi… Leggi l’articolo completo (pdf) in Ecoscienza 5/2019
Autrice: Claudia Brunori
Divisione uso efficiente delle risorse e chiusura dei cicli, Dipartimento Sostenibilità sistemi produttivi e territoriali, Enea
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