L’Amazzonia è recentemente tornata all’attenzione generale per i vasti incendi che la stanno interessando.
Patrimoni inestimabili di biodiversità e preziosi sistemi di mitigazione dei cambiamenti climatici, le foreste ci servono e ci affascinano al contempo.
La stessa Commissione Europea ha pubblicato una comunicazione di ampia portata in cui vengono delineati nuovi quadri d’azione contro la deforestazione. L’obiettivo è quello di aumentare la salvaguardia delle foreste esistenti, soprattutto quelle primarie, e di accrescere la superficie forestale mondiale, nel rispetto della sostenibilità e della biodiversità.
Quella amazzonica è la più grande foresta pluviale al mondo. Dopo anni di ricerche sulla più famosa strage di alberi, gli studiosi hanno finalmente individuato cause e rimedi, se ne parla in un articolo sulla rivista Micron.
Secondo il rapporto The Global Forest Resources Assessment 2015 della FAO, l’attuale tasso di deforestazione in Brasile è il più elevato al mondo, seguito da Indonesia, Birmania e Nigeria.
I motivi della deforestazione sono svariati, ma sempre legati all’approvvigionamento di risorse: cibo, legname, minerali e spazio utile per l’agricoltura e gli insediamenti. In Indonesia, la causa principale sono le coltivazioni estensive di palma; in Birmania, in cui il tasso di deforestazione è oggi in crescita, il fenomeno si lega all’incremento demografico e all’utilizzo del legname; negli Stati africani l’origine è spesso da ricondursi alle pratiche agricole dei piccoli proprietari terrieri.
L’area amazzonica occupa ben nove nazioni nel Sud America, tra le quali il Brasile, il Perù e la Colombia. Chi è dunque il responsabile dei danni alla foresta pluviale più grande del mondo?
Come afferma la FAO, un’importante causa della deforestazione in Amazzonia è rappresentata dalla recente espansione degli allevamenti di bestiame, ovvero dalla conversione della foresta a pascolo e coltivazioni di soia e cereali destinati alla produzione dei mangimi. Negli ultimi quarant’anni, questa tendenza si sarebbe accompagnata a una riduzione di circa il 40% della superficie delle foreste. Visti gli enormi costi sociali e ambientali, la FAO e le Nazioni Unite hanno chiesto l’adozione in queste aree di strategie sostenibili alternative agli allevamenti e alle colture estensive, in grado di ridurre l’impatto ambientale e di contribuire al ripristino degli habitat naturali.
Per ulteriori approfondimenti vedi l’articolo su Micron.