Su Micron si illustra un recente articolo di Science nel quale si riprende “ipotesi di Gaia”, che guardava alla biosfera del pianeta Terra come a un sistema dinamico complesso, con molti elementi interagenti attraverso innumerevoli connessioni, capace di autoregolarsi.
La definizione (Gaia 2.0) e la domanda se la sono posta di recente in un articolo pubblicato su Science l’inglese Timothy M. Lenton, del Global System Institute dell’università di Exeter e il sociologo francese Bruno Latour, riprendendo l’antica “ipotesi di Gaia”, proposta oltre trent’anni fa da Lynn Margulis e James Lovelock. L’ipotesi guardava alla biosfera del pianeta Terra come a un sistema dinamico complesso, con molti elementi interagenti attraverso innumerevoli connessioni, capace di autoregolarsi. (…)
Lenton e Latour indicano quattro dimensioni in cui siamo chiamati a cimentarci: l’autotrofia (la capacità del sistema di continuare a “nutrirsi” ricreando i propri “nutrienti” mediante l’utilizzo dell’energia solare); i networks (la rete di correlazioni tra i vari elementi del sistema); eterarchia (il governo del sistema da parte di elementi esterni) e la politica. Non entriamo nei dettagli.
Poniamoci però il problema di Lenton e Latour: l’umanità aggiunge un livello di auto-consapevolezza alla capacità della Terra di autoregolarsi? Non c’è dubbio. In prima battuta la risposta è: sì. L’uomo è il primo fattore consapevole nell’ambito della lunga storia evolutiva della biosfera. Di più: negli ultimi secoli l’umanità ha acquisito una “consapevolezza enorme”. Grazie alla scienza, sappiamo abbastanza bene come funziona Gaia. E sappiamo anche come e perché la biosfera del pianeta Terra è entrata nell’era dell’Antropocene. Il fattore dinamico principale di questo sistema complesso ha “coscienza di sé”. Non era mai accaduto prima.
Grazie a questa “enorme coscienza” ed “enorme conoscenza” il fattore dinamico uomo è in grado di intervenire con intenzionalità, cercando di dare una direzione (desiderabile) all’evoluzione della biosfera. Prendiamo il caso del clima o della biodiversità, le due dimensioni, peraltro interrelate, in cui l’uomo manifesta il suo essere “attore ecologico globale”. Sappiamo cosa sta cambiando il clima e perché il tasso di estinzione delle specie è particolarmente elevato, ne conosciamo abbastanza bene le cause, sappiamo come intervenire per tentare di rimuoverle.
Dunque, effettivamente, possiamo fare nostra la metafora di Gaia 2.0. Che proprio per queste caratteristiche del principale fattore dinamico cessa, almeno un po’, di essere solo una metafora. E tuttavia quell’enorme coscienza non si trasforma in sufficiente azione. Benché l’umanità sappia cosa sta combinando e sappia che il futuro che sta determinando non è desiderabile, non esercita le sue capacità intenzionali per dare una direzione auspicabile (e auspicata) all’evoluzione di Gaia.
Il mondo, nelle mani di questa creatura totalmente incapace di autogestire un livello di intelligenza poco più alto di quello delle altre specie, è destinato ad un inesorabile disastro