L’Antropocene è una mostra in corso a Bologna, fino al 5 gennaio 2020, sull’impronta umana sulla Terra, e anche un recente film. Se ne parla anche sulla rivista Micron.
L’Antropocene – l’era geologica in cui il principale fattore di cambiamento della biosfera è Homo sapiens – è iniziato all’incirca 3.000 anni fa, quando i nostri progenitori hanno trasformato in maniera sostanziale le terre emerse.
Ad affermarlo sono 255 archeologi dell’ArchaeoGLOBE Project, con un articolo pubblicato sull’ultimo numero di agosto della rivista Science alla fine di uno studio che ha valutato la modificazione dell’uso dei suoli in 146 diverse regioni di tutti i continenti (Antartide escluso) a partire da 10.000 anni fa e fino al 1.850 del calendario cristiano.
Si discute molto sull’Antropocene, un termine che è stato rilanciato all’inizio di questo secolo da Paul Crutzen, premio Nobel per la Chimica, ma formulato negli anni ’80 del secolo scorso dal biologo americano Eugene Filmore Stoermer.
Ma quando è iniziata questa era geologica? Ci sono varie scuole di pensiero a proposito. Alcuni dicono di recente: negli anni ’60 del secolo scorso, quando con una serie di test nucleari in atmosfera Homo sapiens ha messo in circolazione nell’ambiente una serie di radionuclidi dapprima inesistenti. Altri retrodatano al 1945 – con le esplosioni di Alamogordo, Hiroshima e Nagasaki – l’inizio dell’era segnata dall’uomo, per le medesime ragioni.
Una seconda scuola di pensiero retrodata, a sua volta, di due secoli l’inizio dell’Antropocene, facendolo coincidere con l’avvio della rivoluzione industriale, allorché si è iniziata a modificare la composizione chimica dell’atmosfera con emissioni, appunto, antropiche di gas serra.
Ma una terza scuola di pensiero pensa che l’Antropocene sia iniziato molto prima, con un’altra rivoluzione economica, quella che circa 10.000 anni fa ha trasformato l’uomo da raccoglitore e cacciatore in agricoltore e allevatore.
Questo ha prodotto una modificazione significative sulla terraferma, a causa del processo di deforestazione e di sostituzione con pascoli e terreni coltivati.
Certo, all’inizio l’impatto è stato relativamente piccolo. La biosfera si è appena accorta dell’entrata in scena di questo nuovo attore ecologico globale. Eppure già 7.000 anni fa la concentrazione di metano e di anidride carbonica in atmosfera è un po’ aumentata a causa, si pensa, delle attività umane e, segnatamente, dell’allevamento, dell’agricoltura e della deforestazione con notevole aumento del numero di incendi.
Se già allora ci fossero stati satelliti come quelli che stanno documentando la presenza anomale di fuochi nelle foreste siberiane, amazzoniche a centroafricane, avrebbero rilevato qualcosa di simile: magari di quantitativamente minore, ma di qualitativamente analogo: Homo sapiens bruciava deliberatamente le foreste per cambiare la destinazione d’uso dei suoli.
Ebbene, quando questa attività di cambiamento dei sistemi forestali è diventata di portata così elevata da eleggere (si fa per dire) l’uomo ad attore ecologico principale e da avviare l’era dell’Antropocene?
È proprio a questa domanda che ha cercato di rispondere l’ArchaeoGLOBE Project, un progetto che segna una novità nel modo di lavorare – o meglio, di finanziare la ricerca – da parte degli scienziati. Perché è il frutto di un crowdfunding, di un finanziamento su base volontaria da parte di cittadini.
Il risultato di questa ricerca è che l’uomo è diventato il principale attore ecologico su scala globale e ha così dato inizio all’Antropocene intorno all’anno 1.000 avanti Cristo, ovvero 3.000 anni fa. Quando sia l’aumento della popolazione sia le attività umane hanno subito una significativa accelerazione.
Non si tratta di una ricerca conclusiva, fra gli scienziati ci sono opinioni diverse,
ciò che conta è prendere atto che non c’è – né può esserci, probabilmente – una data precisa per l’inizio dell’Antropocene, che è più il frutto di un processo che non di un’azione improvvisa.
Quel che conta è la differenza tra l’uomo attore ecologico globale di 3.000 anni fa e l’uomo attore ecologico globale di oggi. I nostri antenati agivano ma non avevano consapevolezza degli effetti globali della loro azione. Oggi noi questa consapevolezza l’abbiamo, grazie alla scienza. Sappiamo di star segando il ramo dove siamo seduti. Ma non riusciamo a smettere. Ed è questo il grande problema che dobbiamo affrontare: come trasformare la piena consapevolezza in azione conseguente.
L’articolo integrale di Pietro Greco su Micron