La rivista Micron ha trattato più volte il tema della plastica al centro della odierna giornata mondiale dell’ambiente, con vari articoli che affrontano il problema da vari punti di vista.
In Plastica con vista vengono presentati vari video sul tema della plastica che si trovano negli oceani. “Denunciare questa invasione di rifiuti plastici negli oceani è l’obiettivo di Dalla parte del mare, un documentario nato da un’idea dell’imprenditore Federico Zecchin e di Francesco Malingri, navigatore oceanico del team di MaseratiMulti70, il trimarano guidato dallo skipper Giovanni Soldini.”
“Quello che emerge dal videodoc Dalla parte del mare è una triste verità: nessuna superficie marina è indenne dall’invasione della plastica. Oceani e mari, purtroppo, stanno diventando sempre più la grande discarica di plastica del globo e la presenza di aree protette non rappresenta alcun un ostacolo per tale fenomeno.”
Nello stesso articolo si citano varie ricerche effettuate sull’argomento. “Lo studio di Josè Derraik dell’Università di Auckland ha calcolato nel 2002 che la plastica rappresenta fino all’80% di tutti i rifiuti marini. Se si pone lo sguardo esclusivamente alle spiagge, una ricerca del 2015, condotta da Galia Pasternak dell’Università di Haifa, in Israele, stima che quelli plastici occupano il 90% dei rifiuti totali. Un allarme globalein cui alla estrema necessità di interventi si aggiunge la difficoltà nel quantificare con precisione la plastica che galleggia sulle acque dei mari del pianeta: secondo un modello teorico quantitativo del 2015 ci sarebbero 5.250 miliardi di pezzi di rifiuti di plastica, per un peso complessivo di 268.940 tonnellate, escludendo quelli presenti sui fondali o sulle spiagge. Mentre, secondo la stima della ricerca A global inventory of small floating plastic debris, a livello globale si conterebbero quantità 10 volte superiori, intorno ai 50 mila miliardi di pezzi di plastica galleggianti sulle acque del pianeta.
L’estrema difficoltà di effettuare stime con precisione è emersa palesemente nel caso del Pacific Trash Vortex, un’isola di rifiuti composta per il 99,9% da frammenti di plastica galleggiante per un totale di circa 80 mila tonnellate di plastica. Vasta1,6 milioni di km2 quadrati, circa tre volte la grandezza di stati quali il Texas o la Francia, una ricerca pubblicata lo scorso 22 marzo sulla rivista Scientific Reports, condotta dal 2013 al 2015 dalla fondazione olandese The Ocean Cleanup, stima dalle 4 alle 16 volte più grandi le dimensioni dell’isola rispetto alle stime precedenti. La composizione dell’isola sarebbe formata da 1,8 trilioni di pezzi di plastica che nel 92% dei casi sono più grandi di 0,5 cm. Al 46% è composta da reti da pesca. Riscontrate anche presenze di plastiche quali polietilene e polipropilene.”
Invece nell’articolo il Rap sulla plastica Pietro Greco ha preso spunto dall’obbligo di utilizzare sacchetti di plastica biodegradabile introdotto dal decreto legge 91/2017, e dalle polemiche ad esso seguite. Greco ha evidenziato come “Pochi si sono soffermati sul valore ecologico della disposizione, che è in attuazione di una norma europea. Perché, evidentemente, ancora pochi conoscono quel fenomeno emergente che è l’inquinamento da microplastiche su cui questa rivista è tornata più volte (ultimamente ne abbiamo parlato qui e qui).
È, dunque, una questione di comunicazione ambientale. Di “agenda setting”, direbbero i tecnici della comunicazione” ed un modo nuovo di comunicare è quello provato dal “ricercatore, Domenico D’Alelio, presidente dell’associazione culturale Eco-Evo Research Messengers (ERMES) che si è improvvisato (con ottimi risultati) cantante rap per raccontare con una canzone «la storia della plastica dal Nobel a Giulio Natta agli oceani di plastica attuali».
Nell’articolo Oceani di plastica: una storia di cent’anni, invece, si ripropongono altre ricerche che già da diversi decenni stanno cercando di richiamare l’attenzione su un problema davvero globale.
“Ogni anno, secondo le stime dell’ONU, riversiamo in mare 8 milioni di tonnellate di plastica. Un ritmo pari a un camion al minuto. Camion che, entro 30 anni, potrebbero diventare quattro. Tramutando l’oceano in un mare di plastica. Tanto che, secondo la Fondazione Ellen Mac Arthur, entro il 2050, in mare ci sarà più plastica che pesci: il rapporto che adesso è di uno a cinque, tra meno di un decennio sarà di uno a tre, fino a invertirsi. E noi sicuramente abbiamo capito con molto ritardo cosa stava e sta tutt’ora succedendo.”