Viviamo nell’era dell’immagine. Istruzioni, indicazioni, messaggi pubblicitari, ma anche concetti e idee astratte sono, sempre più spesso, comunicate tramite disegni, icone e segni grafici. In poche decine di anni la tecnologia digitale e social media hanno stravolto completamente il canone visuale della comunicazione. Anche la comunicazione e la divulgazione della scienza, specie della fisica moderna e dell’astrofisica, sono state travolte da questa rivoluzione.
Andrea Rubin, in un interessante articolo sulla rivista Micron, tratta ampiamente di questo tema.
La vignetta qui sopra ripropone, seppur scherzosamente, un esempio dei problemi e dei conflitti che quasi ogni giorno animano i rapporti tra scienza e società: energia nucleare, Ogm, biotecnologie e – più recentemente – vaccinazioni e cambiamento climatico sono solo alcuni casi ben noti che hanno occupato la scena pubblica.
Scienziati e illustri opinionisti tendono spesso a spiegare l’apparente distanza tra scienza e società con il basso livello di conoscenza scientifica dell’opinione pubblica italiana. Il senso comune, infatti, sembrerebbe suggerire che più è elevata la conoscenza dei contenuti scientifici, più si è predisposti a sviluppare un atteggiamento positivo nei confronti della ricerca scientifica; tant’è che, nonostante le ricerche nel settore della comunicazione pubblica della scienza e della tecnologia (Public Communication of Science and Technology Studies) abbiano sollevato da tempo numerose obiezioni a questo presupposto, il livello di conoscenze scientifiche rimane un indicatore rilevante nell’analisi del rapporto tra scienza e società.
L’Osservatorio Scienza e Società di Observa Science In Society monitora, ormai da quasi vent’anni, il livello di «alfabetismo scientifico» degli italiani attraverso tre domande standardizzate anche su scala internazionale. Andrea Rubin nell’articolo illustra i risultati di queste ricerche, arrivando a poter dire che l’analisi di oltre 10 anni di rilevazioni permettono di affermare che le conoscenze scientifiche aumentano all’aumentare del livello d’istruzione e tra coloro che si espongono più frequentemente a temi scientifico-tecnologici nei media, mentre raggiungono livelli più bassi tra i cittadini più anziani. L’andamento dell’alfabetismo scientifico in Italia permette in prima battuta di smentire quello stereotipo e quel giudizio, spesso presente nel dibattito pubblico, che vuole gli Italiani “ignoranti” in tema di scienza e tecnologia: se, infatti, permangono rilevanti lacune informative in una quota non trascurabile della popolazione, esse non possono essere attribuite alla scarsa informazione specifica sulla scienza ma, casomai, al più generale livello di istruzione della stessa.
Quindi entra più addentro alla questione centrale trattata, e cioé, il ruolo delle immagini nella comunicazione publbica della scienza, raccontando l’esperienza di Robert Hook, autore di Micrographia (1665), un volume contenente sessanta immagini di esseri viventi e loro parti, come un pidocchio, una pulce, la testa di una mosca o il pungiglione di un’ape. Il libro, che ebbe uno straordinario successo, ben rappresenta il ruolo centrale che la dimensione visuale ha svolto sin dalle origini della scienza moderna.
Un ruolo che non si è mai sopito, tanto che recentemente una fotografa scientifica, Felice Frenkel, ha pubblicato un libro (Picturing Science and Engineering) in cui, oltre a offrire una guida per la realizzazione di immagini scientifiche accurate e sorprendentemente utili per le pubblicazioni specialistiche (Elsevier, uno dei più importanti gruppi editoriali di pubblicazioni scientifiche ricorda agli scienziati che vogliono pubblicare sulle sue riviste che “un’immagine vale mille parole”), spiega come l’uso di “belle” immagini aiuti a rendere la scienza più accessibile ai non specialisti.
Il crescente ruolo assunto dalle immagini si può riscontrare anche dai numerosi social media che sono sorti negli ultimi anni per permettere la condivisione di fotografie, disegni o altro materiale visual: si pensi al sempre più frequente utilizzo di social come Instagram, ma anche i più datati Pinterest o Flickr, che n qualche modo attestano il ruolo della componente visuale, che costituisce ormai un elemento chiave anche nella presentazione e diffusione di dati e temi scientifici.
Leggi l’articolo integrale sulla rivista Micron