Abbiamo rivolto alcune domande al prof. Emanuele Rossi, ordinario di Diritto costituzionale alla Scuola Superiore Sant’Anna, per comprendere meglio il significato delle recenti modifiche costituzionali. Il professore è stato Preside della Classe di Scienze sociali, Direttore dell’Istituto Dirpolis ed attualmente riveste il ruolo di Pro – Rettore con delega all’orientamento e al coordinamento delle attività formative. È autore di numerose pubblicazioni su temi vari di diritto costituzionale.
Il recente inserimento in Costituzione della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi è una notizia, attesa da decenni, ma anche un importante e concreto impegno per il futuro in particolare per le “future generazioni”, esplicitamente citate nella modifica dell’articolo 9 Costituzione.
Non si tratta solo del diritto dell’ambiente ma del diritto all’ambiente. La conferma è nella modifica, apportata all’articolo 41, che prevede che l’iniziativa economica privata non possa svolgersi in modo da recare danno ad alcuni valori costituzionalmente tutelati, come la salute ed ora anche l’ambiente.
Le modifiche introdotte sono, dunque, un passaggio cruciale: il completamento di un lungo cammino partito col riconoscimento in Costituzione della tutela del paesaggio, bene più culturale che ambientale fin 1974, che approda ora al riconoscimento dell’ambiente come valore primario.
Oggi la dimensione etica, la dimensione scientifica e la dimensione di corresponsabilità nei confronti delle nuove generazioni implicano l’individuazione di soluzioni e scelte di livello costituzionale, perché la complessità dei problemi ambientali si risolve con l’individuazione dei princìpi che devono guidare il metodo per affrontarli: le costituzioni rappresentano la sede in cui tali princìpi possono essere recepiti e definiti.
a) È sufficiente aver inserito questi nuovi valori per cambiare le fondamenta su cui si basa il patto tra generazioni ed accelerare la transizione ecologica?
Evidentemente no, non basta certo una disposizione nella Costituzione, ancorché inserita nei Principi fondamentali, in grado – da sola – di mutare le politiche pubbliche. Occorrono leggi prima e atti amministrativi poi, per dar luogo a prassi virtuose ed efficaci. Detto questo, non va peraltro sottaciuta l’importanza di una previsione costituzionale che, per un legislatore attento, dovrebbe costituire un obiettivo da perseguire, oltre che un limite da non valicare.
b) Quali sono i passi da compiere per tutelare pienamente e concretamente quei princìpi di protezione ambientale e biodiversità?
Il tema è complesso, l’inserimento dei nuovi princìpi nella Costituzione è solo un punto di partenza e non un punto di arrivo.
In questa sede, mi limito a segnalare alcuni profili di carattere interpretativo sulla formulazione approvata: la “biodiversità” e gli “ecosistemi” sono cosa diversa dall’“ambiente”? La formulazione del nuovo art. 9 della Costituzione sembrerebbe propendere per la risposta positiva, ma noi sappiamo che non è così, e quindi occorrerà trovare modalità che rendano compatibili le “tre tutele” che l’art. 9 impone di assicurare. E ancora: tutte le biodiversità e gli ecosistemi devono essere tutelati o alcuni devono essere indirizzati, guidati e anche limitati?
In un seminario che abbiamo tenuto sul tema alla Scuola Sant’Anna, un collega ci invitava riflettere sulla “tutela della biodiversità”, che secondo la nozione corrente significa tutelare l’“unità ecologica costituita da organismi viventi (piante e animali) in grado di interagire tra loro ed adattarsi all’ambiente in cui vivono”. Con una osservazione un po’ provocatoria, egli ci invitava a riflettere sul fenomeno dei cinghiali che entrano nelle zone cittadine abitate da persone, quale fisiologico scontro tra specie all’interno di un ecosistema. Ebbene, l’arrivo dei cinghiali nell’ecosistema urbano aumenta indubbiamente la biodiversità!
Il punto è che gli ecosistemi sono sempre frutto di equilibri dinamici, e dunque la tutela deve essere sempre altrettanto dinamica, non pretendendo mai di “congelare” gli equilibri esistenti in un dato momento, il che non avrebbe senso e risulterebbe dannoso.
Tralascio il tema della tutela degli animali, da realizzare con legge dello Stato, su cui ci sarebbe molto da dire sul piano del sistema delle fonti del diritto, nonché sul rispetto delle competenze delle regioni in materia.
c) L’ambiente come contrappeso alla libertà economica nell’articolo 41 riporta in primo piano il rapporto non sempre facile tra tutela dell’ambiente e tutela dell’attività economica. Che cosa cambierà e quali saranno gli effetti?
Anche su questo punto non è possibile dare una risposta “preventiva”: occorrerà analizzare le iniziative che il Parlamento – in primo luogo – intenderà adottare e tutte le politiche pubbliche che verranno realizzate. Solo a valle di questo si potrà comprendere l’effetto della riforma costituzionale. Tuttavia, come prima impressione, si può dire che certamente la logica che ha ispirato il legislatore di riforma è stata nel senso di porre un ulteriore limite all’iniziativa economica privata: ricordiamo che con la nuova formulazione l’art. 41 sarà così formulato: (l’iniziativa economica privata) “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Al di là di alcuni aspetti interpretativi che, – anche su questo punto – andrebbero rilevati (la “salute” è cosa diversa dalla “libertà” e dalla “dignità umana”?), certamente lo scopo della previsione è di porre ulteriori limiti, oltre a quelli esistenti, all’attività imprenditoriale. Vi è da dire che i limiti già presenti hanno prodotto, fino ad oggi, effetti limitati, se non in termini di (ulteriori) adempimenti burocratici: e quindi c’è da immaginare che anche l’aggiunta di nuovi non cambierà radicalmente la situazione. Ma non si può dire. Sarebbe utile domandarsi come reagirebbe il mondo imprenditoriale se quei limiti fossero considerati stringenti. Come sempre, vi è una delicata opera di bilanciamento tra interessi contrapposti da realizzare, ricordando che già oggi sono presenti consistenti misure che impediscono a un imprenditore di svolgere un’attività economica che produca rischi per la salute delle persone e per l’ambiente.
d) L’inserimento nella Costituzione della tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e della biodiversità affiancherà la tutela del paesaggio, presente fin dal 1974. Come sarà possibile bilanciare, in futuro, il rapporto tra due esigenze costituzionali parimenti tutelate, paesaggio e ambiente? Per fare un esempio il caso dei campi eolici
Anche in questo caso si tratta di un problema di bilanciamento tra interessi contrapposti. Certamente se aumentiamo gli interessi da bilanciare, e li mettiamo tutti allo stesso livello, come fa il nuovo art. 9 della Costituzione, il grado di complessità aumenta: e, di conseguenza, aumenta anche il margine di discrezionalità del legislatore. Per stare all’esempio, e rimanendo su un piano di analisi teorica del problema, se fino ad oggi la realizzazione di campi eolici doveva essere compatibile con la tutela del paesaggio, da domani dovrà essere compatibile anche con la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e della biodiversità. Può darsi che, alla fine, non cambi molto, e che si tratti soltanto di motivare meglio le soluzioni amministrative o di trovare localizzazioni più adeguate: ma potrebbe anche significare che la possibilità di realizzare campi eolici venga fortemente penalizzata. Dalle disposizioni costituzionali, e in particolare, lo ripeto, da un princìpio fondamentale, non si possono trarre conseguenze dirette e immediate: occorrerà valutare come la legislazione e l’amministrazione intenderanno operare quei bilanciamenti di cui abbiamo parlato.
e) La Corte costituzionale si è già espressa con una giurisprudenza aperta alle istanze di tutela ambientale. Come potrà dare valore e utilizzare questa novità normativa? Quali altri soggetti e come potranno avvalersene?
La Corte costituzionale italiana ha, ormai da molti anni, tratto dalla Costituzione l’esigenza di una tutela dell’ambiente in quanto tale, considerandolo alla stregua di un “valore costituzionale primario” o “fondamentale”, sebbene tale primato debba contemperarsi con gli altri valori
Costituzionali. Non credo che, su questo punto, sia possibile andare molto più in là, anche ricordando che sul tema la normativa dell’Unione europea è molto presente ed avanzata (e si impone al legislatore italiano). Possiamo immaginare che la tendenza della giurisprudenza della Corte costituzionale troverà un rafforzamento in questa direzione, ma non ritengo che sia possibile andare molto avanti, proprio per l’esigenza di considerare altri interessi costituzionalmente rilevanti. Anche sui soggetti che si potranno avvalere delle “nuove” tutele, non credo, che possiamo attenderci grosse sorprese: certamente i cittadini, singoli e associati (e soprattutto questi ultimi) potranno far valere le istanze di tutela sancite dalla Costituzione, ma sempre passando dai canali di accesso alla giustizia costituzionale.
In definitiva, credo che la riforma costituzionale vada a “ratificare” uno sviluppo che già si è realizzato in via legislativa, amministrativa e giurisprudenziale: dando forse nuovo impulso a queste tematiche, ma non provocando sconvolgimenti sostanziali.