Molti studi effettuati prima e dopo l’incidente di Chernobyl hanno dimostrato che i licheni possono accumulare elevate concentrazioni di radionuclidi.
L’interesse per il loro comportamento negli ecosistemi naturali si sviluppò durante gli anni ‘60, durante i test nucleari in atmosfera, in seguito all’acclarato trasferimento di Cesio-137 (137Cs) lungo la catena alimentare lichene-renna-uomo.
I licheni sono indicatori ideali dei radionuclidi aerodispersi in vari ecosistemi, essendo una straordinaria associazione simbiotica di funghi e alghe e ottenendo i loro nutrienti principali direttamente dall’aria.
I licheni accumulano e conservano la maggior parte dei prodotti di fallout depositati e quindi agiscono come un serbatoio di radioattività. Non hanno un apparato radicale e pertanto è improbabile che accumulino livelli significativi di 137Cs dal substrato.
Dopo uleriori informazioni sulle caratteristiche dei licheni, un articolo pubblicato nel Rapporto Ambiente Snpa edizione 2018, descrive i risultati di una indagine effettuata in Calabria, sul contenuto non solo di Cesio-137, ma anche di diversi metalli (Aresenico, Berillio, Cadmio, Rame, Mercurio, Piombo e Zinco) rilevati nei licheni, confrontandoli con i valori riportati in letteratura.