Si discute delle condizioni del fiume che sfocia nel golfo di Napoli: una questione ancora in parte irrisolta. A inizio marzo l’Arpa Campania ha partecipato a un affollato incontro sul territorio.
Il Sarno è stato protagonista di un affollato convegno che si è tenuto nella città omonima lo scorso 2 marzo: un incontro patrocinato dai Rotary Club della zona, con la partecipazione, tra gli altri, del commissario straordinario dell’Arpa Campania Stefano Sorvino e di Maurizio D’Amora, che ha ricoperto l’incarico di direttore generale dell’Asl Napoli 3 Sud, nel cui territorio sono compresi alcuni dei comuni del bacino del Sarno. Tra gli interventi, moderati dalla giornalista Carmela Maietta, anche quello dell’oceanografo Giancarlo Spezie.
Un incontro, dunque, in cui si è discusso di ambiente ma anche di conseguenze dell’inquinamento sulla salute dei cittadini. Da decenni si dibatte del degrado ambientale del fiume che sfocia nel Golfo di Napoli, ma da poco si è iniziato a studiarne anche gli effetti sul benessere fisico di chi abita in quest’area. D’Amora ha sottolineato che manca ancora un’indagine epidemiologica sistematica sullo stato di salute dei residenti del bacino idrografico del Sarno: un’area non molto estesa (circa 440 chilometri quadrati), ma che comprende popolosi comuni delle province di Napoli e Salerno, come Pompei, Angri, Castellammare di Stabia, Torre Annunziata.
L’ex dg dell’Asl Napoli 3 Sud ha esposto alcuni dati tratti dai Registri dei tumori delle aree interessate. L’esperto ha spiegato che alcune patologie tumorali mostrano incidenze superiori alle medie provinciali, in particolare nell’Agro nocerino – sarnese. Su questi temi è stato pubblicato di recente uno studio del professore Stefano Albanese (Federico II) e sono in corso ricerche dell’Istituto per i tumori Pascale di Napoli.
Il commissario dell’Arpa Campania ha chiarito i compiti dell’Agenzia ambientale nel quadro della questione – Sarno. Ad Arpac spettano i controlli tecnici sugli scarichi di acque reflue nel fiume. L’Agenzia gestisce inoltre la rete di monitoraggio utile per costruire il quadro di conoscenze sullo stato ambientale del corso d’acqua. La rete, operativa fin dal 2001, è stata di recente ampliata in applicazione del Testo unico sull’ambiente. Il monitoraggio è stato esteso ai due principali affluenti del Sarno (Cavaiola e Solofrana). Inoltre, al monitoraggio dello stato chimico delle acque è stato affiancato lo studio della componente biotica (cioè delle forme di vita presenti nel fiume). I risultati del monitoraggio vengono pubblicati sul sito dell’Arpa Campania .
A grandi linee – ha spiegato D’Amora – sono, storicamente, tre le fonti di inquinamento presenti in questo territorio. Nonostante i recenti progressi, i sistemi fognari e i depuratori al servizio delle città della zona non sono stati completati, per cui gli scarichi domestici rappresentano un problema non trascurabile per il Sarno. Poi c’è un’agricoltura caratterizzata da un largo uso di fitofarmaci, diserbanti e fertilizzanti. Infine c’è l’annoso problema degli scarichi industriali, provenienti soprattutto (ma non solo) dalle concerie presenti lungo la parte alta del bacino idrografico e dalle aziende conserviere dell’Agro nocerino – sarnese.
Il tutto aggravato dai frequenti allagamenti, che facilitano la diffusione degli inquinanti sul territorio. Tra poche settimane, del resto, si commemorano le vittime della disastrosa alluvione di Sarno del 1998, nel ventennale della tragedia: i temi dell’assetto idrogeologico e dell’inquinamento delle acque sono più affini di quanto si pensi.
Luigi Mosca – Arpa Campania – l.mosca@arpacampania.it
(ha collaborato Cristiano Gramegna, U.O.C. Monitoraggi e Cemec)