Il caso-Avellino: sulla qualità dell’aria necessaria una strategia condivisa

Il tema della qualità dell’aria è all’ordine del giorno ad Avellino, anche perché la recente edizione 2019 del rapporto Mal’Aria di città di Legambiente ha messo in risalto i frequenti superamenti, nel capoluogo irpino, dei limiti di legge giornalieri per le concentrazioni di ozono e Pm10 in atmosfera. Avellino è risultata il primo capoluogo di provincia dell’intero Mezzogiorno per numero di “sforamenti” su questi parametri (46 giorni di superamento per il Pm10 e 43 per l’ozono).

Questo posizionamento si basa sui dati dell’Arpa Campania, presente in città con due centraline fisse, a cui si aggiunge la centralina (anch’essa gestita da Arpac) situata nello stabilimento Stir di gestione dei rifiuti nella frazione di Pianodardine e dalla fine del 2018 un laboratorio mobile posizionato nei pressi della Villa comunale. Il centro principale dell’Irpinia è al terzo posto a livello nazionale per numero di superamenti, tra le città non comprese nell’area padana, e sorprendentemente risulta più problematico di Napoli. Come si spiega?

Il commissario straordinario Arpac Stefano Sorvino, intervistato di recente dal Mattino, ha chiamato in causa la particolare conformazione geografica del territorio avellinese, stretto in una conca tra alture che favoriscono il ristagno degli inquinanti. Il problema è noto da tempo, tanto che all’inizio del 2018 il Comune di Avellino e undici comuni della provincia hanno siglato un protocollo d’intesa per la riduzione delle emissioni di inquinanti, di cui si è data notizia su AmbienteInforma.

Ma questo accordo non è evidentemente bastato per limitare il numero di superamenti. Lo scorso 5 febbraio, con la regia del prefetto Maria Tirone, si è tenuto nel capoluogo irpino un nuovo incontro con la presenza del commissario straordinario del comune di Avellino, Giuseppe Priolo, dei sindaci dei comuni limitrofi, e dei rappresentanti di Asl e Arpac. L’obiettivo è implementare ed eventualmente rivedere l’accordo di inizio 2018, che punta l’attenzione su tre fonti di emissioni, cioè il traffico veicolare, i riscaldamenti e i roghi di residui vegetali, questi ultimi frequenti nelle abitudini dei contadini della zona.

L’accordo prevede un set di misure progressive, che scattano nel corso dell’anno a seconda del numero di giornate di superamento dei limiti. Le misure comprendono divieti e limitazioni crescenti, in particolare al traffico, in un’ottica di area vasta, in linea con quanto sperimentato in alcune regioni del bacino padano. I comuni a cui spetta attuare l’accordo sono divisi in due fasce: quelli “di fascia A” sono chiamati a contribuire di più all’implementazione di questa intesa.

Nell’intervista al Mattino, il commissario dell’Arpa Campania ha fatto però notare che, al di là delle ordinanze, occorre puntare su interventi strutturali per fornire ai cittadini alternative alle abitudini che pesano sulla qualità dell’aria. «Occorre un combinato di prescrizioni e politiche attive – ha osservato Sorvino – tra cui gli interventi a favore della mobilità sostenibile, insieme alla cosiddetta “ambientalizzazione” del sistema dei riscaldamenti e alla realizzazione di infrastrutture verdi».

Immagine esemplificativa in alto tratta da meteoarpac.it

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