Le condizioni ambientali della risorsa acqua in Irpinia sono state tra gli argomenti di un affollato convegno promosso dall’Ordine degli ingegneri della provincia di Avellino, convegno che si è tenuto nel capoluogo irpino lo scorso 30 novembre. Tema portante del convegno è stato il servizio idrico integrato, con ovvie implicazioni sul piano ambientale, tanto che tra i relatori è intervenuto il commissario dell’Arpa Campania, Stefano Sorvino.
La provincia irpina, come è noto, è il grande contenitore di acqua del Mezzogiorno, chiamato a rifornire l’affollata metropoli partenopea ma anche a esportare notevoli quantitativi di risorse idriche in Puglia. «Fin dalla sua istituzione», ha ricordato Sorvino, «Arpac rileva sistematicamente la qualità dei corpi idrici superficiali e sotterranei nella regione, con due separate reti di monitoraggio». La rete di monitoraggio della qualità delle acque superficiali, ampliata nel 2013, conta circa centocinquanta siti nell’intera Campania, in tratti significativi dei corsi d’acqua o in corrispondenza dei più importanti punti di scarico, e con una frequenza di campionamento generalmente stagionale, in alcuni casi mensile.
«Le aree interne della Campania», ha spiegato Sorvino, «sono generalmente meno stressate, dal punto di vista ambientale, rispetto alla fascia metropolitana costiera. Tuttavia le rilevazioni Arpac mostrano in Irpinia diffuse criticità lungo i corpi idrici superficiali, fortunatamente non di gravità irreversibile. Se i parametri chimici – ha proseguito il commissario dell’Agenzia ambientale – offrono un quadro tuttosommato rassicurante, sono i parametri biologici a mostrare valori non soddisfacenti. Segno che i depuratori non sono ancora adeguati e segno che i massicci prelievi per rifornire le reti idriche, depauperando i corsi d’acqua, rendono più difficile diluirne l’inquinamento».
Sul risanamento dei corpi idrici di Irpinia e Sannio è attivo un progetto finanziato dalla Regione Campania: sono oltre venti in provincia di Avellino gli interventi previsti per migliorare la depurazione. «La qualità ambientale dei corsi d’acqua», ha commentato il commissario Arpac, «dipende anche dalla qualità dei cicli gestionali. L’ottimizzazione del servizio idrico integrato è parte integrante di questa sfida». A Giuseppe Onorati, dirigente UOC Monitoraggi e controlli, è spettato il compito di illustrare ai presenti, più nei dettagli, i risultati dei monitoraggi condotti dall’Agenzia. Una quota consistente di fiumi irpini non raggiunge l’obiettivo di qualità fissato dalla normativa europea, cioè uno stato ecologico perlomeno “buono”.
Tra gli interventi, quello del vicepresidente della Giunta regionale, Fulvio Bonavitacola, che ha ripercorso le tappe della riforma del servizio idrico in Campania. Momenti salienti di questo percorso, la legge regionale 15 del 2015 e l’istituzione dell’Ente idrico campano (che va verso la piena operatività). «Quando abbiamo riformato il servizio idrico», ha chiarito Bonavitacola, «abbiamo dovuto scegliere tra un modello centralistico, con il pregio della rapidità decisionale, e uno decentrato, che tutelasse la partecipazione dei territori. Abbiamo optato per un modello misto: c’è un ente idrico unico a livello regionale, ma costituito dai Comuni e articolato in ambiti territoriali. Gli ambiti territoriali – ha sottolineato il vicepresidente della Regione – decideranno della gestione del servizio ma l’attività amministrativa sarà tutta in capo a un unico soggetto, esecutore delle decisioni dei territori, con indubbi vantaggi gestionali».