Recenti studi condotti in Friuli Venezia Giulia evidenziano che nel corso di questi ultimi anni le richieste di acqua per l’irrigazione sono aumentate: i cambiamenti climatici sono una realtà che già oggi interessa profondamente il comparto agricolo regionale.
Lo studio del clima ci insegna che il Friuli Venezia Giulia è una regione dove piove molto e spesso, anche durante il periodo estivo. Considerando ad esempio i dati pluviometrici del periodo estivo (giugno-agosto) di Udine dal 1960 ad oggi, vediamo che le piogge estive sono di quasi 390 mm… tanto quanto piove nell’intero anno in alcune località della Puglia! Anche per questo motivo l’agricoltura regionale ha sempre potuto puntare su colture estive molto produttive e particolarmente esigenti in termini di richieste idriche, prima fra tutte il mais.
C’è però una limitazione: la natura dei suoli. Una parte molto estesa dei terreni regionali sopra la linea delle risorgive è caratterizzata da una scarsa capacità di trattenere l’acqua. In questi terreni, ciottolosi e poco profondi, se durante l’estate non piove per 5-6 giorni le colture entrano in stress idrico.
È per questo che sin dalla seconda metà del ‘800 nella media e alta pianura, dove i terreni sono idraulicamente più “poveri”, si sono sviluppati i consorzi di irrigazione e bonifica.
Guardando la sola distribuzione territoriale delle piogge e non considerando la natura dei suoli, questa localizzazione può sembrare paradossale perché spostandosi dal mare verso i monti le piogge sono via via più elevate!
Ma di quanta acqua ha bisogno una coltura per crescere durante l’estate nella nostra pianura regionale? Naturalmente dipende dalla coltura, ma se facciamo riferimento a un prato, che è la coltura standard per questi studi, notiamo come negli ultimi 60 anni il consumo d’acqua delle piante (acqua evapotraspirata) in pianura sia stata mediamente di 400 litri al metro quadro. In altri termini, perché un prato non entri mai in stress idrico sono necessari 400 mm di pioggia. Ovviamente è un calcolo semplificativo, in quanto si trascura il fatto che le piogge dovrebbero essere ben distribuite nel corso dei tre mesi e dovrebbero essere non troppo intense da causare perdite per percolazione in falda o ruscellamento laterale.
Quindi, al netto di quest’ultime considerazioni, si vede come le piogge medie estive di Udine riescono a coprire quasi del tutto le richieste evapotraspirative. Naturalmente, questo è vero solo in termini medi: in più della metà degli anni il deficit pluviometrico estivo (cioè la differenza tra piogge ed evapotraspirazione) è profondo. Le colture integrano l’acqua che manca attingendo alle riserve idriche del terreno immagazzinate con le piogge primaverili e invernali; ma una volta esaurite queste riserve non resta che l’irrigazione.
Il grafico 1 evidenzia un elemento che desta preoccupazione: negli anni il deficit pluviometrico estivo è aumentato. Infatti, da un lato si assiste al diminuire delle piogge e dall’altro all’incremento dell’evapotraspirazione. Nel decennio 1960-1969 a fronte di piogge medie estive intorno ai 500 mm i consumi di acqua erano di 385 mm, mentre negli ultimi 10 anni le piogge sono risultate ben più basse (330 mm) rispetto all’evapotraspirazione che ha superato i 430 mm.
L’aumento dei consumi idrici è legato fortemente all’incremento delle temperature estive (grafico 2): in un andamento di evidente crescita i 24.7 °C medi registrati durante i mesi di giugno, luglio e agosto di quest’anno sono il secondo valore più elevato registrato a Udine da oltre 100 anni.
Se questo è l’oggi cosa ci aspettiamo per il domani? Per rispondere a questa domanda possiamo riferirci allo “Studio conoscitivo dei cambiamenti climatici e di alcuni loro impatti in Friuli Venezia Giulia” che ARPA FVG, in collaborazione con la Regione, le Università regionali ed Enti di ricerca e di assistenza tecnica, ha coordinato e pubblicato nel 2018.
In questo studio vengono delineati i possibili futuri climatici della nostra regione facendo ricorso a modelli matematici che la scienza suggerisce essere il miglior metodo d’indagine per l’analisi degli impatti e dei rischi relativi ai cambiamenti climatici.
Partenendo dal periodo storico di riferimento, dal 1976 al 2005, si considera quale potrebbe essere l’evoluzione delle diverse grandezze meteorologiche (pluviometrie totali, frequenza delle piogge intense, periodi siccitosi, aumento delle temperature medie, massime, minime ….) fino alla fine secolo.
Nello studio sono stati esaminati tre scenari futuri: ad alto, medio e basso impatto delle attività dell’uomo sul clima tramite l’aumento dei gas serra nell’atmosfera.
Nella peggiore delle ipotesi potremmo aspettarci a fine secolo un aumento della temperatura estiva fino a 6 °C, mentre, sempre in estate, le piogge potrebbero diminuire in modo molto significativo, fino al 20-25%, in molte zone di pianura. Se al contrario vi sarà un auspicabile e importante impegno dell’umanità a riorientare il proprio modello di sviluppo, l’incremento medio delle temperature estive nell’ultimo trentennio del secolo potrebbe eccedere di solo 1-2 °C i valori medi del trentennio 1976-2005 e al contempo le piogge medie si manterrebbero sostanzialmente sui livelli attuali.
Partendo da queste proiezioni delle future condizioni climatiche, ARPA-OSMER, assieme agli altri coautori (Servizio gestione risorse idriche delle Regione e ERSA) ne ha esaminato gli effetti sul ciclo dell’acqua e sulla sua disponibilità ad usi irrigui.
Le conclusioni fanno riflettere: nel trentennio 2071-2100, nello scenario a basso impatto le necessità irrigue potrebbero essere molto simili rispetto a quelle attuali, mentre invece nello scenario ad alto impatto il periodo di stress idrico delle colture potrebbe aumentare anche di 5-6 giorni per ogni mese estivo, con la conseguente necessità di aumentare la frequenza dell’irrigazione. La maggiore necessità di irrigazione abbinata ad una minore disponibilità di risorsa idrica nei corsi d’acqua potrebbe, nel periodo estivo, rendere difficoltoso l’approvvigionamento per l’agricoltura, in particolare nell’Alta Pianura in sinistra Tagliamento, dove il quantitativo di acqua disponibile per l’irrigazione dipende direttamente dalla portata del fiume Tagliamento.