È stato recentemente pubblicato su “Atmospheric Research”, magazine facente capo a Science Direct / Elsevier, un lungo e approfondito articolo scientifico che descrive i risultati di uno studio curato da Università di Roma La Sapienza, Università del Molise, Istituto sull’inquinamento atmosferico del CNR e ARPA Lazio.
Lo studio si è svolto principalmente durante la fase di lockdown nazionale (dal 9 marzo al 18 maggio 2020) e nel periodo successivo, per valutare gli effetti di un contesto ambientale così “estremo” e difficilmente ripetibile sulla composizione del PM10 e sul peso delle diverse fonti.
Nel periodo interessato sono stati raccolti campioni di PM10 24 ore su 24 in tre siti nell’area di Roma: due siti urbani (Sapienza e Via Saredo, fortemente impattate dal traffico veicolare) e uno periurbano (Montelibretti, più influenzato dal riscaldamento domestico a biomassa). Inoltre, presso i siti Sapienza e Montelibretti, il campionamento giornaliero del PM10 è stato effettuato anche nel periodo immediatamente precedente al lockdown.
Il PM10 è stato quindi analizzato chimicamente per i componenti principali (quali ad esempio ioni inorganici, Carbonio elementale e organico, levoglucosano e altri. Sono stati così costruiti e analizzati mediante Positive Matrix Factorization (PMF) tre set di dati, con l’obiettivo di individuare e ripartire i contributi di massa delle fonti che agiscono nell’area di Roma prima, durante e dopo una situazione particolare come quella del lockdown.
Le fonti di emissione identificate provenivano principalmente da avvezione a lungo raggio (due diversi contributi di polveri minerali, spruzzi di mare freschi, combustione di olio pesante), mentre le fonti locali (traffico veicolare e combustione di biomassa) appaiono essere state fortemente ridotte rispetto al precedente periodo di campionamento e l’aerosol secondario inorganico ha mostrato un progressivo incremento dei solfati, trainato dall’evoluzione stagionale dall’inverno al primavera.
Dal momento che il lockdown ha interrotto tutte le attività produttive e lavorative non essenziali, riducendo così le impronte digitali chimiche di fonti locali, questo studio ha permesso di descrivere i profili e le fonti stimate dei componenti PM10 trasportati a lungo raggio. Inoltre, ha permesso di valutare la riduzione dell’impatto delle fonti antropiche (come il traffico veicolare), anche in relazione all’efficacia delle misure di mitigazione che vengono generalmente prese per limitare le concentrazioni di PM10.
Lo studio può essere letto (in inglese) sul sito di Atmospheric Research a questo indirizzo.