Intervista a Marco Lupo, direttore generale di Arpa Lazio. Continuiamo con lui il “giro d’Italia” con i direttori generali delle Agenzie ambientali che compongono il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, per capire da loro come stanno affrontando l’attuale periodo di crisi e come pensano di poter contribuire ad uscirne in una logica di “transizione ecologica”, come sempre più spesso si legge nei documenti ufficiali.
Il Paese sta affrontando una crisi sanitaria, sociale ed economica con pochi precedenti, ma al contempo sta lavorando per uscirne e costruire una prospettiva di ripartenza. In quale modo il SNPA può dare il proprio contributo perché questa ripartenza sia nel segno dell’ambiente?
Con la tremenda crisi sanitaria in corso è successo qualcosa di veramente eccezionale, i cui effetti non abbiamo ancora del tutto compreso e metabolizzato. Credo che rimarranno per sempre nelle nostre menti l’immagine di Papa Francesco che a fine marzo prega in una piazza San Pietro completamente vuota e le sue parole molto forti <<Non abbiamo ascoltato il grido … del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato>> .
Sembra che finalmente si sia acquisita questa consapevolezza ed oggi siamo di fronte ad una grande sfida, a qualcosa che è insieme una grande opportunità ed una grande responsabilità verso le generazioni future ossia quella di pensare e realizzare un nuovo modello sviluppo che pone la salvaguardia delle risorse ambientali e naturali ed in generale dei delicatissimi equilibri del pianeta in cui viviamo quale priorità di ogni nostro agire. Lavorare per la sostenibilità significa questo, non può essere uno slogan, un esercizio verbale, deve necessariamente tradursi in azioni concrete.
Gli eventi estremi che si susseguono sempre più frequentemente, costituiscono un altro avvertimento che l’emergenza climatica e, più in generale ambientale, è qui ed ora.
È stato detto che peggio di questa crisi c’è solo il rischio di sprecarla e noi non la dobbiamo sprecare. Il Recovery Plan costituisce una grande occasione. L’Europa ha compiuto uno scatto in avanti importante, ora è compito di ogni Paese di essere all’altezza della situazione.
Purtroppo l’esperienza italiana non è molto rassicurante. Ricordo l’esperienza dei Fondi strutturali che dovevano servire per colmare il gap storico fra nord e sud del Paese, anche in quel caso un fiume di denaro che non mi sembra abbia dato i risultati per cui le risorse erano state stanziate, a differenza di quanto fatto da altri Paesi europei. In tutte le classifiche sull’uso di queste risorse l’Italia è agli ultimi posti per quantità e qualità della spesa realizzata.
Si deve scongiurare l’eventualità che questa circostanza si ripeta. Il Recovery Plan, come risulta dalle bozze che circolano, sembra destinare circa un terzo delle risorse disponibili all’ambiente, con azioni importanti. La domanda che però mi sento di porre è come si può pensare di elaborare un piano di questo tipo, darvi attuazione e poi verificarne l’efficacia in termini di impatto perseguito sulla qualità dell’ambiente senza un coinvolgimento forte dell’unico soggetto presente in modo capillare su tutto il territorio nazionale, depositario di professionalità, esperienze e conoscenze ambientali, quale il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente?
L’SNPA, con i suoi 11.000 addetti tra biologi, chimici, fisici, geologi, ingegneri ambientali ecc. distribuiti su tutto il territorio nazionale, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, con l’immenso patrimonio di esperienza, di conoscenza in campo ambientale acquisita attraverso l’espletamento di decenni di attività di controllo e di monitoraggio di tutte le matrici ambientali, aria, acqua e suolo e con l’immenso patrimonio di dati ed informazioni di cui dispone, rappresenta senza dubbio il soggetto pubblico di riferimento nel settore.
Il ruolo del SNPA poi è fondamentale non solo per la parte di Recovery Plan che riguarda più direttamente l’ambiente, ma anche quelle parti che interessano le infrastrutture, l’agenda digitale, il rilancio delle attività imprenditoriali ecc.
Infatti sono le agenzie ambientali che compongono il SNPA che dovranno intervenire nei procedimenti di autorizzazione e nelle valutazioni di impatto ambientale per le opere che dovranno essere realizzate nell’ambito del Recovery Plan e poi saranno loro che dovranno monitorarne gli effetti sull’ambiente.
Se la ripartenza del Paese deve essere nel segno dell’ambiente, quali potrebbero essere i problemi che ancora impediscono il consolidamento di un forte Sistema nazionale di protezione ambientale, da affrontare e risolvere una volta per tutte?
Se vogliamo che gli interventi previsti dal Recovery Plan siano attuati in modo celere e rispettoso dell’ambiente, che è quanto ci chiede l’Unione Europea, si deve acquisire la consapevolezza che il ruolo delle agenzie ambientali è centrale e che risulta indispensabile investire sul SNPA, mettendo a disposizione le risorse necessarie.
Va invertita la prassi ormai consolidata di affermare a parole che si vuole tutelare l’ambiente, per poi prevedere che tutto debba essere fatto a risorse invariate. Ricordiamo come la stessa legge 132/2016, che ha istituito il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, impone il vincolo della invarianza finanziaria. Eppure la nostra legge istitutiva, prevede una innovazione fondamentale con l’introduzione dei LEPTA che dovranno assicurare un livello omogeneo di tutela ambientale su tutto il territorio nazionale, come è un sacrosanto diritto dei cittadini, superando l’attuale disparità. Se non si mettono a disposizione risorse aggiuntive, come sarà mai possibile?
Ed ancora, non si tiene in alcun conto il carico riversatosi sul Sistema per effetto dell’indebolimento degli enti Province, che avevano funzioni di tutto rilievo nel settore ambientale, si continua ad introdurre nelle norme nuovi compiti per il SNPA, si prevede che si esprimano pareri entro un numero ridotto di giorni in modo tassativo, ma sempre senza risorse aggiuntive e senza alcun approfondimento dei tempi tecnici davvero necessari.
Questo ultimo aspetto introduce un’altra questione cruciale, quella delle normative ambientali. Nel tempo il legislatore ha introdotto sempre nuove norme, creando un vero e proprio intreccio di disposizioni contraddittorie e di difficile interpretazione, che rendono i procedimenti autorizzativi e le attività di controllo un vero ginepraio inestricabile, a danno delle imprese, degli enti che devono autorizzare e delle stesse agenzie ambientali che svolgono un fondamentale compito di valutazione tecnica. Semplificare però non può voler dire “laissez faire”, considerando la tutela dell’ambiente un semplice impedimento burocratico, una perdita di tempo e non un fondamentale diritto da salvaguardare.
Semplificare le norme è indispensabile, ma per poterlo fare occorre un coinvolgimento indispensabile e forte del SNPA nella loro redazione, perché all’interno di esso ci sono le esperienze, le professionalità tecniche, le conoscenze dei territori indispensabili per stabilire percorsi rapidi, efficaci, ma non a scapito dell’ambiente.
Sulla base di condizioni di rinnovata forza e autonomia, il SNPA può svolgere un ruolo importante nello scenario che si sta profilando in Italia e in Europa?
Deve diventare consapevolezza comune del fatto che il Sistema non è un vincolo ma può costituire un fondamentale supporto per realizzare le opere in modo compatibile con l’ambiente.
Per farlo in maniera efficace deve esprimere, accanto alle competenze tecniche, la cultura, che sta crescendo al suo interno, di supporto al mondo produttivo, senza alcuna confusione di ruoli, ma con la capacità di fornire un contributo attivo alla crescita della compliance normativa e dell’orientamento verso le BAT.
Al tempo stesso, spirito di servizio e capacità organizzativa debbono assicurare, nel concorso alle funzioni autorizzatorie svolte nei confronti del mondo produttivo, la velocità di azione che è indispensabile per non ostacolare ma anzi concorrere alla ripresa dopo la pandemia.
Il Sistema, inoltre, deve proporsi come soggetto che concorre, a livello nazionale, a definire le politiche e gli interventi, come pure avviene a livello regionale, per esempio, nel caso del Lazio, con il contributo sostanziale all’elaborazione dei Piani di Tutela dell’acqua e di Risanamento della qualità dell’aria. Analogamente, deve essere espressa sul piano nazionale quella capacità progettuale che è presente ma per lo più circoscritta alla realtà locale.
Insomma tutti concordano che l’ambiente, come ci ricorda il Papa, come ci dicono gli scienziati, i giovani di Fridays for Future, la stessa Unione Europea con il Green New Deal, deve essere al centro del dibattito, delle scelte e delle decisioni. La collettività vuole vivere in un ambiente più salubre e lo vuole ora. Questa attenzione non può essere sprecata.
Per dare delle risposte concrete è indispensabile investire davvero sull’ambiente e sul SNPA, che, lo ricordo ancora, è il principale soggetto pubblico che se ne occupa, per i controlli del rispetto delle normative, per il supporto tecnico-scientifico al fine di valutare nuove attività ed opere in modo ambientalmente sostenibile, per monitorarne gli effetti degli interventi e lo stato dell’ambiente. A fronte di ciò il bilancio complessivo del Sistema (Ispra più 21 agenzie ambientali) è di poco più di 800 milioni l’anno, meno di quello di una Azienda sanitaria di media grandezza, circa 1 euro a persona al mese, meno del costo di un caffè. In queste condizioni è difficile andare lontano.
Certo anche noi dobbiamo fare uno sforzo importante, perché sappiamo come nella società odierna le nostre attività esistono quando sono percepite dall’opinione pubblica. Su questo abbiamo ancora molto da fare, dobbiamo investire di più in comunicazione e informazione, non per farci pubblicità, ma per rendere conto ogni giorno e fornire informazioni, notizie, dati a tutti (enti, cittadini, imprese) sul nostro lavoro quotidiano per tutelare l’ambiente.
La conoscenza della competenza e della terzietà che il Sistema mette in campo a tutela dell’ambiente e della qualità della vita è fondamentale per colmare il diffuso deficit di fiducia nelle istituzioni, che, se non recuperato, comporta il rischio concreto che i molti interventi programmati si scontrino con l’ostilità degli infiniti comitati di cui è facile profezia prevedere la nascita.
Intervista a cura di Marco Talluri, coordinatore della redazione di Ambienteinforma