La mareggiata che ha investito la costa ligure il 29 ottobre 2018 è stata, come annunciato già in fase previsionale, una di quelle “storiche”, che a intervalli più o meno regolari si formano nel Mediterrano nord occidentale.
La componente principale, in questa occasione, è stata il forte vento di scirocco, che fin dal primo pomeriggio si è incanalato nel corridoio naturale formato da Sardegna e Corsica a sinistra, e dalla penisola italiana a destra.
L’arco ligure è situato al posto della proverbiale finestra che – lasciata aperta – “fa corrente”: lo scirocco è arrivato in costa con un’intensità mai registrata prima. Dopo pranzo in città a La Spezia il vento ha toccato i 171 km/h, mentre in serata nell’altra riviera, a Marina di Loano, l’anemometro è arrivato addirittura a fondo scala: 180 km/h. In quindici anni di Osservatorio meteo idrologico della Regione Liguria non era mai successo per vento da sud.
Il risultato è stato l’aumento del moto ondoso, che ha flagellato tutta la costa con onde di tipo oceanico. La boa di capo Mele, situata due miglia al largo nella riviera di ponente, ha misurato un’onda massima di 10.31 metri – un edificio di tre piani! – e un periodo di picco di addirittura 12 secondi. Fra un’onda è quella successiva, cioè, il mare ha avuto a disposizione ben dodici secondi per accumulare energia e scaricarla sul litorale.
Alla mattina dopo gli effetti sono risultati evidenti agli occhi di tutti: pur trattandosi di un fenomeno meteo completamente diverso, la devastazione nei primi cento metri di costa è stata simile a quella prodotta da uno tsunami.
Centinaia di imbarcazioni parcheggiate sulla terraferma, strade e locali spazzati via, tratti di dighe lesionati, impianti di piscicoltura e molluschicoltura compromessi, un intero settore turistico balneare da riequilibrare. Per non parlare degli inquinamenti puntuali causati dalle rotture di tubazioni, motori, serbatoi, etc, e del possibile danno agli ambienti di pregio a ridosso del bagnasciuga, sopra e sotto la superficie dell’acqua; persino un delfino non ha retto alla furia di Poseidone, ed è stato trovato spiaggiato.
Un brusco segnale per il grande pubblico, tardivamente assalito dal dubbio su quali conseguenze avranno nel giro di pochi anni i cambiamenti climatici: il continuo aumento del livello del mare è uno dei fatti ineluttabili con cui dovremo imparare a convivere.
Meno male che almeno nelle ultime 4 righe l’autore si è ricordato che da parecchi anni è in corso un cambiamento climatico; e non per un destino cinico e baro, aggiungo io, ma perchè, negli ultimi circa due secoli l’Umanità, oltre ad essere passata da 1,5 a 7,5 miliardi di persone, ha prodotto tanta di quell’Anidride Carbonica (CO2) che il su tasso in atmosfera ha superato le 400 parti per milione mentre, nei precedenti 800.000 (OTTOCENTOMILA) anni, non aveva mai superato le 300 e raramente le 250. Se si continua così, come purtroppo temo, l’innalzamento del livello del mare farà sì che la Pianura Padana diventi “il golfo di Torino”.
Le piante o mondo vegetale è la macchina organica che con la fotosintesi clorofilliana trasforma l’anidride carbonica in zucchero ed in legno immagazzinando l’energia luminosa
inviata dal sole “fotoni”. Quando utilizziamo legna, carbone, petrolio ecc. come combustibile liberiamo
quell’energia immagazzinata migliaia di anni fa e ritrasformiamo il carbonio in ossido e anidride carbonica.
Il mondo vegetale è fonte di nutrimento per gli esseri viventi , senza la vita vegetale noi non esisteremmo.
Gli alberi e le piante trattengono e assorbono acqua con le loro radici riducono gli eventi franosi ed in campo climatologico attenuano le escursioni termiche oltre a mantenere un umidità atmosferica costante. L’aumento dell’anidride carbonica in atmosfera indica che si è ridotto il mondo vegetale, ma, non è la causa assoluta o principale della variazione climatica. Se avete la possibilità di leggere le cronache dei quotidiani in archivi storici ,appaiono nel fine 1800 alluvioni a Rapallo, mareggiate ,esondazioni in Liguria e terremoti, se avete invece l’opportunità di leggere libri di geologia appaiono sulla terra periodi glaciali, periodi in cui eruzioni vulcaniche con le loro emissioni di anidride solforosa causano veri cambiamenti climatici.
Il mare, descritto dai maestri nelle scuole elementari ai bambini ,è fonte di vita perché fornisce l’alimentazione ed è un mezzo di comunicazione; spetta all’uomo conoscerlo e saperlo usare. Se sono costruite città lungo le coste, è perché il mare
porta dei benefici, certamente costruire abitazioni lungo i torrenti ed adiacente alle scogliere comporta dei rischi e questo lo sappiamo dall’epoca preistorica.
Tra le tante normative sulle abitazioni che hanno per oggetto certificati energetici, impianti elettrici ,un giorno, potrebbe essere approvata una legge che obbliga il costruttore di informare i compratori o essere allegata agli atti di compravendita, un certificato che indichi quali siano i rischi dell’edificio, in che zona del piano della protezione civile è ubicato ecc.
D’accordo sulla la furia degli elementi, come sui probabili effetti dei cambiamenti climatici, ma la maggior causa degli infausti eventi va ricercata nell’arroganza dell’uomo che, nonostante tutto, insiste nello sfidare la natura, costruendo in prossimità della zona frangiflutti così come nelle aree di pertinenza fluviale, aumentando così la soglia del rischio che sarebbe invece ben al disotto degli standard di sicurezza. Credo sia giunto il momento di ripensare le strategie di gestione del territorio, considerando possibili ripristini ambientali che smantellino ciò che di sbagliato è stato fatto.