Intervista a Fabio Carella, direttore generale di Arpa Lombardia. Continuiamo con lui il “giro d’Italia” con i direttori generali delle agenzie ambientali che compongono il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, per capire da loro come stanno affrontando l’attuale periodo di crisi e come pensano di poter contribuire ad uscirne in una logica di “transizione ecologica”, come sempre più spesso si legge nei documenti ufficiali.
Il Paese sta affrontando una crisi sanitaria, e sociale ed economica con pochi precedenti, ma al contempo sta lavorando per uscirne e costruire una prospettiva di ripartenza. In quale modo il SNPA può dare il proprio contributo perché questa ripartenza sia nel segno dell’ambiente?
Secondo me c’è una tematica di carattere generale che bisogna mettere a fuoco prima di parlare del contributo del Sistema e delle agenzie. Ritengo che sia necessario che i princìpi che l’Unione europea ha dato per l’utilizzo dei finanziamenti, nei quali la transizione ecologica ricopre un ruolo centrale, siano tradotti nella situazione nazionale.
È chiaro che l’indicazione dell’Unione europea è condivisibile, e in particolare da chi, come noi, è impegnato ogni giorno su questi temi; chi non condividerebbe il tema della transizione verso un’economia con un sistema più compatibile con l’ambiente? Questa indicazione va però applicata nella nostra realtà italiana, poi si potrà vedere come il SNPA si collocherà all’interno del processo.
Si deve fare una considerazione di carattere generale (è la mia idea personale), il tema è quello di di poter auspicabilmente approfittare dei finanziamenti per mettere a posto una serie di partite di interesse nazionale che storicamente questo Paese si trascina da sempre. Finché non mettiamo a posto il tema dei rifiuti e della depurazione delle acque, ha un senso veramente relativo parlare di cose più grandi. È certamente affascinante, per esempio, ipotizzare l’utilizzo dell’idrogeno come energia pulita, ma è evidentemente una strada su cui investire in termini di prospettiva, le risorse del Recovery Fund andrebbero impiegate anche per risolvere oggi questioni aperte e di cui subiamo quotidianamente gli effetti negativi: le istituzioni italiane secondo me devono impegnarsi perché questo sia possibile. Non è pensabile, per esempio, andare avanti con situazioni del nostro Paese in cui grandi città continuano a esportare i rifiuti all’estero, oppure intere zone non sono allacciate alle reti fognarie e i reflui si riversano tali e quali nei fiumi per poi arrivare in mare. Per non parlare delle migliaia di siti inquinati da bonificare di cui è pieno il territorio nazionale, o del dissesto idrogeologico di cui ci ricordiamo solamente dopo eventi disastrosi, che ormai, con il cambiamento climatico, diventano sempre più frequenti.
Va certamente bene pensare a prospettive future, ma credo che prima di tutto occorra stare con i piedi per terra e risolvere questioni irrisolte da decenni. Fra l’altro si tratta di tematiche che poggiano su tecnologie mature e questo permetterebbe di innescare immediatamente circoli virtuosi anche da un punto di vista economico. Infatti, una volta individuate le priorità ambientali che è più urgente risolvere – negli ambiti che sopra ricordavo – si possono dare benefici concreti nel breve tempo al Paese. Altro tema su cui riflettere è il sistema produttivo italiano, largamente fondato sulla piccola e media impresa. Operare su questi filoni permetterebbe di dare lavoro e, quindi, sostenere il vero tessuto industriale nazionale, evitando gli errori che spesso sono stati fatti in passato, quando ci sono state delle risorse importanti, disperdendole a pioggia per ricercare il consenso o a favore di grandi gruppi privati o pubblici, con scarsissime ricadute effettive sul Paese.
Fatto questo ragionamento di base, possiamo parlare del contributo che può dare il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente. Il SNPA può giocare un grande ruolo in questa partita, grazie alle competenze ambientali oggi presenti al proprio interno. Ci sono però delle condizioni che devono essere soddisfatte perché il Sistema possa lavorare meglio. Per esempio, quello dei rifiuti è un problema enorme, caratterizzato da molta inefficienza, ma che si trascina dietro anche tanta gestione illecita, magari non sempre criminale, ma c’è anche quella.
In questo settore, ma direi in modo più generale su molte tematiche ambientali, siamo in presenza di una situazione disomogenea nel campo delle autorizzazioni e dei controlli, con una frammentazione di compiti che rende la situazione una vera e propria giungla, con difficoltà talvolta insormontabili anche solo per capire i percorsi amministrativi da seguire. È indispensabile razionalizzare la normativa, coordinando il testo unico ambientale, con la legge che ha istituito il SNPA, e queste normative con le altre leggi di settore, per delineare un impianto chiaro e lineare, e consentire a tutti i soggetti che devono applicarle di poterlo fare agevolmente.
Poi c’è una questione tutta nostra, quella dei contratti di lavoro del personale delle agenzie. Oggi dover operare in una situazione in cui operatori e dirigenti delle Arpa e di Ispra sono regolati da contratti diversi (sanità, enti locali, ricerca) non può funzionare. Ogni giorno ci troviamo a confrontarci con difficoltà ed ostacoli a volta insormontabili. I contratti di lavoro devono tutelare il personale e permettere una organizzazione fluida del lavoro, non creare percorsi a ostacoli. Ci vogliono regole certe e uniformi per il nostro personale, bisogna dare una dignità a questo lavoro a tutti i livelli. Valorizzare fino in fondo il tema dell’ambiente e di coloro che lavorano quotidianamente per salvaguardarlo.
C’è poi la necessità di far fare un salto di qualità al Sistema, puntando su una maggiore complementarità e funzionalità dei ruoli diversi che hanno le agenzie ed Ispra. Le ARPA sono impegnate sul territorio, in una operatività che le assorbe fortemente. Ispra ha un ruolo fondamentale legato alla ricerca. Ecco, bisogna fare in modo che queste due peculiarità diventino pienamente sinergiche. Occorre far sì che la vocazione alla ricerca di Ispra sia sempre più utile all’operatività delle agenzie. C’è tanto bisogno di innovazione, e quindi di ricerca, per poter operare al passo con i tempi. Il Recovery Plan punta sull’innovazione, è necessario che Ispra si orienti verso una ricerca applicata che possa poi essere funzionale per far crescere l’incisività del lavoro sul territorio delle agenzie e quindi, tutti insieme, per affermare un SNPA in grado di guardare al futuro con fiducia.
Infine, c’è la necessità di fare uno sforzo nella definizione del nostro Programma triennale 2021-2023, che nelle prossime settimane dovremo scrivere. Una volta identificate le priorità che possono essere dettate dalle linee politiche e programmatiche del Recovery Plan, calarle sul Sistema ci può consentire di costruire una realtà coerente in tutte le sue parti. Questo potrà aiutarci a superare il rischio dell’auto referenzialità che in un’organizzazione come la nostra può essere una minaccia.
Se la ripartenza del Paese deve essere nel segno dell’ambiente, quali potrebbero essere i problemi che ancora impediscono il consolidamento di un forte Sistema nazionale di protezione ambientale, da affrontare e risolvere una volta per tutte?
Un tema a sé, su cui è indispensabile una riflessione collettiva è poi quello della comunicazione. Non basta essere operativi e agire per la salvaguardia dell’ambiente, è indispensabile far comprendere le ragioni delle nostre azioni, far capire a tutti che non è sufficiente il nostro sforzo per assicurare il rispetto delle leggi, ma che è necessario un impegno collettivo, a partire dai comportamenti personali di tutti, per fare sì che in ogni momento della nostra vita quotidiana le scelte siano improntate al rispetto dell’ambiente, alla cura del Creato.
Ad esempio, su temi cruciali come quello della gestione dei rifiuti, l’impegno delle istituzioni, e di chi – come noi – deve controllare, e quello della responsabilità individuale dei singoli cittadini sono imprescindibilmente complementari.
Deve crescere la consapevolezza che non esistono soluzioni “miracolistiche” per smaltire i rifiuti, ma in generale per tutelare l’ambiente.
Occorre certamente un impegno di tutti per ridurne la produzione, per estendere il più possibile la raccolta differenziata e il riciclo, nella logica di una economia circolare che sta al centro delle strategie dell’Unione europea. Ma, al contempo, va compreso che gli impianti di trattamento, e anche i termovalorizzatori, sono necessari, come dimostra il modello lombardo di gestione dei rifiuti urbani, se non vogliamo semplicemente spostare il problema e trasferire i nostri rifiuti all’estero.
In questo come Sistema possiamo dare un contributo importante, se riusciamo ad affermare la nostra credibilità e autorevolezza all’insegna della trasparenza, e quindi riconquistare la fiducia dei cittadini, mostrando concretamente come sia possibile gestire questi impianti in sicurezza e senza rischi per la popolazione, come avviene in altri Paesi europei.
Un altro tema cruciale è quello dei Livelli essenziali di prestazioni tecniche ambientali (Lepta) previsti dalla legge 132/2016 e che speriamo possano essere molto presto definiti da un provvedimento normativo.
Affrontare il tema dei Lepta significa proprio entrare nel cuore dei nostri compiti. I Lepta si devono fondare sul principio di assicurare a tutti i cittadini, in ogni parte del Paese, un pari livello di attività tecniche ambientali in termini qualitativi e quantitativi. Ma questo principio si deve confrontare con una programmazione, e con i finanziamenti, prima a livello nazionale, e poi a livello di territorio.
L’ambiente è sicuramente un bene fondamentale, che lo Stato deve tutelare, ma il nostro Paese è molto diversificato, questa tutela deve essere declinata sul territorio, con un ruolo fondamentale delle Regioni.
Si tratta di una realtà complessa, che non può essere semplificata, ma che va fatta funzionare. Questa complessità si riflette sull’impianto del SNPA, che sicuramente è anch’esso complesso.
Ma si tratta di una scommessa da vincere, trovando equilibrio fra l’esigenza fondamentale di tutelare l’ambiente su tutto il territorio nazionale e salvaguardare le specificità regionali. Una scommessa di un federalismo funzionante, che è molto legata al successo dei Lepta, che devono costituire il punto di equilibrio fra princìpi, finanziamenti e funzionamento operativo. Non ci sono alternative. Sappiamo benissimo che soluzioni centralistiche non funzionerebbero, d’altra parte non è neanche ammissibile una diversificazione “anarchica” fra i diversi territori, che non tutela un diritto fondamentale per tutti i cittadini di vivere in un ambiente salubre.
D’altronde, se guardiamo al mondo sanitario in cui assistiamo alle “migrazioni” in altre regioni per curarsi, dobbiamo essere consapevoli che non sono soluzioni applicabili in campo ambientale. L’ambiente è quello del nostro territorio.
Sulla base di condizioni di rinnovata forza e autonomia il SNPA e la tua Agenzia può svolgere un ruolo importante nello scenario che si sta profilando in Italia e in Europa?
Il processo di apertura del Sistema alla componente europea è un aspetto importante. Credo che ci dovremo sforzare di trovare un modo per creare occasioni di confronto anche fuori dall’Italia, e in questo senso ha significativa rilevanza la partecipazione al network IMPEL. Anche quando ci si confronta su Sistemi meno funzionanti o non mutuabili, il vantaggio è comunque quello di imparare dalle esperienze di altri. Uscire dalla propria dimensione e capire quello che si fa all’estero è una cosa importante soprattutto per i più giovani.
Prendiamo per esempio la Farm to Fork Strategy promossa dall’Unione Europea nel contesto dell’EU Green Deal. La sua attuazione è destinata ad avere un impatto rilevante sul comparto agro zootecnico, ritenuto a ragione un comparto chiave per gli impatti ambientali connessi. Come SNPA non possiamo non chiederci che conseguenze può avere in prospettiva la Farm to Fork Strategy sulle nostre attività.
Se guardiamo in casa nostra, Arpa Lombardia ha continuato a lavorare durante tutto il 2020 sia sull’attività ordinaria sia sulle valutazioni dei collegamenti degli aspetti ambientali con la pandemia in atto, con studi scientifici, anche in collaborazione con altre agenzie regionali.
Un’altra attività in corso è quella che ci vede coinvolti nella prospettiva delle Olimpiadi invernali del 2026 (che si terranno in Lombardia, Veneto, e nelle province autonome di Trento e Bolzano). Stiamo cominciando a ragionare sull’apporto che possiamo dare sia in fase di realizzazione delle infrastrutture funzionali ai giochi, sia, come richiesto dalla Fondazione Milano Cortina 2026, in funzione della progettazione e della realizzazione di un grande evento all’avanguardia anche per la sua sostenibilità ambientale, nonché sulla valutazione dell’aspetto meteo-climatico, fondamentale per lo svolgimento delle gare in sicurezza, in cui bisognerà lavorare in sinergia con le altre agenzie coinvolte.
Il ruolo che ci è stato richiesto su questa partita, dimostra che l’autorevolezza dell’Agenzia è cresciuta nel tempo, non solo su temi quali la qualità dell’aria su cui Arpa è da sempre profondamente coinvolta, ma anche negli aspetti quali la transizione dei Piani energia e clima. Insomma, veniamo chiamati a lavorare fin dalle prime fasi di ideazione dei progetti e delle politiche e non più solo al bisogno. Questo indica che alcuni amministratori, più consapevoli, comprendono che agenzie come le nostre, nelle quali sono presenti tante professionalità tecnico-scientifiche, costituiscono una risorsa importante che può aiutare molto a mettere in atto azioni di policy davvero efficaci e fondate su conoscenze oggettive.
Faccio un esempio: l’osservazione terrestre, cioè l’utilizzo di droni e immagini satellitari per il monitoraggio del territorio e l’individuazione dello smaltimento illegale dei rifiuti. Abbiamo proposto nel 2019 alla Regione Lombardia, che ci ha appoggiato e finanziato, il progetto Savager, che è stato poi applicato con successo in alcune province per rafforzare il presidio ambientale. Arpa non ha titolo per svolgere il ruolo di coordinamento degli attori istituzionali e fare massa critica, ma quando c’è un qualcuno che a livello territoriale può ed è in grado di fare sintesi e mettere insieme le forze (come è stato nel caso della Procura della Repubblica di Pavia o della Prefettura di Brescia), ecco che l’Agenzia diventa uno dei soggetti importanti all’interno di questi team.
Intervista a cura di Marco Talluri coordinatore della Redazione di AmbienteInforma e di Antonella Masala (Arpa Lombardia)