L’anno più caldo registrato da almeno 2 secoli nel nostro Paese è stato il 2018. E’ quanto si evince dall’ultimo rapporto annuale Snpa “Gli indicatori del clima in Italia”, sintesi degli studi elaborati dai servizi meteorologici e idrologici nazionali. Tra questi, il Servizio idrometeorologico regionale di Arpa Lombardia, che effettua le analisi sul cambiamento climatico avvalendosi di oltre un secolo di dati raccolti dalle stazioni meteo storiche, come quella di Milano Brera.
L’importanza di una serie storica secolare
Per un’efficace valutazione sul cambiamento climatico in atto è opportuno fare affidamento su analisi di serie secolari di dati meteorologici, ove disponibili. Tra le serie termometriche e di precipitazione più note in Italia vi è quella dell’Osservatorio astronomico di Brera (Milano), il quale, riguardo ai dati di temperatura massima e minima, raccoglie informazioni addirittura dal 1763. Negli scorsi decenni sono state, ovviamente, apportate importanti opere di manutenzione di rinnovamento della stazione, mantenendo però sempre costante un lavoro di verifica dell’omogeneità della serie storica. La stazione meteorologica di Milano Brera produce analisi come serie completa e omogenea a partire dal 1901, ed è parte della rete di monitoraggio di Arpa Lombardia.
L’Agenzia, assieme ad Arpa Emilia-Romagna, sta attualmente collaborando con il Comune di Milano – nell’ambito del Progetto Città Resilienti – per l’analisi del clima urbano, con l’obiettivo di individuare strategie di adattamento.
Il trend delle temperature
Dal
1901, i valori mostrano un incremento della temperatura media annuale
di circa 2.2°C dal 1901: un aumento non costante ma con alcune
differenze.
Infatti, mediamente si evidenzia un incremento di circa 0.3°C/decennio,
ma – se si considerano gli anni successivi al 1961 – si osserva un aumento fino
a 0.4°C/decennio. Questo incremento, evidenziato su base stagionale è
maggiore in inverno sugli estremi massimi (+0.5°C/decennio) e in estate
sugli estremi minimi (+0.5°C/decennio).
Accanto a quest’analisi, è possibile stilare una classifica degli anni più
caldi dal 1901: le prime 12 posizioni appartengono tutte ad anni
successivi al 2000, con il 2003 a guidare questa speciale classifica, seguito
dal 2011 e dal 2015. Il 2018 si colloca 8°, ma porta in dote un
mese di gennaio da record con circa 3°C di anomalia rispetto la media
climatica (costruita su base 1981-2010).
Riguardo all’analisi di alcuni indici climatici, ci si avvicina a un raddoppio del numero di notti tropicali
(durante le quali la temperatura non scende al di sotto dei 20°C): nel
periodo 1991-2018 sono state 50-60/anno, mentre tra il 1961-1990 se ne sono rilevate
annualmente una trentina.
Considerazioni analoghe anche per il numero di giorni
di gelo, che al contrario calano: nell’ultimo periodo il loro numero varia
tra 0 e 10 all’anno, con un trend di diminuzione di circa 5gg/10 anni dal
1951.
Il trend delle precipitazioni
Molto più complessa la valutazione sul trend delle precipitazioni. Analizzando i dati di precipitazione cumulata annuale si nota, sempre a partire dal 1900, una lieve diminuzione. Un segnale poco evidente che trova riscontro soprattutto osservando i valori cumulati nella sola stagione estiva.
A sostegno di questo dato, che numericamente può essere espresso nell’ordine dei -12 mm/ decennio, si osserva che, a partire dal 1951, il massimo numero di giorni consecutivi senza precipitazioni in estate è raddoppiato con maggiore frequenza dopo il 1990.
Il caso di febbraio 2019
Gli ultimi dati disponibili per Milano relativamente allo scorso mese di febbraio – ancora in fase di validazione – mostrano che i valori massimi hanno fatto registrare un’anomalia di temperatura rispetto al clima (1981-2010) di circa +3.5°C, portando il febbraio 2019 al 2° posto nella speciale classifica riservata a questo mese dei precedenti 119 anni.
Riguardo alle precipitazioni, allargando lo sguardo sulla regione Lombardia, si osservano da inizio anno valori generalmente inferiori alla norma, con una sola perturbazione di rilievo transitata all’inizio del mese di febbraio. Inoltre, anche la neve caduta sulle Alpi ha subito una rapida fusione a causa delle alte temperature, determinando un’attuale anomalia negativa del manto nevoso sulle Alpi lombarde rispetto agli ultimi 10 anni.