Un problema diffuso che può essere affrontato
Come anche il recente rapporto sulla qualità dell’aria dell’Agenzia Europea per l’Ambiente 2019 conferma, nonostante i miglioramenti registrati nel corso degli anni le misure di PM10 nella gran parte delle stazioni del bacino padano evidenziano il superamento del limite sulla media giornaliera (non più di 35 giorni con concentrazione maggiore di 50 µg/m3). In Italia, i superamenti non sono però limitati al bacino padano, ma si registrano anche in altre stazioni del Centro e del Sud.
Le cause di tali superamenti sono diverse. Una parte importante del PM10 si forma in atmosfera a partire dalle emissioni di ossidi di azoto e ammoniaca. Il traffico, sia come emissioni allo scarico che dall’usura di freni e pneumatici continua a dare un contributo significativo. I dati raccolti dal progetto Life PREPAIR (www.lifeprepair.eu), evidenziano però che nel bacino padano per il PM10 cosiddetto “primario”, emesso in atmosfera come tale, la prima sorgente di emissione (55%) è rappresentata dal settore riscaldamento, nell’ambito del quale la combustione della legna dà di gran lunga il contributo maggiore (più del 90%). Del resto, anche l’inventario delle emissioni nazionali di Ispra riporta come il 64% delle emissioni di PM2.5 deriva proprio dal settore residenziale e quindi è riconducibile in buona parte alla legna, a causa del grande divario tra i fattori di emissione dei diversi combustibili.
Non solo i dati di emissione, ma anche gli studi di source apportionment con la ricerca dei traccianti delle diverse sorgenti, condotti a campo dalle Agenzie Regionali per l’Ambiente confermano l’importanza della combustione delle legna. In Lombardia, ad esempio, le misure condotte nell’ambito del progetto Life AIRUSE hanno evidenziato come a Milano il 21% del PM10 annuale sia riconducibile alla legna. Quando poi si analizzano i dati raccolti nelle vallate alpine (es. progetto Darfo) ma anche nelle zone di pianura (es. Progetto Parona) tali valori salgono durante l’inverno, a seconda dei casi, a più del 30% o anche del 40%.
Tutto ciò però non è limitato al bacino padano. Le misure di Arpa Lazio evidenziano per esempio che le massime concentrazioni di PM10 si registrano nella stazione di Frosinone, rappresentativa di una zona dove la combustione della legna è più importante. Gli studi di Arpa Umbria mostrano nei diversi anni come nelle realtà investigate nel corso degli anni (Foligno, Perugia, Città di Castello ma anche Terni) il contributo della legna alle concentrazioni di particolato sia sempre superiore al 17%, con punte fino al 47.8% a città di Castello. Anche le misure in Puglia evidenziano che le massime concentrazioni si registrano nel Comune di Torchiarolo dove, secondo gli studi effettuati dall’ARPA regionale, la prima fonte di emissione è proprio la combustione della legna in stufe e caminetti.
Tra l’altro, bruciare la legna non ha un impatto limitato alla massa di PM10 ma è frequentemente la prima sorgente di Benzo(a)pirene, contribuendo quindi anche alla tossicità delle polveri presenti in atmosfera. Anche in questo caso, le misure effettuate a campo confermano i dati degli inventari, in quanto le massime concentrazioni di benzo(a)pirene si registrano proprio nelle zone ove più diffusa è la combustione delle legna.
È pertanto particolarmente importante trovare soluzioni che permettano di ridurre il contributo di questa sorgente, a partire dalla scelta dell’apparecchio. Il decreto ministeriale n. 186/2017, con la classificazione degli apparecchi in funzione non solo del rendimento energetico ma anche delle emissioni inquinanti, associato ai fondi disponibili anche grazie al Conto Termico, permettono di delineare un percorso virtuoso. Per una reale efficacia di tale percorso è però importante installare e mantenere gli apparecchi in modo appropriato e poi usarli in modo corretto. L’utilizzo di legna secca o di pellet di buona qualità, l’accensione corretta e la gestione appropriata della combustione sono davvero importanti. Al contempo, va evitato nel modo più assoluto di bruciare materiale improprio. Affinché tutto ciò sia possibile è infine fondamentale l’informazione, perché solo con il contributo di tutti è possibile ridurre le emissioni di questo comparto.
Congres-Aire_Presentaciones_LanzaniIl problema non è in realtà limitato all’Italia. Se nell’est Europa ancora il carbone dà il contributo più significativo alle emissioni, in altre aree la legna rappresenta la sorgente più rilevante per il PM10 ed il Benzo(a)pirene. Se ne è parlato il 24 e 25 ottobre a Sabadell, in Catalogna, al 1° Congres Qualitat de l’aire, organizzato dalla Generalitat de Catalunya, al quale ARPA Lombardia è stata invitata per portare l’esperienza italiana e lombarda per limitare l’impatto della combustione della legna sulla qualità dell’aria. Per quanto il traffico sia comunque la fonte più rilevante nel capoluogo, infatti, in Catalogna superamenti significativi di PM10 e di Benzo(a)pirene si rilevano nelle zone periferiche, dove più diffuso è l’uso delle legna.
A cura di Guido Lanzani – Arpa Lombardia
Fare informazione è importantissimo ma servono anche i controlli, purtroppo se ci sono, sono del tutto insufficienti.
Curiosità:
Ma il consumo di legna da ardere e quindi l’acquisto di questa, contribuiscono all’aumento dei territori boschivi?
Cioè, la richiesta della legna stimola i proprietari di terreni agricoli, magari scarsamente produttivi, a variare la produzione portando ad un rimboschimento?