Durante gli episodi acuti di inquinamento atmosferico si discute spesso di quale sia il principale responsabile del problema: è il traffico la prima sorgente inquinante? Non è invece il riscaldamento, visto che per il PM10 i massimi si registrano in genere nella stagione invernale? Sulla salubrità dell’aria incidono forse di più le emissioni industriali o quelle del comparto zootecnico?
Le statistiche che si sentono citare in questi casi sono spesso molto diverse a seconda di quale inquinante si parli, di quale zona si prenda a riferimento (la città oppure la regione, ad esempio), o anche se si valutano i dati di emissione o i risultati di studi basati sulla ricerca di traccianti delle diverse sorgenti nei campioni raccolti.
In generale, in Italia, è il traffico la prima sorgente di ossidi di azoto, sia che si parli del livello nazionale, del livello regionale o di quello urbano. Se in Italia, secondo ISPRA (Informative Inventory Report 2019), il settore trasporti rappresenta il 46% delle emissioni di NOx, nel bacino padano (secondo i dati del progetto Life PREPAIR) il contributo sale al 50%, fino (secondo i dati di INEMAR) al 54% in Lombardia ed al 70% nella città di Milano. Effettivamente, questo dato è confermato dalle misure: le massime concentrazioni di NO2 si registrano in generale nelle stazioni da traffico. Va peraltro sottolineato che, con il rinnovo del parco circolante, le emissioni di ossidi di azoto dai veicoli a benzina sono progressivamente scese negli anni. Più sofferta la storia per i diesel: la riduzione prevista in fase di omologazione non si è purtroppo rilevata effettiva su strada, almeno fino alle più recenti categorie (euro 6d temp ed euro 6d), che paiono invece essere effettivamente promettenti anche nel mondo reale. Le emissioni di questo comparto sono quindi oggi in gran parte dovute alle emissioni dei veicoli diesel leggeri, ma anche – soprattutto sulle strade extraurbane e sulle autostrade – dai veicoli pesanti.
La valutazione dell’impatto del traffico sul particolato è più difficile. Il PM10, come il PM2.5, è infatti in parte emesso in atmosfera già sottoforma di particelle (il cosiddetto “PM10 primario”), ma si forma anche in atmosfera (“PM10 secondario”) a partire da altre sostane quali – tra l’altro – gli ossidi di azoto e l’ammoniaca (quest’ultima, almeno nel bacino padano, in gran parte di origine agricola e zootecnica). La prima fonte del PM10 primario in Italia, così come nel bacino padano e in Lombardia, risulta essere la combustione della legna. Nelle città però, con una minore presenza degli apparecchi a legna e una maggiore densità di traffico, il contributo principale ritorna a essere il settore trasporti su strada che, ad esempio, a Milano è responsabile del 45% delle emissioni di PM10 primario. Si deve al proposito osservare che le emissioni dirette, dai tubi di scappamento, sono in progressiva riduzione: i veicoli a benzina e i veicoli diesel con filtro antiparticolato emettono ormai pochi milligrammi al chilometro. Contribuiscono ancora alle emissioni da traffico gli scarichi dei veicoli diesel non dotati di filtro antiparticolato e – in misura ormai paragonabile, grazie alla riduzione progressiva di quelle dal tubo di scappamento – le emissioni da usura di freni, pneumatici e asfalto. A Milano, se le emissioni dal tubo di scappamento dei veicoli diesel arrivano a circa il 21% del totale di PM10 primario, il 22% deriva dalle emissioni da usura. Va poi ricordato che nel particolato effettivamente presente in atmosfera, una percentuale non trascurabile, seppure non inclusa negli inventari di emissione in quanto non emessa direttamente, è dovuta al risollevamento di materiale terrigeno sempre indotto, in gran parte, dalla circolazione dei veicoli.
In conclusione, il traffico, nonostante il progressivo miglioramento, rimane ancora una delle principali – se non la principale – fonte di inquinamento atmosferico, in particolare nelle città, sia per il contributo alle emissioni di ossidi di azoto (che, oltre al superamento dei livelli di NO2, portano in atmosfera alla formazione di PM10 e, durante l’estate, di ozono) sia per le emissioni dirette di PM10 primario. Le emissioni dal tubo di scappamento dovrebbero progressivamente ridursi nei prossimi anni, grazie al rinnovo del parco circolante, con la diffusione dei veicoli euro 6 di ultima generazione e, auspicabilmente, dei veicoli elettrici. Sarà però comunque importante perseguire la riduzione dei chilometri percorsi in auto, in relazione alla lotta ai cambiamenti climatici ma anche, per la qualità dell’aria, all’usura di freni, pneumatici e asfalto oltre che al risollevamento di materiale terrigeno. D’altra parte, per proseguire nel miglioramento della qualità dell’aria fino al completo rispetto degli standard di legge e, in prospettiva, dei valori suggeriti dalle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità, è necessario continuare anche nella riduzione delle emissioni dagli altri settori: dal comparto riscaldamento – per la legna in relazione al PM10, ma anche al Benzo(a)pirene – al settore agricolo e zootecnico – in particolare per l’ammoniaca – e a comparto industriale, ancora rilevante in generale per gli ossidi di azoto e, localmente, in maniera diversificata a seconda del contesto.
A cura di: Guido Lanzani, Arpa Lombardia
CONTRIBUTO_TRAFFICO
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Dopo aver letto l’articolo sorge spontanea una domanda: partendo dal presupposto che il traffico incida così tanto sul PM10 mi aspetterei un crollo importante e progressivo delle sue concentrazioni in concomitanza con le misure emergenziali (blocco del traffico). Ciò tuttavia non mi pare si evidenzi dai dati delle centraline se non quando vi siano fenomeni metereologici di un certo rilievo (pioggia/vento/neve). Come si spiega la mancata diminuzione delle concentrazioni di PM10 nonostante le misure atte a limitare la circolazione? Ritengo opportuno anche far notare che, almeno dalle mie parti, osservando il parco dei mezzi che circolano, sia più facile osservare mezzi da lavoro (furgoni, autocarri, ecc.) estremamente vetusti, piuttosto che automobili. In ultimo, mi porgo e vi porgo, il seguente interrogativo: è davvero auspicabile la diffusione di auto elettriche, considerato quello che comporta produrre e smaltire/recuperare quintali di batterie per ogni singolo veicolo? Piuttosto che “sostenere” la tecnologia del momento, non sarebbe più opportuno che una fonte istituzionale sostenesse il progresso della ricerca e dello sviluppo di tecnologie alternative (mi interrogo sui progetti di auto ad idrogeno di cui si parla da anni), ciò anche considerando che la corrente elettrica non si produce da sola?
Riterrei inoltre opportuno, sempre data all’istituzionalità del sito e visto il tema, promuovere sistemi di trasporto merci più avanzati ed efficienti (es. ferrovie) sottolineando l’arretratezza del sistema dei trasporti di questo paese. Ciò in considerazione del fatto che la massima parte delle merci viene movimentata su gomma e che le arterie di comunicazione nord-sud passano proprio dalla pianura padana.
Durante i blocchi del traffico fi maggio e giugno 2023 a Milano tutti gli inquinanti atmosferuci si dono dimezzati, verifichi meglio: chrome-extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://www.comune.milano.it/documents/20126/695537/Emissioni+da+traffico+gennaio-giugno+2013.pdf/87c913bd-2e41-0c82-c10c-106b60b1002f?t=1572449703033
[…]Come si spiega la mancata diminuzione delle concentrazioni di PM10 nonostante le misure atte a limitare la circolazione?[…]
Non conoscevo questo portale, nemmeno il progetto LIfeprepair. Ho provato a cercare, nel portale, qualche info in merito alle azioni effettivamente messe in atto per cercare di risolvere la pessima situazione della Pianura Padana ma non ne ho trovate. Addirittura alcune azioni “non si aprono”, credo pertanto che non sia ancora stato fatto niente e questo progetto scade nel 2020 …. vorrei capire, se possibile, esattamente che cosa le Regioni inserite in questo progetto hanno finora fatto, di pratico, per ovviare a questo enorme problema. Inoltre sarebbe interessante capire se e come i vari comuni delle aree interessate (non solo i comuni grandi, ma anche quelli piccoli) sono presi in causa, se hanno ricevuto delle Direttive precise da parte delle Regioni, ecc….
Il progetto PREPAIR ha in realtà prodotto diversi risultati, in coerenza con quanto pianificato. I risultati sono anche riportati sul sito di progetto (http://www.lifeprepair.eu/index.php/actions/?lang=en ), e sono anche normalmente rendicontati alla Commissione.
Fermo restando quanto sopra, le azioni per il risanamento della qualità dell’aria non si esauriscono con il progetto Life PREPAIR: le Regioni del Bacino Padano hanno, indipendentemente dal progetto Life PREPAIR, adottato propri piani per la qualità dell’aria.
Le informazioni per Regione Lombardia possono essere trovare qui:
https://www.regione.lombardia.it/wps/portal/istituzionale/HP/DettaglioRedazionale/istituzione/direzioni-generali/direzione-generale-ambiente-e-clima/piano-regionale-interventi-qualita-aria-pria
Alcune delle Regioni hanno inoltre firmato un accordo per misure congiunte e coerenti. https://www.regione.lombardia.it/wps/portal/istituzionale/HP/DettaglioRedazionale/servizi-e-informazioni/cittadini/Tutela-ambientale/Qualita-dell-aria/nuovo-accordo-programma-miglioramento-qualita-aria/nuovo-accordo-programma-miglioramento-qualita-aria
Se questo e’ appurato perche’ non si blocca definitivamente il traffico?
La salute deve essere tutelata a qualsiasi costo.