Da tempo ormai l’armonico scorrere delle stagioni subisce sempre più frequenti alterazioni; un ultimo esempio si è verificato proprio tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023, quando la stagione invernale, fondamentale per la produzione vegetale, ha registrato temperature tipicamente primaverili (soprattutto nei mesi di dicembre e gennaio) rendendo il trascorso trimestre invernale tra i più caldi di sempre.
In particolare, il passato mese di ottobre si è contraddistinto per una elevata anomalia termica che ha dominato quasi tutta l’Europa e che successivamente si è protratta fino a tutto l’inverno 2023, con punte significative nel mese di gennaio (Figura 1).
Dal mese di aprile, e ancor più da quello di maggio, piogge, temporali e grandinate hanno dominato in gran parte dell’Italia; a livello europeo un costante anticiclone si è spinto verso il Regno Unito e la Scandinavia, generando temperature sopra la media (oltre 30°C in Spagna, Francia occidentale, ma anche a Londra), mentre il settore centrale del Mediterraneo è stato interessato da temperature generalmente in media nei valori minimi, ma diffusamente sotto media in quelli massimi (Figura 2).
Uno sguardo dal lato dell’aerobiologia
Le mutazioni climatiche portano a gravi rischi per le biodiversità e per l’equilibrio di tutte le forme viventi del nostro pianeta; da tempo si sta indagando il ruolo che i cambiamenti climatici possono avere sulle variazioni delle stagioni polliniche e le conoscenze si stanno via via ampliando.
Nella considerazione del ruolo determinante che le condizioni meteorologiche giocano nella stagione dell’impollinazione, Arpa Marche ha analizzato, in particolare, i dati della stazione di monitoraggio aerobiologico di Castel di Lama (AP), in quanto stazione che presenta la più consistente serie storica della regione.
I grafici elaborati e qui di seguito riportati attestano l’influenza che le variabili climatiche esercitano sui pollini dispersi in atmosfera; tra queste, è proprio la temperatura ad avere il maggiore effetto sul loro andamento. Si osserva infatti la forte interazione tra pollini primaverili e aumento delle temperature, che risulta in anomali allungamenti della stagione dei pollini e conseguente protrarsi dei relativi disagi a carico di chi soffre di allergie.
La piovosità sembra invece meno influente sulle fioriture; anche se è noto che le precipitazioni riducono la concentrazione di pollini abbattendoli a terra, piogge molto intense e di breve durata conducono alla loro frammentazione e distribuzione altamente irregolare nelle 24 ore, dovuta sostanzialmente a una emissione discontinua pur non incidendo sul loro quantitativo.
Dal punto di vista allergologico, se ciò li rende più facilmente inalabili, segnaliamo che sono in corso anche interessanti studi in corso circa l’effetto della pioggia sulla parete cellulare dei pollini, tendenti a dimostrare, ad esempio, l’amplificazione delle reazioni allergiche durante i temporali.
L’ultimo grafico elaborato (Fig. 7) mette in evidenzia che, laddove il mese di marzo ha registrato temperature più alte, il quantitativo di pollini di Olea e. (Ulivo) è meno consistente rispetto agli anni con temperature più basse. Viene dunque confermata l’importanza della temperatura nei mesi antecedenti la fioritura di questo taxa, dove la sua influenza assume un carattere inversamente proporzionale a causa della vernalizzazione, cioè l’induzione al processo di fioritura di una pianta mediante una prolungata esposizione al freddo.