Il 21 e 22 settembre scorsi si è svolto presso il Campus Bovisa del Politecnico di Milano, il workshop conclusivo del 2° interconfronto internazionale del radon in campo per sistemi di misura passivi alla cui organizzazione hanno preso parte Arpa Valle d’Aosta e Arpa Piemonte. Lo scopo di questo interconfronto è stato valutare in campo le reali prestazioni dei rivelatori passivi utilizzati dai laboratori di dosimetria radon.
Il 21 e 22 settembre presso il Campus Bovisa del Politecnico di Milano, si è svolto il workshop conclusivo del 2° Interconfronto Internazionale Radon in campo per sistemi di misura passivi, organizzato da AIRP (Associazione Italiana di Radioprotezione) in collaborazione con Arpa Piemonte, Arpa Valle d’Aosta, ENEA – INMRI (Istituto Nazionale di Metrologia delle Radiazioni Ionizzanti), Politecnico di Milano, INAIL, FANR (Federal Authority for Nuclear Regulation of the United Arab Emirates) e Commissione Europea.
Le tre esposizioni effettuate, due in luoghi di lavoro ad Ivrea (TO) ed una in abitazione privata a Quittengo (BI), hanno permesso di porre l’attenzione su alcune specifiche problematiche legate alla qualità del dato di misura della concentrazione di radon: la capacità dei sistemi passivi a mantenere inalterata la loro efficienza di rivelazione per esposizioni lunghe (5 mesi), la corretta risposta dei rivelatori a concentrazioni medio – basse e il loro corretto funzionamento in un’atmosfera in cui sono contemporaneamente presenti radon e toron.
Questo interconfronto ha permesso di iniziare ad indagare quali possono essere i problemi che i laboratori di dosimetria radon si trovano a fronteggiare nel loro quotidiano operare, che prevede generalmente l’esposizione dei rivelatori fino a sei mesi a concentrazioni di radon fino a qualche centinaio di Bq/m3. I CR 39, ad esempio, possono essere affetti da “invecchiamento”, ageing o fading, che causa una diminuzione dell’efficienza di rivelazione mentre gli elettreti possono avere una risposta non ripetibile. Una criticità comune a tutti i sistemi si è rivelata essere la corretta misura dei valori di fondo, cioè il valore che i rivelatori forniscono anche se non esposti al radon. Una sua corretta valutazione risulta essere fondamentale in situazioni in cui le concentrazioni da misurare sono relativamente basse ma comunque vicine ai limiti normativi.
L’esposizione effettuata in atmosfera in cui sono presenti contemporaneamente radon e toron ha permesso di analizzare come i laboratori si sono approcciati ad una situazione che, anche se non sovente, si può presentare e che, senza opportuni accorgimenti, può far sovrastimare la concentrazione di radon.
Avendo l’onere di fornire i valori di riferimento relativi alle tre esposizioni (figura 2), si sono dovute affrontare analoghe problematiche per la strumentazione attiva di misura del radon che è stata impiegata nelle tre esposizioni. Si sono utilizzati circa 30 strumenti di diverse tipologie (camere a ionizzazione, a semiconduttore in flusso e in diffusione…) che sono stati tarati al Politecnico di Milano e riferiti metrologicamente all’istituto primario italiano, l’ENEA-INMRI.
Anche in questo caso la valutazione di valori di fondo è risultata essenziale. Tramite gli strumenti attivi si è potuto fornire un valore di riferimento anche per il toron. La taratura di questi strumenti per quanto riguarda le concentrazioni di toron risulta particolarmente complessa e necessita di ulteriori approfondimenti.
Durante il workshop si sono discussi i risultati dell’interconfronto, approfonditi alcuni aspetti metrologici della misura del radon, come la riferibilità e la valutazione dei valori di fondo, e affrontato le questioni che un laboratorio deve considerare ai fini dell’accreditamento.
In figura 3 sono riportate le distribuzioni in frequenza del parametro REF, definito come rapporto tra la media dell’esposizione fornita dal laboratorio sui 3 rivelatori richiesti e l’esposizione di riferimento ER: