Arpa Toscana ha organizzato una giornata scientifica, rivolta al personale interno, tenuta da Annamaria Nocita, ittiologa dell’Università degli Studi di Firenze e volta a conoscere la comunità ittica d’acqua dolce in Toscana, anche con la finalità di comprendere gli effetti dei cambiamenti climatici.
Lo studio della Comunità Ittica è importante perché:
- fornisce la base per elaborare normative sulla gestione e conservazione della fauna ittica rispetto agli impatti della pesca
- permette di adeguare la normativa alla situazione ambientale attuale.
- aiuta a comprendere fenomeni sociali legati all’introduzione di specie aliene (es. a scopo alimentare)
- consente di rispondere alle richieste delle Direttive Habitat e Acque per la classificazione dei corsi d’acqua
- facilita la comprensione degli impatti dei cambiamenti climatici sulla fauna ittica e l’elaborazione di misure adeguate.
L’intervento di Annamaria Nocita ha toccato l’evoluzione degli studi sulla fauna ittica regionale a partire dalla “Carta ittica regionale” del 1995, l’impatto significativo dell’introduzione di specie aliene, le conseguenze del cambiamento climatico sui corsi d’acqua e sulla fauna ittica e l’introduzione e le limitazioni dell’indice di stato ecologico delle comunità ittiche (Niseci).
La Toscana presenta una forte presenza di specie aliene nei suoi corsi d’acqua, sia esotiche (provenienti da altre aree geografiche, come il Nord America) sia transfaunate (appartenenti a distretti ittiogeografici italiani diversi). Nel 2012, sono state censite 25 specie esotiche introdotte per scopi sportivi, controllo biologico e acquariofilia. Le specie aliene competono con quelle autoctone per le risorse, sia territoriali che alimentari e possono diventare prevalenti, inoltre, l’incrocio tra specie aliene e autoctone porta alla perdita dell’endemismo locale.
Alcune specie aliene possono alterare drasticamente la composizione delle comunità ittiche, come dimostra il caso del pesce siluro nell’Arno a Firenze, dove rappresenta l’86% del pescato.
Rimanendo sul bacino dell’Arno, uno studio del 2004-2005 ha analizzato la portata minima dei fiumi sostenibile per la fauna ittica utilizzando il metodo IFIM (calcolo dell’Area Disponibile Ponderata – ADP). Da questo studio si desume che, a partire dagli anni ’80, si è registrata una diminuzione delle precipitazioni annue e invernali e un aumento delle temperature. Il dato più preoccupante è la riduzione della portata media giornaliera dei fiumi fino al 40% a partire dagli anni ’60, soprattutto nei mesi invernali, portando a un impoverimento del regime fluviale.
Lo studio ha dimostrato che la riduzione della portata dei corsi d’acqua comporta una diminuzione dell’ambiente idoneo per le specie acquatiche.
Nel 2020, in ottemperanza alla Direttiva quadro sulle acque, è stato introdotto, in Toscana, il Niseci, un indice biotico che si basa sul confronto tra la comunità ittica osservata e una lista di specie di riferimento per specifiche zone geografico-ecologiche. L’indice considera anche la presenza potenziale di specie aliene e ibridi, dando grande importanza alla loro presenza rispetto alle specie endemiche.
La maggior parte delle stazioni monitorate si concentra fino a 400 metri di altitudine a causa del protocollo che richiede tratti guadabili. Questo limita la sua capacità di classificare l’intero reticolo regionale, considerando “difettose”, con conseguente esclusione dal calcolo, le stazioni monospecifiche, che in alcune zone del centro Italia sono normali e potrebbero avere valore dal punto di vista ittico.
Nonostante le limitazioni, il Niseci ha permesso di raccogliere dati su 32 specie (13 esotiche, 19 autoctone, di cui 9 potenzialmente transfaunate). La maggior parte delle stazioni monitorate ha mostrato uno stato ecologico “moderato”.
Nel Niseci si tiene conto anche della presenza potenziale delle specie aliene, compresi i transfaunati, e di ibridi. Alla presenza di specie alloctone l’indice dà un enorme risalto rispetto alla popolazione endemica, la cui presenza andrebbe preservata e soprattutto valorizzata.