Il 22 giugno 2022, la Commissione europea ha proposto al Parlamento europeo l’adozione di una nuova normativa, Nature Restoration Law, volta a ripristinare l’habitat naturale europeo. La Commissione stima che l’80% del patrimonio naturale dell’ UE versi in cattive condizioni, per questo gli stati membri, una volta che la normativa sarà stata adottata, saranno chiamati ad azioni di recupero degli ecosistemi anche con la finalità di combattere il cambiamento climatico e salvare molte specie dall’estinzione.
L’iniziativa, nel suo complesso, è in linea con quanto definito dalla
- Strategia europea sulla biodiversità
- Strategia europea “From Farm to Fork” tese a garantire la resilienza e la sicurezza della catena di approvvigionamento del cibo in Europa e nel mondo.
La proposta di “legge” sul ripristino della natura fisserà obiettivi e obblighi di ripristino per un’ampia gamma di ecosistemi terrestri e marini. Gli ecosistemi con il maggior potenziale di rimozione e stoccaggio del carbonio e di prevenzione o riduzione dell’impatto di disastri naturali come le inondazioni saranno le principali priorità. Questa proposta della Commissione si basa sulla legislazione esistente, ma copre tutti gli ecosistemi anziché limitarsi alla Direttiva Habitat e alle aree protette di Natura 2000, con l’obiettivo di portare tutti gli ecosistemi naturali e seminaturali sulla via del recupero entro il 2030, prevedendo a questo scopo ingenti finanziamenti da parte dell’UE.
Il “processo di restauro” comprendenderà diverse azioni come il rewilding, che consiste nel rendere più selvagge alcune zone, piantare alberi, re-inverdire le città, costruire infrastrutture verdi e rimuovere l’inquinamento. Particolare attenzione dovrà essere dedicata a:
- le zone umide, che a partire dagli anni ’70 si sono ridotte in tutta Europa del 50%.
- le specie a rischio di estinzione come i pesci che hanno subito un declino del 71% e gli anfibi che si sono ridotti del 60%.
Più nello specifico, le misure previste dalla Commissione risultano essere:
- invertire il declino delle popolazioni di impollinatori entro il 2030 e aumentare il loro numero negli anni successivi
- fermare la perdita netta di spazi verdi urbani entro il 2030, prevedendo un aumento del 5% entro il 2050, garantendo un minimo del 10% di copertura arborea in ogni città, paese e sobborgo europeo e raggiungendo un guadagno netto di spazi verdi integrati agli edifici e alle infrastrutture
- aumentare in modo complessivo la biodiversità negli ecosistemi agricoli e forestali
- ripristinare e riumidificare le torbiere drenate con l’uso agricolo e nei siti di estrazione della torba
- ripristinare gli habitat marini
- rimuovere le barriere fluviali, in modo che almeno 25.000 km di fiumi siano a flusso libero entro il 2030.
Secondo la Commissione prendersi cura e sistemare della natura non è sufficiente, bisogna avviare politiche di rivitalizzazione in modo da rigenerare il 20% dell’habitat terrestre e marino entro il 2030 e prevedere obiettivi ancora più sfidanti ed ambiziosi per il 2050. Tutte le operazioni di “restauro” interesseranno la natura danneggiata sia in aree rurali che in ambienti urbani.
Nella sua proposta, la Commissione precisa come il ripristino della natura non equivale alla protezione della natura e non porta automaticamente a un aumento delle aree protette. Ciò significa che, sebbene il ripristino della natura sia necessario anche nelle aree protette a causa delle loro condizioni sempre più precarie, non tutte le aree ripristinate diventeranno aree protette. La maggior parte di esse non lo diventerà, poiché il restauro non preclude l’attività economica. Il ripristino consiste nel vivere e produrre insieme alla natura, riportando più biodiversità ovunque, anche nelle aree in cui si svolge l’attività economica, come ad esempio nelle foreste, sui terreni agricoli e nelle città.
Il restauro sarà in grado di avvantaggiare tutte le parti della società, sia coloro che dipendono direttamente da una natura sana per il loro sostentamento, come gli agricoltori, i silvicoltori e i pescatori ma anche la cittadinanza nel suo complesso, aumentando la presenza della natura nei nostri paesaggi e nella nostra vita quotidiana, ci saranno benefici dimostrabili per la salute e il benessere, oltre che vantaggi culturali e ricreativi.
La proposta della Commissione prevede inoltre che gli Stati membri adottino dei piani di ripristino nazionali, in stretta collaborazione con gli scienziati, le parti interessate e il pubblico, fornendo anche indicazioni specifiche sulla governance (monitoraggio, valutazione, pianificazione, rendicontazione e applicazione) in modo da migliorare la definizione delle politiche a livello nazionale ed europeo e assicurare che le autorità considerino insieme le questioni relative alla biodiversità, al clima ed ai mezzi di sussistenza.
Altro importante aspetto preso in considerazione dalla proposta normativa consiste nella previsione di ridurre l’uso e il rischio chimico dei pesticidi del 50% entro il 2030. Sappiamo infatti che i pesticidi chimici danneggiano la salute umana, causano il declino della biodiversità nelle aree agricole e contaminano l’aria, l’acqua e l’ambiente in generale.
Scienziati e cittadini sono sempre più preoccupati per l’uso dei pesticidi e per l’accumulo dei loro residui e metaboliti nell’ambiente. Nella relazione finale della Conferenza sul futuro dell’Europa, i cittadini hanno chiesto specificamente di affrontare il tema dell’uso e del rischio dei pesticidi. Le attuali norme della Direttiva sull’uso sostenibile dei pesticidi si sono rivelate troppo deboli e sono state attuate in modo disomogeneo nei diversi paesi membri dell’UE. Inoltre, non sono stati compiuti progressi sufficienti nell’uso della gestione integrata dei parassiti e di approcci alternativi.
Le nuove norme sui pestici chimici previste dalla Commissione, quando saranno approvate, ridurranno l’impronta ambientale del sistema alimentare dell’UE, proteggeranno la salute e il benessere della cittadinanza e dei lavoratori agricoli e contribuiranno a mitigare le perdite economiche che stiamo già subendo a causa del declino della salute del suolo e della perdita di impollinatori causata dai pesticidi.
A questo proposito, la Commissione propone norme chiare e vincolanti.
- Obiettivi giuridicamente vincolanti a livello europeo e nazionale per ridurre del 50% l’uso e il rischio dei pesticidi chimici e l’uso dei pesticidi più pericolosi entro il 2030. Gli Stati membri fisseranno i propri obiettivi nazionali di riduzione in modo da garantire il raggiungimento degli obiettivi europei.
- Nuove regole rigorose per il controllo ecologico dei parassiti: Le nuove misure garantiranno che tutti gli agricoltori e gli altri utilizzatori professionali di pesticidi pratichino la gestione integrata dei parassiti (IPM), in cui i metodi alternativi di prevenzione e controllo dei parassiti vengono presi in considerazione per primi mentre i pesticidi chimici potranno essere utilizzati solo come ultima risorsa. Le misure comprendono anche l’obbligo di tenere registri per gli agricoltori e gli altri utilizzatori professionali.
- Divieto di utilizzo di tutti i pesticidi nelle aree sensibili. L’uso di tutti i pesticidi sarà vietato in luoghi come le aree verdi urbane, compresi i parchi pubblici o i giardini, i campi da gioco, le scuole, i campi ricreativi o sportivi, i sentieri pubblici e le aree protette in conformità con Natura 2000 e qualsiasi area ecologicamente sensibile da preservare per gli impollinatori minacciati.
La proposta vorrebbe trasformare la direttiva esistente in materia di pesticidi in un regolamento direttamente applicabile in tutti gli Stati membri. In questo modo si supererebbero i problemi emersi nell’ultimo decennio e connessi ad un’attuazione debole e disomogenea delle norme previste a livello europeo.
Ora la proposta della Commissione dovrà essere discussa dal Parlamento europeo e dal Consiglio, come previsto dalla procedura legislativa ordinaria.
Dopo l’adozione, l’impatto sul territorio dei singoli paesi membri sarà graduale: le misure di ripristino della natura dovranno essere attuate entro il 2030 come gli obiettivi relativi alla riduzione dell’uso dei pesticidi.
In Toscana negli ultimi anni si è fatto tutto il contrario, cioè:
Si sono tagliati tantissimi alberi nelle città, con la motivazione della sicurezza, più che altro per non dover pagare risarcimenti alle auto in sosta sotto gli alberi, visto che le automobili sono onnipresenti;
Si pagano profumatamente i Consorzi di Bonifica per desertificare le sponde dei fiumi e far defluire il più rapidamente possibile la preziosa acqua dolce verso il mare, invece di favorire zone di esondazione e limitare le costruzioni e le attività in prossimità dei corsi d’acqua;
Si permettono tagli selvaggi dei boschi per produrre energia da biomasse;
Si permette all’Enel di distruggere le sorgenti dell’Amiata e di mettere a rischio l’ approvvigionamento idrico di una vastissima zona, compromettendo anche la falda, che si è abbassata di un metro, con la geotermia;
Si persegue una politica agricola basata sulle coltivazioni intensive che inquinano suolo è acque;
Si distrugge il patrimonio pubblico, vedi Amministrazione Provinciale di Siena, cacciando le persone che lo abitano e lo conservano e vi svolgono attività sostenibili, con il miraggio di vendite molto improbabili;
E molto altro ancora.
Aspettiamo con ansia il regolamento europeo vincolante e vigileremo sulla sua attuazione.
Nutro qualche dubbio sul generico concetto di “rimozione delle barriere fluviali”.
Nuovi invasi artificiali a mezzo di sbarramenti del reticolo idrografico, purché ben fatti, costituiscono a mio avviso una risposta ai problemi di approvvigionamento idrico ad uso agricolo, antincendio e talvolta idropotabile (basti pensare all’importanza della diga di Bilancino per la città di Firenze).
L’acqua è una risorsa naturale indispensabile per la vita, per lo sviluppo e per le attività antropiche: il vantaggio degli invasi collinari è costituito dalla possibilità di accumulare acqua durante la stagione delle piogge e conservarla nel periodo estivo. La disponibilità e la richiesta di risorsa idrica sono infatti inversamente proporzionali: il consumo di acqua diminuisce nei periodi di maggiore piovosità e aumenta nei mesi siccitosi.
Gli sbarramenti ben fatti, piccoli e grandi, andrebbero semmai incentivati, come modalità per l’irrigazione della campagna e per l’approvvigionamento idrico di piccoli e grandi centri urbani, con un risparmio dell’acqua di falda di maggior pregio.
Andrebbe semmai ridotta l’eccessiva burocrazia, quella inerente soprattutto gli aspetti paesaggistici (consentendo ad esempio con maggiore facilità la trasformazione del bosco) che spesso blocca a priori valide progettazioni di laghi collinari e dighe: modeste trasformazioni boschive a vantaggio di invasi idrici, purché compensate con riforestazioni di pari entità, costituiscono il presidio contro fenomeni incendiari di ben più ampie superfici boscate e contrastano l’abbandono dei territori agricoli che, senza acqua, perdono la loro naturale vocazione rurale.